lunedì 27 luglio 2015

IPAZIA, riflessioni di John Toland

Annamaria Rossano mi ha chiesto un monologo su IPAZIA. Ora sto scrivendo delle cose su Pinocchio e IL ROMANZO DI ERACLE, oltre a procedere con lo studio dell'epoca micenea (compresa Atlantide). Come primo assaggio, l'epilogo del libro del filosofo irlandese JOHN TOLAND: "Ipazia. Donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero", editore Clinamen 2010.


"E adesso che il nome di Cirillo me lo fa tornare in mente, non è una beffa insopportabile nei confronti di Dio e degli uomini riverire una persona così ambiziosa, così turbolenta, così perfida e così crudele facendolo Santo? – perché la storia mostra che proprio questo fu il suo carattere. Ma in tutta onestà questo stesso titolo di santo non di rado è stato conferito in modo infelice: perché la maggior parte dei santi dopo Costantino, e soprattutto quando la canonizzazione divenne di moda, corrispondono a tre tipologie di persone, e fra questi solo una minima parte merita davvero venerazione. In primo luogo, sono stati fatti santi quegli uomini che hanno promosso la grandeur della Chie­sa con tutti i propri sforzi, specialmente con i propri scritti; i quali scritti, invece di impiegarli per istruire i propri concittadini, li hanno prostituiti per magnificare l’autorità spirituale con l’esito del degrado e dell’abbrutimento dei loro spiriti. La seconda tipologia degli uomini che sono stati onorati con la santificazione è costituita da prìncipi o da altri uomini ricchi e potenti, e tuttavia viziosi e tirannici, che donarono ampi possedimenti e che lasciarono il potere temporale nelle mani della Chiesa; o che, per incapacità, per sottomissione, con la spada e con la proscrizione, castigarono la temerarietà di tali azioni come fossero troppo scomode per metterne in questione i decreti. La terza tipologia è costituita da visionari estremamente viscidi, che si vantano dei propri entusiasmi deliranti e delle proprie estasi; oppure essi si impongono sull’ignorante attraverso mortificazioni formali, falsamente reputate atti di devozione, e vengono ricompensati con questo premio immaginario, da coloro che disprezzano la loro austerità, ma in tal modo fanno anche molta fortuna. Non c’è da meravigliarsi, allora, che l’epiteto di santo, dal significato così vicino a quello di pietà ed innocenza, fu così palesemente avvicinato al vizio e all’empietà, in cui prevale inoltre un diluvio di ignoranza, superstizione e tirannia, che hanno sommerso quasi per intero il mondo cristiano. Tutte le persecuzioni che misero in atto erano mezzi molto potenti che utilizzavano per reprimere ogni sforzo fosse fatto per rinnovare la virtù e la cultura. Da quello spirito anticristiano deriva Ipazia, alla quale il clero non poté perdonare che fosse bella, eppure casta; molto più colta di loro, tanto da non essere sopportata dal popolo; ed ebbe presso il magistrato civile stima maggiore di quanta ne godessero quelli, e il clero dell’epoca aveva bisogno di guidare, o condurre, il magistrato, come la propria bestia da soma."

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