lunedì 14 luglio 2008

LEVI DELLA TORRE: IMPRONTE ETNICHE


Questo articolo di Stefano Levi Della Torre è apparso su Liberazione di domenica 6 luglio 2008.

Impronte etniche.


Le impronte digitali sono segni del corpo, e il razzismo è discriminazione dei corpi. Quando le aggressioni xenofobe "dal basso" trovano conferme da parte del potere istituzionale, civiltà e sicurezza sono in pericolo. Lo si è visto nella storia: xenofobia e razzismo sono contenibili finché non vengano assunte come politiche demagogiche di governo.

Ora, i propositi del ministro Maroni circa le schedature etniche non possono essere valutate solo in se stesse, ma soprattutto per come fanno eco alle aggressioni "popolari" contro i campi Rom promosse dalla camorra o dalla Lega. La memoria ricorre alle pulizie etniche nei Balcani, alle discriminazioni antisemite e antizingare del XX sec., premessa alla persecuzione e alla strage in Europa. Ma per quanto riguarda l'Italia, la prima legislazione etnico-razzista - ricorda D. Bidussa- non fu quella del 1938 contro gli ebrei, ma quella del 1936, in occasione delle conquiste fasciste nell'Africa orientale: si proclamava l'inferiorità congenita delle popolazioni assoggettate per escluderle dai diritti di cittadinanza. Al tempo stesso si lusingava la base popolare del regime affermandone l'appartenenza a un sangue più nobile, a una razza superiore.


Fatti dimenticati per una loro nuova edizione? Fatti dimenticati, perché in Italia sono forti gli interessi ad imputare al Fascismo la sola colpa dell' antisemitismo, così da coprire le responsabilità complessive della dittatura, delle mentalità che l'hanno assecondata e che ora riemergono nell'opinione diffusa e nel governo.


Xenofobia, razzismo e antisemitismo hanno una certa relazione con la globalizzazione: l' evanescenza dei confini esposti all'immigrazione e la conseguente paura delle contaminazioni li intensificano.


Nella seconda metà del XIX sec. la globalizzazione era quella dei colonialismi: le nuove dottrine razziste erano volte a giustificare l'assoggettamento di popolazioni esterne classificate come "inferiori"; mentre l'antisemitismo, al contrario, giocava sul timore di essere a propria volta invasi e assoggettati ma dall'interno, da un gruppo umano (gli ebrei) integrato nella società ma fantasticato come parassita aggressivo, come anomalia che inquinava l'omogeneità nazionale e religiosa. Ora, mentre le legislazioni razziste erano volte ad impedire ai gruppi "diversi" l'accesso ai diritti di cittadinanza, le legislazioni antisemite erano volte a destituire gli ebrei dai diritti di cittadinanza già acquisiti. L'ebreo veniva discriminato per essere estromesso; la minoranza etnica veniva discriminata per non essere ammessa.


Nella "questione Rom" oggi in Italia, questi due schemi si incrociano: i Rom italiani rischiano di venir destituiti, in quanto Rom, da garanzie di cui sono titolari i cittadini italiani in genere; mentre i Rom immigrati, che pure sono europei, rischiano di non essere ammessi, in quanto Rom, alla dignità civile di cui sono titolari i cittadini europei in genere. "In quanto Rom": qui sta l'aberrazione delle proposte del governo: misure d'ordine su base etnica. Tanto più aberranti perché la "tolleranza zero" demagogicamente esibita contro un gruppo etnico marginale diffusamente malvisto servirà anche a coprire la svenevole tolleranza riservata ai crimini del privilegio, e al privilegio del crimine per chi ha il potere mediatico e politico di permetterselo.


Cose non nuove: è l' uso del "capro espiatorio etnico" per dire alla maggioranza: c'è sempre qualcuno che, per definizione, è peggio di voi: il Rom, il clandestino, i cui crimini saranno puniti più duramente che non chi di voi compia lo stesso reato. Contro questa logica l'indignazione è sacrosanta. Ma i "capri espiatori" non sono in quanto tali privi di responsabilità; e d'altra parte l'indignazione è opportunista se ci esime dall'affrontare domande imbarazzanti, come le seguenti:


- Esistono reati particolarmente frequenti in determinati gruppi umani? La mafia è radicata in Sicilia, la Ndrangheta in Calabria, la Camorra in Campania. Tra i Rom è diffuso il furto nonché l'addestramento collettivo e lo sfruttamento dei minori per il borseggio e per l'accattonaggio. E' esperienza comune, non solo pregiudizio.


Tuttavia il principio di civiltà impone che si perseguano questi fatti nella fattispecie dei reati, non mai in quella delle etnie: non "i siciliani" ma i mafiosi e i conniventi; non "i Rom", ma chi delinque e chi è connivente.


- E' forse un'aberrazione essere schedati? Come cittadini lo siamo tutti, e giustamente: certificati di nascita e residenza, carta di identità, Codice Fiscale. Non è affatto ingiusto che anche chi non abbia fissa dimora rientri in una schedatura che lo identifichi e che lo equipari agli altri abitanti. Esserne esentati è una discriminazione oppure un privilegio. E le impronte digitali? O per tutti o per nessuno: sono i segni del corpo, e dal corpo ha inizio il razzismo.


- E' un bene che la sinistra, nata mettendo in primo piano l'uguaglianza, la tralasci oggi a favore delle diversità? Che la sinistra, nata mettendo in primo piano il cambiamento storico, si schieri ora per la conservazione delle identità culturali? Il "rispetto delle culture altre" si traduce troppo spesso in alleanza con chi è titolare ufficiale di quelle culture, con chi detiene il potere sociale, istituzionale o religioso nelle comunità "altre": "E' la loro cultura" troppo spesso conferma il dominio dell'uomo sulla donna e sui minori, del tradizionalismo sullo spirito critico... La difesa dei Rom dal sopruso non ci esime dalla critica circa usi e connivenze specificamente vigenti nei campi. Così anche quando una folla protegga un camorrista...


- Quale legge deve prevalere per ognuno? Quella della propria comunità, o quella dello Stato in cui si abita o si transita? Proprio perché non prevalga la discriminazione etnica, è la legge dello Stato a dover prevalere, se si spera che possa essere "uguale per tutti". (Tranne che per i diritti umani , che sono prerogativa della persona e non del luogo). Perciò lo Stato ha il diritto/dovere di intervenire affinché sia rispettato l'obbligo scolastico, o la prevenzione sanitaria, o il diritto della donna e dei minori, anche se "la loro cultura" non lo prevedesse.


- Chi deve pagare i servizi sociali e il consumo del territorio? Tranne che per i rifugiati politici e umanitari, è principio di uguaglianza che ognuno vi contribuisca. Esentarne per principio un gruppo etnico è pur sempre discriminazione. Anche la solidarietà, se etnica, può ribaltarsi in discriminazione etnica.

Stefano Levi DellaTorre. Milano, 2 luglio 2008

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