domenica 16 novembre 2008

ANCORA LAIVES




Una settimana via da tutto. Sospendo la scrittura di "Horror team" con Simone. Faccio fare anticamera a Walter, un attore, che vuole interpretare "L'assaggiatore del re". Prendo le distanze da "Mamma Mammazza". Metto in pausa il Teatro dei Passeri. Non telefono nemmeno al piastrellista, all'idraulico e agli altri che devono terminare i lavori. Chiudo la mente soprattutto allo sguardo di dolore e disperata rassegnazione di mio padre, che sta morendo. Mi carico di libri e parto. Sono a Laives. L'albergo fornisce un'ottima cucina, ne approfitto in modo smodato, ingrasso di un chilo. Ogni giorno vado alla scuola elementare, poi alla media, poi magari torno alla elementare, e poi in biblioteca... Anziani volontari fanno i vigili ai semafori, tutti si salutano con grande cordialità. Sorrisi ovunque. I merli sulle recinzioni mi guardano passare. Anche i bambini fanno i vigili all'ingresso della scuola. Prima di entrare nell'aula si tolgono le scarpe e calzano le pantofole. Nuvole, poi piove. Solo venerdì esce il sole. Mercoledì vado a Trento, visito il castello del Buonconsiglio, il duomo e il centro, poi la pioggia si fa di un'insistenza tormentosa e rientro. Ogni mattina prendo il Corriere della Sera: lodi a Gelmini e Brunetta. Bene, bravi. Leggo in fretta, mi prende una nausea da stracciare le pagine: immigrati massacrati, truffe all'Inps, le barzellette furibonde e narcisistiche del piccolo dittatore, gli anatemi della Chiesa, l'amicizia fra Tremonti e il papa, i divi, i politici, i ladri, i bastardi, i mafiosi... Bel paese. Venerdì sera a cena da Emma, la bibliotecaria di Egna. Avessi saputo prima che Egna è tanto bella! Portici del secolo XIII tirati a calce come le case di Ostuni. Emma mi prospetta un progetto simile anche da loro. Bene, così visiterò con calma la cittadina. Minestra di verdure, verdure stufate, piadine portate da Enrico, musicista di Rimini, e per finire una birra analcolica.
Libri: "Il diavolo nella tradizione popolare italiana", di Cocchiara; "Santi e vampiri" di Dogheria (ne ho letto solo una trentina di pagine, ma è molto stuzzicante); "La signora dell'arte della morte" di Franklin, così così; "Il cavaliere della vera croce" di Camus, nipote di Albert (incredibile che pubblichino un libro che sembra una raccolta di barzellette! allora è vero che se si è nipoti o figli di un personaggio famoso si riesce a pubblicare anche senza sapere scrivere); "L'ombra del vento" di Zafon, di cui ho comprato anche "Il gioco dell'angelo": un libro vero, un libro vivo, sulla scia di una scrittura classica, una narrazione di invenzioni e personaggi che prendono per mano il lettore e lo accompagnano in un mondo che vorremmo esistente al posto di questo.
Sabato mattina parto. A Verona il treno è in ritardo di mezz'ora. Che diventerà un'ora e un quarto. Il locomotore è rotto. Di quanti locomotori rotti ho già fatto esperienza? Troppi. Trenitalia si scusa. Ipocriti. Betti viene a prendermi a Novara, per fortuna, altrimenti dovrei aspettare altre due ore per una coincidenza che non coincide più con niente.
Arrivo a casa. I lavori sono andati avanti anche senza di me. Il tetto è finito. L'ingresso, sotto il terrazzo, è stato imbiancato e chiuso da vetrate. Ora ho una serra per ricoverare le piante grasse in inverno. Sento mia madre. "Vengo domani. Sì, ti porto il becchime per le galline. Anche per i pappagallini? Va bene. E per il gatto?" Mio padre è stabile. Resiste. Ho sussurrato al dottore: lo faccia soffrire il meno possibile. La vita non è solo efficienza, ha affermato in questi giorni un cardinale. Mi sembrano cattivi, quando dicono certe cose. Come se volessero imporre alla gente un dolore senza senso. Che se li tengano loro il dolore, la disperazione, il terrore, l'angoscia, la sofferenza cupa di chi non vede via d'uscita e non capisce perché deve stare ancora qui a subire una vita che non è più vita. Ma sanno che cos'è Il rispetto? E l'amore? Forse lo sanno solo dai libri. Ma non quelli scritti con la vita. Gli altri, quelli in latino.

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