Aquilino, Lamento di Eracle, Eretica Edizioni
Eracle è conosciuto per le dodici imprese o
fatiche. Ma la sua storia è molto più complessa. Cento rivoli si dipartono dal
corso principale e si intrecciano, si sovrappongono, confluiscono in altri
miti. Nelle “parerga”, le imprese successive, Eracle continua a fare incontri
straordinari. Percorre il mondo per raddrizzare torti, conquistare città,
salvare gli dei… e per amare. Amori diversi l’uno dall’altro, una gamma di
comportamenti erotici che lo rendono simile a un libertino contemporaneo. Ama
ragazzi, principesse, schiave, sacerdotesse, donne mostruose, amazzoni… Ma ogni
volta la tragedia o semplicemente la fine del rapporto sono in agguato. Da qui
il suo lamento. L’unica stagione felice è quella dell’adolescenza, quando ama
le cinquanta figlie del re Tespio. Da quel momento accumula perdite strazianti,
abbandoni, tradimenti… e rimane sempre a mani vuote. Un libro sul limite
dell’amore? Sulla sua tragica impossibilità, forse. Ma anche sulla sua gloria
proteiforme e irresistibile. Un libro di cronaca e riflessione sui diversi
aspetti dell’amore e sui rapporti complessi tra uomo e donna. E sulla coscienza
conflittuale di Eracle, voluto da Zeus forte e spietato, impulsivo e
incontenibile, che però è disgustato da se stesso e dagli dei.
SINOSSI in base all’indice
L’esodo – Introduzione.
La prima volta rideva –
Eracle fa l’amore per la prima volta, a quattordici anni, con una schiava
intraprendente.
Il tempo dei giochi –
Esiliato sul monte Citerone a fare il pastore, si impegna a uccidere il leone
che terrorizza la popolazione; lo insegue per cinquanta giorni, ricevendo ogni
notte in premio l’amore di una delle cinquanta figlie del re Tespio.
Non dite che non ho amato Megara –
Riconoscente per la vittoria su Orcomeno, il re Creonte di Tebe dà in sposa la
figlia a Eracle, ma lui dopo un periodo di serenità la uccide insieme ai figli,
a causa della pazzia che gli manda Era.
Lacrime per Ila –
Durante l’impresa degli Argonauti, le ninfe rapiscono l’amato Ila, il suo
ragazzo. Eracle ricorda come lo ha conosciuto, durante l’assalto al regno dei
Driopi il cui re ha ucciso, ed era il padre di Ila.
La mia amante guerriera –
Incaricato di rubare la cintura della regina Ippolita, Eracle giunge nel regno delle
Amazzoni con un manipolo di giovani eccitati. Faranno l’amore con le guerriere,
ma Era le sobilla e nello scontro Eracle uccide Ippolita.
Nuda sullo scoglio –
Il re Laomedonte di Troia ha ingannato gli dei Apollo e Poseidone negando loro
due cavalli divini promessi. Viene punito con la richiesta di offrire la figlia
Esione a un mostro marino. Eracle la salva e lei gli chiede una notte d’amore
perché vuole un figlio da lui.
La donna nel serpente –
In una regione selvaggia, Echidna, la creatura metà donna e metà serpente
ricatta Eracle: un amplesso per la restituzione dei suoi due cavalli. Eracle
accetta.
In guerra per una principessa –
Il re Eurito di Ecalia nega a Eracle la figlia Iole messa in palio in una gara
tra i migliori arcieri del mondo. L’eroe si allontana minacciando una guerra.
Qualche tempo dopo, di nuovo vittima della follia mandata da Era, gli uccide il
figlio Ifito.
La regina nella pelle del toro –
L’oracolo di Delfi punisce Eracle mandandolo per un anno da Onfale, regina
della Lidia. La deve servire come uno schiavo. Alla sua corte, vestito e
truccato da donna, Eracle assiste a orge e manifestazioni di sadomasochismo. Se
ne andrà prima del tempo, rifiutando la totale sottomissione.
Violenza su una donna –
Nei dintorni di Sparta, all’interno di un tempio dedicato ad Atena, Eracle,
ubriaco, violenta la sacerdotessa Auge.
La fine di ogni amore –
Giunge il tempo di vendicarsi di Eurito. Eracle attacca Ecalia, la distrugge,
massacra la famiglia reale. Porta via con sé Iole, suscitando la collera della
moglie Deianira. Sarà l’amore a causare la sua morte sul rogo.
INCIPIT
L’amore? Non uno, cento. Con una schiava,
con una moglie, con un ragazzo, con un’amazzone, con una donna bestia, con una
regina, con una vergine del tempio, con me stesso…
L’amore ha tante forme che a volte non lo
riconosci. Non è solo carne, ma soprattutto mente. Il cuore rimanga segreto,
dentro una gabbia di ossa. Pulsa veloce dietro i pensieri libidinosi,
riecheggia i fremiti della carne e te lo senti gonfiare in petto. Poi riposa.
Non le tue voglie, mai. Insonni e ossessive.
Una vita di amori. Che cosa mi hanno fatto
guadagnare? Una vita.
L’amore brucia, si dice. Brucia se stesso.
Un incendio… e tutto è cenere. E come cenere mi sono ritrovato sul rogo del
monte Eeta. Ogni guizzo di fiamma il ricordo di un amore. Il grido disperato di
Deianira, lontano. Subito spezzato e ammutito.
Lasciatemi bruciare.
Ho amato tanto, ora voglio bruciare.
I miei santi amori!
Qua, venite tutti qua, incoronate la mia
morte.
Eracle, non il semidio figlio di Zeus, ma
l’uomo figlio di Anfitrione e Alcmena, l’uccisore di mostri, l’ubriacone
crapulone, il distruttore di città, il civilizzatore, il raddrizzatorti,
l’aggiustanatura, il fondatore, il salvatore, il santo.
L’amatore.
Guardatemi bruciare, ascoltate il mio
lamento.
Faville salgono al cielo e formano nuove
stelle.
Amate, figli, amate.
Cap. 1 - La prima volta rideva
La mia prima volta è stata a quattordici
anni. Ero a Tebe e da due anni il mio padre terreno Anfitrione mi aveva tolto
all’infanzia per affidarmi ai maestri più famosi. Castore per la spada, Chirone
per la medicina e le scienze, Autolico per la lotta, Eurito per l’arco e Lino
per la musica. All’inizio ero recalcitrante. Starmene chiuso in una stanza o in
un cortile ad ascoltare, ripetere, esercitarmi, obbedire! Spesso punito per le
omissioni e le intemperanze. Poi, con mia sorpresa, ho scoperto che molte
attività erano appassionanti. Quasi tutte, ma non tutte. La musica… Con il mio
primo maestro Eumolpo sì, mi strabiliava mostrandomi le stelle e chiedendomi di
ascoltarne le armonie. Richiamato a Eleusi, fu sostituito da Lino… Che mi
insultava, mi umiliava! Un giorno mi ha
colpito con il flauto e io ho reagito tirandogli lo sgabello. Una mano divina
rancorosa lo ha guidato fino a fracassargli la testa. Eccomi trasformato in
Eracle l’omicida. Di colpo sono emerse l’invidia per la mia condizione di
semidio, la paura, la diffidenza verso il diverso. I vecchi giudici,
soprattutto, e i sacerdoti... In un attimo, le voci adulanti mutate in berciare
sprezzante.
Che sia esiliato da Tebe! L’impuro, il
contaminato! Quello che chiama disgrazie sulla città!
Io mi fidavo di loro, i miei sacerdoti, i
miei ministri, i miei concittadini. La sacralità, l’autorità, la comunità. Bah!
A quattordici anni avevo già contro il mondo intero.
Ma c’era chi mi difendeva. Una delle
ancelle, per esempio.
“Ha fatto bene!” ripeteva. “Quel Lino era
un bastardo. Lo prendeva a cinghiate. Se lo esiliano, non temono l’ira di
Zeus?”
Anfitrione riuscì a rabbonire i giudici, ma
dovette accettare un compromesso: sarei stato lontano da Tebe per quattro anni,
confinato sul Citerone a fare il pastore.
Scoppiai a ridere.
“Volete che faccia i formaggi?” dissi
spavaldo. “Li farò. Se la città non mi vuole, starò meglio in mezzo alle
capre.”
Ma prima di andarmene…
… si chiamava Neeria. Una siriana. Giovane,
ma con l’animo risoluto di chi ne aveva passate tante. L’avevo già notata. Non
perché fosse più bella di altre schiave. Ma perché, nonostante gli ordini
ricevuti, era l’unica che osava guardarmi in faccia quando ci incrociavamo. I
primi occhi femminili dentro i miei. Avevo provato imbarazzo, la prima volta.
Non sapevo come comportarmi. E avevo cambiato strada. Le volte successive mi
godetti l’incontro fugace. Poi imparai a rallentare il passo o a sostare con un
pretesto per esplorare lo sguardo nero e profondo. Ci brillava una malizia che
mi scatenava la curiosità. Mai interessato a una schiava, prima. Ne chiesi il
nome a un compagno fidato. Formulai nella mente cento domande alle quali lei
non poteva rispondere. Fantasticai sulle sue origini. Era forse figlia di un
re? Di un generale sconfitto? La Siria com’era? E cominciai ad allargare la
visione sul collo, le spalle, i seni, i fianchi… Come ampliare la visione sul
mondo. Volevo sentirne la voce, ma nessuna schiava poteva parlare al semidio.
Un giorno che le passavo vicino le nostre mani ebbero un contatto segreto della
durata di un soffio. Bastò per farmi eiaculare più tardi, in un anfratto delle
mura.
Il giorno successivo percorrevo un
corridoio. Solo l’eco dei passi. Sospiri di spettri, si dice. Non c’era
nessuno, tutti nel cortile d’onore per una parata. Io non ero gradito. Ma lei
lo aveva immaginato. Era venuta in cerca di me. La vedo avvicinarsi come se
volasse, così leggera. Ecco, siamo faccia a faccia. Seri, ci fissiamo come se
ognuno dei due fosse a colloquio con il soprannaturale.
Il cuore mi batteva forte e veloce. La sua
mano mi afferrò il polso, mi trascinò via. In una piccola stanza dove si
tenevano le cose necessarie per i lavori quotidiani.