lunedì 31 gennaio 2011

SI ACCENDONO, SI SPENGONO

Si accendono le luci, che bagliore! S’inchina il brusio all’apparire dell’attore, poi muta in silenzio sacro: il rito ha inizio. Negli occhi dello spettatore il bagliore si rinnova in emozione, e l’ansia per una vicenda che è sempre di amore e di morte, di pianto e di risa… erompe nell’ovazione. L’applauso è un respiro forte, l’eco spinge qua e là i gridi di entusiasmo. E subito silenzio. L’attore con un solo gesto crea l’incanto. Tutta piena di parole è questa sala. Santo santo santo è il teatro. Oh gli strilli della rabbia! Ora, bestia in gabbia, l’attore aggredisce lo spazio. Oh poi la pena sconfinata nella voce spezzata! Singhiozzi e lamenti, lusinghe e seduzioni, gioie e dolori sospinge come onde di burrasca l’attore sugli spettatori! Si spengono le luci, un’eco di passi una porta sbattuta la scena ora è muta. A nessuno è dato di vedere il tremolio della mano dell’attore, che non stringe nessun teschio; lo sguardo perso del regista sull’assito senza orme; la solitudine nella gola dell’autore che parole, parole non ha più. Tutto dorme. Non questa inquietudine per cui non c’è battimano, non questo ritrovarsi da soli in sé stessi, e il mondo lontano. Non questa pena che viene dalle stelle, riflettori dell’anima, questa pena per le cose belle che ci svuotano il cuore. Non questa pena per ogni cosa che sempre, ogni volta, un poco muore.

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