martedì 20 dicembre 2016

IL DIARIO DI MEDEA (undici)

Comincio con il far cantare Francesco.
È bravo (anima siciliana; anzi, bizantina, come mi accenna il padre), improvvisa su qualunque base; proviamo una musica “assiro-babilonese” e gli cito Battiato, che comunque non piace a nessuno dei due.
Poi gli affianco Raffaele per le parti in corsivo e vanno che è un incanto.







Una donna deve rassegnarsi,
quando il marito prende un’altra moglie.
Questa è la saggezza antica,
che la donna è sempre sottoposta all’uomo.
Attenta, Medea,
non cercare vendetta.
Tu sei straniera,
di te diffidiamo.
Non mandare doni a Glauce,
non mentire al re e a Giasone.
Vattene, Medea,
tu sei la maledetta,
porti la peste.

Proviamo una scena complessa. Il testo è questo:

CORO Bruciamo la casa e ammazziamoli tutti! Giasone re? Mai! Giasone è di Iolco, non di Corinto! Creonte era il nostro re ed è morto anche per colpa sua!
UNO    Sono impazziti. Volano insulti, pugni, coltellate.
DUE    Si uccidono tra di loro. È una scena terribile e assurda.
TRE     Il mondo rallenta allibito. Movimenti, musica, urla… tutto in un acquario. Le persone nuotano lente, si cercano per divorarsi, nell’indifferenza dell’onda che porta via i cadaveri.
QUA    La morte non ha fretta, aspetta paziente, ma quando arriva niente la può fermare.

I quattro corinzi del coro sviluppano l’azione in quattro fasi: 1) danzano su una musica di darbuka che li fa saltellare per tutto lo spazio disponibile; 2) declamano le frasi della loro battuta a caso, in una sovrapposizione concitata di voci; 3) ognuno agisce sugli oggetti di scena: sposta i cubi, leva alta la seggiolina di Giasone, mette in fuga Medea e rovescia la scaletta, spodesta Creonte e rovescia il trono; 4) ripete l’azione al rallentatore, nuotando lenti in un acquario. Al quarto punto la musica ricomincia molto rallentata e fa da sottofondo al monologo di Medea, al leggio con le spalle al pubblico, quasi contemplando l’assalto al palazzo rivisto alla moviola.
Proviamo poi le parti con i figli e quelle di Creonte e Glauce. Troviamo la postura e la voce imperiosa di Creonte, che a Luca riesce bene. Dovremo lavorare ancora con Angelica, alla sua prima esperienza di teatro.
Bene, le musiche sono definite.

Quando arrivano i genitori, proviamo il costume di Medea. Giorgia si rifiuta di mettersi in testa il turbante, e va bene così, con i capelli lunghi sciolti: la sua preoccupazione non riguarda certo il personaggio, ma l’effetto che farà sui compagni che la vedranno sulla scena.
Lavorare con i ragazzi implica anche affrontare la loro dimensione infantile o adolescenziale e affrontare le dinamiche tipiche dell’età: non voglio toccare nessuno e nemmeno farmi toccare, non so aumentare l’intensità della voce, non mi piace guardare negli occhi il partner, non ballo e non canto, non mi lascio andare alle emozioni o ai movimenti scomposti…
Tutto si migliora, tutto si supera.

Lavorare con i ragazzi consente però di avvicinarsi alla Supermarionetta di Craig più che con gli adulti. Mi è spesso capitato di non riuscire a piegare alla mia volontà la professionalità di un attore/attrice che presume di sapere come interpretare (nel significato e nella performance) il testo. La sua formazione lo rende meno malleabile di questi ragazzini che si riesce a modellare senza forzatura, solo con l’esempio. Nonostante le ovvie difficoltà tecniche e le piccole questioni di disciplina e motivazione, mi sento più libero nel lavoro con loro che con gli adulti, le cui strutture sono irrigidite dal percorso attoriale e dalla presunzione. Non mi mancano le belle voci impostate né le espressività motorie né l’efficacia mimetica degli attori professionisti. A un ragazzo dico: fa così, e lui lo fa. Con un attore è un continuo testa a testa snervante e irritante. Non mi sono mai divertito molto con gli adulti; con i ragazzi sì.





Nessun commento: