domenica 6 aprile 2008

PORTO MANTOVANO


Domani vado a Mantova. Incontrerò alunni di scuola media ed elementare di Porto Mantovano e di altri paesi della "Bassa". Martedì sera cenerò con Simonetta Bitasi e Carla Nicolini per definire gli incontri dfi mercoledì e la mia partecipazione al Festivaletteratura di settembre. I ragazzi hanno letto IL FANTASMA DELL'ISOLA DI CASA nella nuova riscrittura e vorrei parlare loro di uno dei molti temi del libro (amicizia, famiglia, solitudine, diversità...): la perdita.


Nel medioevo, come in altre epoche, l'infanzia non è certo posta al centro del mondo. Il bambino non c'è nella letteratura, non c'è nelle arti visive, non c'è nella legislazione... Forse perché era così labile. Quasi la metà dei bambini morivano. Le mogli passavano da una gravidanza all'altra per sostituire i figli morti con altri vivi. La contraccezione era comunque poco praticata e condannata aspramente dalla chiesa ("Hai fatto in modo di non concepire? Se lo hai fatto o hai insegnato a farlo, tre anni di penitenza" - penitenziale di Burcardo del 1008). I bambini morivano, ma anche i genitori morivano, e molti erano gli orfani. La gente moriva di fame, di stenti, uccisa... Si moriva con facilità e si perdeva ogni cosa con altrettanta facilità: incursione nemica, incendio, alluvione... La vita non offriva sicurezza e tranquillità, ma il rischio continuo di perdere ogni cosa, anche se stessi.


Oggi tutti vogliono esorcizzare il terrore della perdita. I soldi, come investirli per difenderli dall'inflazione? La casa, come salvaguardarla dai ladri? La vita, come proteggerla dagli assassini? La bellezza, come preservarla dal tempo? E come impedire il passare del tempo? Come procurarsi l'immortalità?


La storia di Romolo è purtroppo una cronaca di perdite. Perde la salute, l'autonomia, l'affetto dei genitori, i compagni di scuola, la stima degli altri e poi anche quella di se stesso, perde la serenità e la gioia, perde il nonno, perde un'amica, perde l'unica occasione di frequentare un coetaneo... Sembra rassegnarsi. Romolo il perdente, proprio nel senso che perde tutto e non gli rimane niente. Non gli rimane una vita degna di essere vissuta. Come si salva? Non con un intervento prodigioso, non tra squillare di trombe, non grazie a un supereroe... Ascoltando le cose belle che ha intorno. Gli uccellini, per esempio. Accettando con coraggio una piccola opportunità. Prendendo una decisione che sembra una cosa piccola, ma che per lui è eroica. Esce dalla casa, esce da se stesso, esce dalla sindrome della perdita, si mette nella situazione del cambiamento e della possibilità non più di perdere, ma di guadagnare qualcosa: le parole salvifiche di un coetaneo. Banali, ma così rassicuranti. Così piene di vita reale.


Per concludere? Superiamo la paura della perdita. La vita è una continua perdita di vita, attimo dopo attimo, verso la morte. Non riponiamo la felicità in ciò che si può perdere in uno di questi attimi, non illudiamoci di sconfiggere il senso ultimo della nostra esistenza: la perdita di se stessa al suo primo apparire.

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