sabato 16 gennaio 2010

POESIA VENTOTTO



Quando i cavalli non avevano il motore, e i carri
su ruote di legno e ferro portavano grano papaveri
e persone, io ero bambino.
Misuravo il mondo a passi e i paesi lontani
erano sogni o pagine di libro, ma incommensurabile
la distanza tra il cortile
e la fuga dello scoiattolo su per il pino.
Ero bambino con altri bambini, gli adulti
altrove, e solo talvolta li si incontrava di sbieco voci stizzose
che dettavano regole e punivano: noi troppi intensi i giochi
per soffermarci a guardarli negli occhi.
Eravamo bambini tra gli steli dell’erba, sull’orma sonora del grillo,
dentro i fienili tagliati dal sole in obliquo, sulle piante
grasse dei fichi, rapaci di nidi, spietati cacciatori
di lucertole, esploratori di fumanti discariche e cimiteri spiritati.
Era, il mondo, un’occasione
per l’animo fiero e avventuroso, il luogo dell’amicizia
conquistata, dello stupore e degli incontri. Era un mondo
onesto.
Ero bambino, quando
le persone avevano lineamenti umani, le bestie
stavano nelle stalle, chi comandava
era lontano, al di là dei boschi, non faceva l’ombra
vasta quanto il tutto, e davvero nell’aria sentivo l’odore buono
della libertà, come quello del fieno e dei fiori
disteso sul carro gli occhi al cielo mutevole, a inventare il domani, ebbro
di una vita di piccole cose.

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