martedì 6 settembre 2011

CANICANI DEL SETTECENTO


Una satira di Jonathan Swift in cui si rivive l'atmosfera di "Canicani", il musical che tornerà a Milano a fine aprile al Teatro della Cooperativa.

È cosa ben triste, per quanti passano per questa grande città (Dublino) o viaggiano per il nostro Paese, vedere le strade, sia in città, sia fuori, e le porte delle capanne, affollate di donne che domandano l’elemosina seguite da tre, quattro o sei bambini tutti vestiti di stracci, e che importunano i passanti. (…) Una volta cresciuti, diventano ladri per mancanza di lavoro. (…)

Chiunque sapesse trovare un metodo onesto, facile e poco costoso, atto a rendere questi bambini parte sana e utile della comunità, acquisterebbe meriti presso l’intera società. (…)
Quando hanno l’età di un anno io propongo di provvedere a loro in modo tale che, anziché essere di peso ai genitori o alla parrocchia, o essere a corto di cibo e di vestiti per il resto della vita, contribuiranno invece alla nutrizione e in parte al vestiario di migliaia di persone. Un altro grande vantaggio del mio progetto sta nel fatto che esso impedirà gli aborti procurati e l’orribile abitudine, che hanno le donne, di uccidere i loro bambini bastardi; abitudine, ahimè, troppo comune fra di noi; si sacrificano così queste povere creature innocenti, io credo, più per evitare le spese che la vergogna.

Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo più delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragù.

Espongo allora alla considerazione del pubblico che, dei centoventimila bambini già calcolati, ventimila possono essere riservati alla riproduzione della specie, dei quali sono un quarto maschi, il che è più di quanto non si conceda ai montoni, ai buoi e ai maiali; e il motivo è che questi bambini sono di rado frutto del matrimonio, particolare questo che i nostri selvaggi non tengono in grande considerazione, e, di conseguenza, un maschio potrà bastare a quattro femmine. I rimanenti centomila, all’età di un anno potranno essere messi in vendita a persone di qualità e di censo in tutto il Regno, avendo cura di avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici; quando la famiglia pranzerà da sola, il quarto anteriore o posteriore sarà un piatto di ragionevoli dimensioni e, stagionato, con un po’ di pepe e sale, sarà ottimo bollito al quarto giorno, specialmente d’inverno.

Ho calcolato che, in media, un bambino appena nato venga a pesare dodici libbre e che in un anno solare, se nutrito passabilmente, arrivi a ventotto.

Ammetto che questo cibo verrà a costare un po’ caro, e sarà quindi adattissimo ai proprietari terrieri, i quali sembra possano vantare il maggior diritto sui bambini, dal momento che hanno già divorato la maggior parte dei genitori.

La carne di bambino sarà di stagione per tutta la durata dell’anno, ma sarà più abbondante in marzo, e un po’ prima dell’inizio e dopo la fine di quel mese. Ci informa infatti un autore serissimo [Rabelais], eminente medico francese, che, essendo il pesce una dieta favorevole alla prolificità, nei paesi cattolici ci sono più bambini nati circa nove mesi dopo la Quaresima di quanti non ce ne siano in qualunque altro periodo dell’anno; di conseguenza, un anno dopo la Quaresima il mercato sarà più fornito del solito, perché il numero dei bambini dei Papisti è almeno di tre contro uno, in questo paese; ricaveremo quindi parallelamente un altro vantaggio, quello di far diminuire il numero dei Papisti in casa nostra.(…)

I più parsimoniosi potrebbero scuoiare il corpo, la cui pelle, trattata artificialmente, dà meravigliosi guanti per signora e stivaletti estivi per signori eleganti.

Per quanto concerne la nostra città di Dublino, nelle parti più acconce, potrebbero apprestarsi mattatoi per codesta bisogna; e possiamo star certi che non mancheranno i macellai; anche se io vorrei raccomandare di comperar vivi i bambini e di prepararli caldi, appena finito di usare il coltello, come si fa per arrostire i maiali.

Una degnissima persona, che ama veramente il suo Paese, e le cui virtù tengo in grande considerazione, si compiacque di recente, parlando di questo argomento, di suggerire un perfezionamento al mio progetto. Egli diceva che, dal momento che molti gentiluomini del Regno in questi ultimi tempi hanno distrutto la selvaggina, pensava che sarebbe stato possibile ovviare alla mancanza di cacciagione procurando corpi di giovinetti e fanciulle non al di sopra dei quattordici anni e non al di sotto dei dodici: dato che tanto sono quelli, sia dell’uno sia dell’altro sesso, che sono avviati a morire di fame per mancanza di lavoro o di assistenza: e i genitori, se ancora in vita, oppure i parenti più prossimi, sarebbero ben lieti di liberarsi di loro. (…)

Aumenterebbe la cura e la tenerezza delle madri per i bambini, quando fossero sicure di una sistemazione certa sin dall’inizio, e procurata in qualche modo dalla comunità a loro annuo profitto, anziché, a loro carico; e ben presto avremmo modo di vedere un’onesta emulazione fra le donne sposate nel portare al mercato il bambino più grasso. Gli uomini, durante la gravidanza della moglie, le sarebbero affezionati tanto quanto lo sono ora alla cavalla, alla mucca o la scrofa prossima a figliare, né la minaccerebbero di pugni e di calci (cosa purtroppo frequente nella pratica), per timore di un aborto.(…)

Mettiamo i mendicanti di professione insieme con la massa di agricoltori, braccianti e giornalieri che, con le loro donne e i bambini, sono mendicanti di fatto: e io invito quei politici, ai quali non garba il mio progetto, e che forse avranno il coraggio di azzardare una risposta, ad andare a chiedere prima di tutto ai genitori di questi mortali se non pensino, oggi come oggi, che sarebbe stata una grande fortuna quella di essere andati in vendita come cibo di qualità all’età di un anno, alla maniera da me descritta, evitando così tutta una serie di disgrazie come quelle da loro patite, per l’oppressione dei padroni, l’impossibilità di pagare l’affitto senza aver denaro o commerci di qualche sorta, la mancanza dei mezzi più elementari di sussistenza, di abitazione e di abiti per ripararsi dalle intemperie, con la prospettiva inevitabile di lasciare per sempre in eredità alla loro discendenza questi medesimi triboli, se non peggiori.

Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercar di promuovere quest’opera necessaria e che non sono mosso da altro motivo che il bene generale del mio Paese, nel miglioramento dei nostri commerci, nell’assistenza ai piccoli e l’aiuto ai bisognosi, e nella possibilità di offrire qualche piacevole passatempo agli abbienti. Io non ho bambini dai quali posso propormi di ricavare qualche soldo: il più piccolo ha nove anni, e mia moglie ha ormai passata l’età di averne ancora.

(J. Swift, Una modesta proposta e altre satire, Rizzoli, Milano, 1983)


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