mercoledì 8 maggio 2013

PASSEROTTI 13: SESSO E SPAZIO



L’osservazione riguarda solo un piccolo gruppo, otto bambini, quindi non è generalizzabile, ma mi è di stimolo per la didattica. Dopo una fase iniziale di disorientamento comune di fronte alla strutturazione dello spazio in volumi, settori e percorsi, affiancata all’utilizzo del corpo in modalità non quotidiane e già sperimentate, si è assistito a una diversa assimilazione da parte di maschi e femmine.

Le consegne non erano complesse, ma richiedevano una riformulazione mentale del corpo nello spazio, diversa da quella appresa nel gioco e nello sport. Si doveva, per esempio, operare spostamenti in una griglia, seguendo percorsi stabiliti la cui memorizzazione non era difficile, solo inusuale.

Ho visto le femmine adeguarsi infine alle richieste e occupare lo spazio scenico con la sicurezza acquisita dalla ripetizione e dalla coordinazione movimento-parola. I maschi manifestano ancora adesso qualche insicurezza, soprattutto di fronte alla segmentazione di movimento-parola. Prendiamo in considerazione questo esercizio: dirigersi verso un partner, rivolgersi a lui con determinati gesti e con una frase; spostarsi di due passi in direzione del pubblico ed esprimere un a parte con cambiamento di tono e di gestualità; tornare dal partner e completare la battuta; lasciare il partner e riprendere la postazione iniziale con un altro breve a parte  verso il pubblico, implicante una sosta.

Non è facile. Bisogna viaggiare su due binari paralleli, utilizzando ora l’uno ora l’altro, con fluidità e repentini cambiamenti espressivi. Ebbene, i maschi vanno in confusione più facilmente. Essi prediligono una comunicazione scorrevole e ininterrotta, monotona e lineare. Tendono a risolvere ogni prestazione con la sintesi e la velocità. Amano il gesto di forza, la corsa, l’impeto, la confusione. Quando si trovano a dovere operare un controllo stretto sui movimenti, sui gesti e sulla voce si sentono a disagio, manifestano una forma di pigrizia mentale che li spinge verso la superficialità e l’approssimazione. Molti di loro, in virtù di questa ritrosia a rientrare in uno schema, prediligono l’improvvisazione e la variazione spontanea, che spesso però si riducono a intervento a sproposito.

Anche le ragazze sono dotate di inventiva, ma la manifestano quando viene richiesta, non nei momenti di applicazione degli schemi. Se devono seguire delle istruzioni, le seguono assecondando la consegna. Se, invece, viene loro richiesto di inventare e immaginare, allora liberano l’immaginazione. Insomma, da una parte una struttura più anarchica, dall’altra più statalista.

Ecco che il teatro obbliga i maschi a porre un freno all’esuberanza e al disordine mentale e comportamentale, e stimola le femmine ad attingere alle proprie risorse creative, spingendole anche verso la divergenza e la rottura di abitudini e pressioni sociali. Un invito, in ambedue i casi, a uscire dai ruoli codificati per esplorare nuove modalità di stabilire relazioni. 

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