venerdì 27 luglio 2012

SE MUORE UN ARLECCHINO


Il libro è stampato, a giorni mi arrivano le prime copie, a breve sarà in vendita online e prenotabile nelle librerie. “Se muore un Arlecchino”, Robin Edizioni, è il terzo volume della serie di Albino Guidi. Sto scrivendo il quarto, “I piaceri dello Scudo e del Porpora”, una specie di giallo su una ragazza sacrificata all’edonismo cinico della politica e della religione.

Mi chiedo in continuazione chi sia Albino Guidi. Non sono io, è impossibile. Non ho mai avuto una struttura unitaria granitica, non sono mai stato un monumento a me stesso. Mi sono sempre sentito un essere in costante evoluzione (non so se in meglio o in peggio; considero sempre positivo il cambiamento), libero di cambiare atteggiamenti, amicizie e interessi. Sono cambiato io, è cambiata anche la mia scrittura, ma essa, insieme al teatro, è stata la costante intorno alla quale si sono articolate le vicende della vita.
Non esiste un Io in cui possa riconoscermi, se non rinnegando il passato; e il presente è sempre già passato.

Albino Guidi è, quindi, più che un alter-ego, un ego alla ricerca della propria definizione. Egli mi aiuta a fare chiarezza, a distillare gli avvenimenti, a vedere al di là del contingente e ad assumere una visione di vita più ampia, che non fa il conto dei giorni di vita, che non fa conto nemmeno della vita in quanto cronachistica spicciola di parole e piccoli fatti senza storia.
Albino Guidi è l’invito a inquadrare l’esistenza nella storia; e a inquadrare la storia nel mistero laico e scientifico dell’universo. Non per niente egli dialoga e convive con gli dei.
Io gli devo molto.
Penso, con desiderio ingordo, a quali altri libri potrei scrivere, fonti di avventure nello spazio e nel tempo: fantasy, storici, a sfondo sociale, con vicende drammatiche… (per ragazzi no; non voglio più scrivere per ragazzi; è come prendersi a martellate sulle dita).
Ma poi ci ricasco. Le storie con Albino Guidi sono un porto conosciuto da cui salpare per scoprire nuove terre. E quindi… il prossimo libro…
Non lo so ancora. Penso di sistemare il quarto episodio degli ORRENDI, che ho già scritto, se la Giunti non intende proseguire la serie (non so ancora niente); e poi me lo pubblico per conto mio.
Vorrei scrivere di teatro, dopo. E, insieme, cominciare un nuovo episodio con gli dei dell’Olimpo.

In questo terzo libro Albino fa di nuovo teatro. Teatro a Milano con Lupusagnus ("Canicani") e in paese con Il Teatro dei Passeri. Teatro libero, contro il quale si scatenano le forze infernali.

Ma chi si credeva? Che diritto aveva di porre fine alle vite e alle cose in un attimo, magari solo per un capriccio? Non era onnipotente! Nessuno lo era. L’avrebbe digitato sulla tastiera, l’avrebbe scritto nero su bianco, l’avrebbe gridato nel suo romanzo che Ade non era onnipotente, e che nella sua immaginazione poteva anche farsi beffe di lui. Che provasse a spegnergliela, la sua immaginazione libera!”

Ecco la presentazione:

“L’intromissione degli dei nella vita di Albino Guidi si fa sempre più pesante. Proprio quando si rifà vivo un  amico e regista milanese con una proposta entusiasmante, le Cariti gli organizzano un gruppo di ragazzi con i quali mettere in scena un’arlecchinata. La compagnia degli adulti deve fare i conti con Ade, risoluto a vendicare Ares umiliato ed esiliato; il gruppo di ragazzi deve vedersela con mostri spaventosi come l’Echidna e le Erinni. La battaglia finale vedrà schierati da una parte maschi spietati e tirannici e dall’altra femmine irriducibili sostenute dalla potenza di Eros. Nel mezzo, Albino. Una vera e propria discesa nel Tartaro, il suo teatro.”


mercoledì 18 luglio 2012

PREMIO MARIO TOBINO

Ogni tanto, su segnalazione, partecipo a un concorso, ma solo se privo di tassa e con invio dell'opera via email. L'atto unico "L'ultima fermata" ha vinto il Premio Biennale Letterario "Mario Tobino", sezione teatro, di Vezzano Ligure (SP), in collaborazione con la fondazione Mario Tobino. La giuria è presieduta da Giuseppe Benelli e composta da Giuliano Angeletti, Gianni De Nobili e Leonardo Moretti. 
"L'ultima fermata" mette in scena l'incontro di una profuga, Olga, con una giovane borghese in partenza per una vacanza con gli amici, Mara. Olga racconta della propria invisibilità. Dapprima i familiari, poi tutti gli altri non si accorgono della sua esistenza. Mara non le crede, ma sperimenta la stessa angoscia: un camionista a cui chiede un passaggio e i suoi stessi amici passano via senza vederla. Rese solidali dalla terribile condizione di invisibilità, se ne vanno oltre l'ultima fermata, alla ricerca di un luogo dove la gente è consapevole dell'esistenza degli altri e del loro stato di bisogno.

MARA - Certo che ti vedo. Sei di carne e di ossa, hai un cuore che batte. Pensieri che non sempre capisco.    e ora che ti fisso negli occhi... una tristezza profonda, così disperata, eppure mondata da ogni dolore. E' questa la tua serenità? 

Ringrazio l'assessore alla cultura Paola Baldini, la giuria e quanti hanno collaborato al premio.

martedì 17 luglio 2012

DIVI SEMIDEI DIVETTI

Scrivendo, prendo pause tra le news o in Facebook o con brevi incursioni tra i blog. Ah, Facebook. Una delle cose interessanti è seguire le immagini di profilo, come cambiano a seconda dei capricci e degli estri del momento. Tanto più cambiano tanto più testimoniano uno zoccolo duro narcisista, che cerca nell'autoritratto la consacrazione implicita, innata e di carattere semidivino. E' una caratteristica comune a uomini e donne. A volte, le donne finiscono con il mostrare il loro lato maschile: sport estremi, leaderismo, dominio. Gli uomini quello femminile: mistero e seduzione. La questione si fa quasi patologica per le persone che operano in politica o nel campo artistico. I politici dovrebbero parlare di questioni comuni, anteporre gli altri a se stessi. Perché allora insistono con l'esibire il proprio ritratto in mille salse diverse? Di solito privilegiano il volto. Scorcio espressivo, sguardo indagatore, bianco e nero, taglio volitivo. Gli artisti dovrebbero privilegiare le loro opere. Ma il loro Io è il sommo capolavoro e ce lo sbattono in faccia in ogni occasione. Da ogni immagine si nota quanto curino l'abbigliamento, la posa, l'espressione. Sono artisti anche nel vendere se stessi (difficile che si regalino). Alla fine, la ricerca del monumento in vita si rivela ridicola. 
L'aspetto più impressionante è che molti di questi Narcisi Profeti si pongono nell'area che una volta si definiva "di sinistra" e che adesso non si capisce più che cosa sia. Sorge allora spontanea la domanda cattiva: ma questi si danno davvero tanto da fare per il bene dell'umanità? Non è che prima dell'umanità ci siano comunque loro e la loro immagine e il loro egocentrismo? 
Insopportabili, arrivano a parlare di se stessi in terza persona. Di ambizioni smisurate, non si accorgono di essere comunque e sempre piccoli, nella storia. Ma a loro non interessa la storia vera. A loro basta diventare grandi nelle bugie e nelle apparenze, e questo non è difficile da ottenere nella storia dei massmedia, dei libri, del desiderio umano di procurarsi sempre degli idoli, dei santi, dei geni, dei grandi uomini che stornino dalla consapevolezza di quanto sia invece mediocre e meschino il mondo.    

domenica 1 luglio 2012

SCRITTURA ESTIVA


Il nuovo piano di scrittura è vario e mi appassiona.
1)      Anzitutto, devo ultimare “I piaceri dello Scudo e del Porpora”, il quarto episodio con Albino Guidi, dopo “Un fauno in legnaia”, “D’Armonia, di sangue” e “Se muore un Arlecchino”. L’idea di partenza era di scrivere un giallo, forse perché non l’ho mai fatto e non ho mai desiderato farlo, non interessandomi il poliziesco. In questo caso, però,  le indagini su una ragazza uccisa vengono condotte da Ausia, moglie di Proteo, capace come lui di trasformarsi. L’affianca un gioviale Ermes. Lo Scudo e il Porpora, i due galantuomini dediti ai piaceri e allo strapotere, non sono di difficile identificazione. Hanno per alleate due divinità terrificanti: Eris, la signora del dolore, e Aracne, la mostruosa tessitrice. Come contorno, tanti ragazzi di paese, molti dei quali avrebbero bisogno di una raddrizzata. Ho scritto 180 cartelle e sto per affrontare la lunga scena finale, nelle viscere della terra, dove orrore e coraggio si scontrano sotto gli occhi degli dei  e secondo la misteriosa volontà del Fato. 
2)      Sono stato invitato da “Stratagemmi online”, una rivista di teatro, a scrivere un saggio sulla mia drammaturgia, di cui è già stato approvato il piano. Nella prima parte mostrerò quanto mi siano stati utili vent’anni di lavoro con bambini e ragazzi per elaborare quella che chiamo “drammaturgia della misura”. Dalla struttura all’equilibrio tra le parti, dal ricorso alla rima e alla filastrocca alle risorse dell’immaginario infantile: una drammaturgia che non perde di vista l’infanzia e il suo linguaggio. La seconda parte prevede l’analisi della conduzione laboratoriale del “Teatro dei passeri”, divenuto (per me) centro di ricerca dove sperimentare e approfondire forme drammaturgiche. La terza parte riguarda i tre spettacoli di “Lupusagnus”: i testi, i rapporti con il regista e la compagnia, le domande a la ricerca di risposte. Per me, questo saggio equivale alla pubblicazione dei quattro volumi di testi: fare il punto della situazione attuale, chiudere un’epoca, aprirne un’altra più consapevole e più profonda dal punto di vista artistico.   STRATAGEMMI

3)      Infine, ho accettato di mettere in scena anche quest’anno uno spettacolo con la Quinta elementare Verjus di Oleggio. Mi ero ripromesso, con  “Il Mangialibri”, di rifiutare impegni annuali per concentrarmi sulla scrittura sia di prosa sia di teatro, ma poi… Mi sono recato nella classe di 19 bambini. Ho fornito alcuni stimoli e le indicazioni per elaborare dei progetti realizzabili, e poi ho ascoltato le loro proposte. Sono uscite le seguenti idee: un alieno assaggia la Coca cola e ne è entusiasta… le creature dei fondali oceanici salgono in superficie per protestare contro i pescatori… invasione della Terra… i genitori lasciano i bambini soli in città… Le idee sono molte, ma quella dei bambini lasciati soli mi colpisce, anche perché alcuni giorni prima avevo già ideato un possibile testo, intitolato “Bambini pirati”, sulla loro potenzialità predatoria. Faccio riflettere la classe e all’unanimità (!) tutti scelgono. Ecco, è già nato “La città dei bambini pirati”.
Alcuni giorni dopo m’incontro con Gianna Cannaos, l’insegnante che realizzerà la scenografia. Le propongo di ispirarsi a Giorgio De Chirico. Mi sembra a misura di bambino, sia come riproduzione sia come modello di elaborazione. Bene, è molto contenta. Ora non resta che scrivere il testo. A metà ottobre tutti in Aula Teatro: comincia lo spettacolo!