giovedì 20 maggio 2010

DIETRO L'ARLECHIN


Avevo giurato che non avrei mai più scritto per ragazzi. Escono tre libri nuovi. E anche che non avrei più fatto teatro. Quest'anno tre spettacoli. Mai dire mai. Mi piace fare teatro, mi appassiona, mi diverte, mi porta via dalla realtà, proprio come scrivere. Preferisco il teatro con i ragazzi, forse perché li perdono più facilmente quando non studiano la parte, non mi stanno attenti, giocano invece di partecipare con serietà... Come si fa, invece, a perdonare un adulto spesso pieno di sé, superficiale e per niente malleabile? Mi ero illuso di fare grandi cose, con i miei passeri. Ma passeri di tredici anni sono sempre un'incognita. Hanno in mente altre cose, sono narcisisti; oppure hanno già sviluppato difese e corazze. Volevo far loro ricreare il mondo di Arlecchino: dalla commedia dell'arte alla commedia della spontaneità infantile. Ci sono riuscito solo in piccola parte, ma sono comunque soddisfatto del risultato. Fare teatro senza una scuola di teatro sembra un'assurdità, ma questa è la nostra formula. S'impara strada facendo, ci si inventa sul momento quello che non si sa.
Con questo secondo spettacolo abbiamo fatto progressi notevoli. Abbiamo affrontato la caratterizzazione dei personaggi, il ritmo della recitazione, le interazioni, la mimica... Tutto in piccolo, senza pretese, a misura di passeri. Vogliamo divertirci e divertire, non darci arie.

Dietro allo spettacolo... Anzitutto devo dire che uno spettacolo così non posso farlo da solo. Io mi sono limitato a preparare gli interpreti, a fare regia e musiche. Tutto il resto, ed è tantissimo... un gruppo agguerrito, intelligente e sensibile di donne. Mamme degli interpreti, ma che non hanno lavorato solo per i propri figli, hanno creato un evento per tutta la comunità.
Il nucleo del gruppo di lavoro è costitutito da Annamaria Bedostri, Marina Betti e Silvia Rossi. Il loro elenco di cose da fare è lungo tre pagine. Le affiancano Cinzia Fortina (costumi), Silvia Camera (trucco), Gianna Cannaos (scenografia) e altre. Il giorno dello spettacolo, però, sono presenti anche alcuni mariti per montare la scena. Grazie, a nome mio e a nome del teatro e delle cose intelligenti che in questo nostro paese avvilito sono sempre meno.

Lavoro enorme, e tutto per due repliche. Eppure è anche qui il fascino di questo teatro che si brucia così in fretta. Non ci sono giri in provincia per assestarlo. Si va in scena e basta, è tutto finito. Ciò che va male, va male per sempre. Rimarrà un video a documentare i buchi di memoria, le esitazioni, i movimenti sbagliati... e il rimpianto di non poterlo fare ancora per offrire una prova migliore di sé. Questo teatro è come la vita: ce n'è una sola, non si può tornare indietro o chiederne un'altra, e tutto quello che si è fatto di sbagliato non lo si può più eliminare.

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