mercoledì 23 febbraio 2011

CANICANI recensione

Lupus Agnus: Canicani

articolo di Gian Paolo Galasi

Il mese di febbraio ha visto in scena al Binario 7 di Monza la compagnia Lupus Agnus, che ha presentato la Trilogia della famiglia, composta da Mamma Mammazza, prodotto nel 2008 dal Piccolo Teatro di Milano e incentrato sulle perversioni dei legami familiari; Verginella, presentato al Teatro Filodrammatici di Milano nel 2009 e inerente il tema della pedofilia, e, in prima nazionale questo weekend, Canicani, legato alla tematica del mercato degli organi e di qui all’antropofagia.

I testi di LupusAgnus sono scritti da Aquilino, con alle spalle altre esperienze di scrittura (non solo per la scena) e di teatro; la compagnia nasce invece da un nucleo di attori formatisi alla scuola del Piccolo, presenti e attivissimi nei palchi milanesi e che con questa nuova opera, rappresentata tre volte in due giorni e della durata di due ore, inaugurano un work in progress che è anche un progetto di laboratorio sul testo e sulla sua messa in scena. Alla fine della rappresentazione il pubblico è stato invitato a partecipare attivamente con commenti, impressioni, critiche, che hanno già prodotto degli aggiustamenti tra uno spettacolo e l’altro.

Un lavoro e un impegno notevole, date le tematiche affrontate e la messa in scena. Al traffico di organi in Italia sono stati dedicati pochissimi testi, nel 2009 esisteva solo un libro nella nostra lingua sull’argomento (ma ci sono anche indagini in corso, e dunque il segreto istruttorio). L’umanità rappresentata in questo musical caricaturale e grottesco ricorda quella di Address Unknown di Kim KiDuk, ma non siamo nella Corea appena conquistata dall’esercito statunitense e non si uccidono cani. Eppure il clima umano è quello dei sopravvissuti a una devastazione, che non può essere solo interiore o forse sì, del resto dentro ogni orco c’è un bambino divorato: i carnefici hanno già imparato la lezione della sociologia, dunque, difficile non trovare alibi in un mondo qualunque che ha già fatto della parola quel che si fa dietro quella tenda di plastica, ovvero sesso tra fratello e sorella e traffico di organi.

Annamaria Rossano è una Juliette Lewis (quella di Natural Born Killers) cresciuta e finalmente normale, affamata di successo da tronista e di smalto per le unghie. Oppure pensate agli abitanti di Las Hurdes, ingozzati di hamburger e di televisione: i mostri sono tra noi, non hanno desideri e per questo cantano che “il mondo è guardare, il mondo è emozione”, e sanno che se la felicità non è di questo mondo, il godimento invece lo è e bisogna assicurarselo. Ad ogni costo. La rabbia della fame: la vita annoia, e mentre si sogna di essere famosi è possibile comunque attizzare la fama e il potere mentre i figli debbono obbedire per evitare il bastone, mostrare rispetto perché se i genitori non sono diventati qualcuno è impossibile sfuggire al destino comune, al “tu hai tutto e io non ho niente” che placa le coscienze, i figli come cani alla catena, la morte che dovrebbe essere un momento di riposo, lirico, perché da qualche parte è stato scritto che il dolore va espresso, e comunque si tratta pur sempre di una lacuna da colmare.

Sarà una maternità inaspettata a dare a uno dei personaggi (quella che nel bene o nel male aveva rapporti, per quanto obbligati, col mondo esterno: in fondo è il sapere cosa c’è “là fuori”, fossero anche clienti, la salvezza) la forza per ricacciare nel buco nero le forze del ‘male’, e per ritrovare, nell’altro in sé, una voce soggettiva.

Pur nell’assenza di un mondo simbolico. In scena solo oggetti di uso comune, la poltrona, il televisore, reggiseni nuovi a rappresentare il feticismo del ménage familiare, le catene cui sono legati i figli, e tanta plastica: quella che contiene la “refurtiva”, il telo dietro si compiono i misfatti, quello adibito a coprire. Nulla in scena lascia adito a una ambiguità, a un possibile nuovo uso, a una scelta. Non è possibile prevedere, qualora lo spettacolo arrivasse fisicamente dalle vostre parti, a quali e quanti cambiamenti sarà soggetto. La forza della compagnia è anche la capacità di assimilare gli spunti forniti dal pubblico, come altre compagnie affini forse per spirito, tra cui i palermitani Sutta Scupa, nemmeno tanto più “vecchi”. E’ bello vedere che qualcosa si muove e vive nel teatro contemporaneo. Non siete soli.

http://www.flaneri.com

Lupus Agnus – Canicani

drammaturgia Aquilino
regia Stefano De luca
con Enrico Ballandrini, Tommaso Banfi, Matteo Barbe', Marta Comerio, Carlo Ponta, Annamaria Rossano, Fabio Zulli
Teatro Binario 7 – Monza
19-20 febbraio 2011 prima nazionale

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