mercoledì 2 giugno 2010

POESIA TRENTATRE'


La sua ombra è lunga, aderisce alla curva del mondo

spira di serpe: gigante. Non ha piedi d’argilla, poggia su colonne

auree tempio di se stesso a se stesso, ricolmo

di tesori. Il popolo bue accorre in mandria a portargli offerte

illuso di una condivisione promessa: sugli ori vigilano

sacerdoti stupidi, officianti avidi, militi fanatici crudeli.

Osanna osanna, la folla lo esalta immortale taumaturgo onnipotente

ne loda la cinica scaltrezza. Lui ride, una mano sul capo del bambino,

parole rassicuranti, battute di spirito, citazioni insensate e

motti stolti. L’argilla ce l’ha in testa (non ha cuore). La

modella un pensiero perverso illuso di rifare

il mondo a propria immagine.

Ma piove.

Mesta acquerugiola autunnale, refoli freddi mutati presto in vento

di tempesta: oceani d’acqua fustigano la terra, la grandine

gli spacca il cranio.

Si scioglie l’argilla, rivoli di melma

lungo il volto.

Cereo.

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