mercoledì 31 ottobre 2012

DEATH WATCH 1


Ecco, abbiamo cominciato. In modo semplice. Il primo passo è stato addirittura tradizionale: un protagonista e due comprimari; una lettura sofferta; tocchi di realismo sulla scena. Immediatamente è scattato in me il rifiuto. Attorno al protagonista si possono mettere alter-ego, emblemi (la società, i carcerieri, la giustizia…), ma questo è il teatro a tavolino, pensato dai registi cervellotici che tanto piacciono ai critici e tanto sono applauditi dal pubblico che ammicca compiaciuto alla loro genialità intelligente. Ho analizzato i vari elementi più con la pancia che con la testa. Questo è teatro Panico, no?
Nessun protagonista e tre protagonisti. Identici. Tre corpi arancioni e tre voci che si specchiano e si fronteggiano, un monologo che diventa specchio di sé stesso, tre immagini di un’unica realtà conflittuale e complessa. In fondo, i deliri interiori di un condannato a morte chi li ascolta? Solo lui, spezzato in più parti dal terrore, dai ricordi, dalla confusione…
La recitazione alla Stanislavski non fa per noi. Anzitutto, con sincerità, non ne abbiamo i mezzi. I ragazzi del Teatro dei Passeri non sono attori formati da una scuola. Sono apprendisti sul campo. Ma soprattutto penso che televisione e cinema si siano appropriati di una recitazione mimetica, aderenti alla realtà più che la realtà stessa, fotografica in alta definizione. Ci basta un serial americano per apprezzare il realismo della fiction e l’approfondimento psicologico dei personaggi. Ma non c’è solo la psicologia a fare un personaggio!
E c’è un altro realismo, più profondo e sottile.
Il nostro teatro è per gran parte fondato su personaggi di vita quotidiana. La loro grandezza letteraria svanisce quando li isoliamo dal loro ambiente e li scaraventiamo al centro virtuale dell’universo. Là, circondati da nebulose e misteri troppo grandi per appartenere all’umanità, in un silenzio musicale che stordisce, in una tenebra di luce, si svela tutta la loro piccolezza: risultano incongruenti.
Vorrei andare al di là della psicologia e utilizzare la parola non per un effetto catartico, ma per trasferire il pubblico da una sala di attenzione passiva (non siamo cinema, non siamo televisione, soprattutto non siamo noia) a uno spazio di stupore e spiazzamento, di ritmo e silenzio, di significati arcani sepolti in fondo alla storia. Vorrei più mito, nella quotidianità.
Pensando a Pan. Zoccoli duri, corpo deforme, musica alienante, forza e passione, natura e la presunzione del divino.
Semplice. Tracciamo sul pavimento il contorno di tre celle affiancate, di msura ridotta per dare il senso di claustrofobia. Nelle celle, niente. Sul davanti, due sbarre verticali daranno l’idea della prigione.
Si riparte. La voce non cerca di esprimere rabbia, dolore, paura… il corpo non si adegua alla voce e al significato del narrato. La voce è ritmo, musica, coro, verso di animale, suono spaziale… e il corpo è quello di una cosa, di un animale, del niente.
Si comincia così, cercando ciò che non siamo sicuri di trovare. Un modo di fare teatro che sia nostro, e che ci liberi dalle convenzioni e dalle sale di pubblico bendisposto, ma abitudinario. Il pubblico formato da gente che dice: mi piace (e lo dice perché il prodotto rientra nel catalogo mentale di studi superiori e di conversazioni da salotto) o non mi piace (in tono ghigliottinesco, come se l’arte non fosse l’artista a farla, ma l’applauso).
Nella seconda prova tasteremo il polso alla musica. Musica di chitarra, musica di computer, e musica di suoni isolati e di rumori.
I passeri volano bassi, ma sono liberi.
Volando bassi, conoscono sia il cielo sia la terra.

lunedì 29 ottobre 2012

HALLOWEEN in Biblioteca e in Museo

Domani alle ore 17.00, in Biblioteca, tra le altre iniziative, un laboratorio di teatro con bambini dai 7 ai 10 anni, intitolato: "Gli Orrendi in scena". Ci saranno dai 15 ai 20 bambini ai quali proporrò interpretazioni e letture dalla serie degli Orrendi, con musiche spaventose, giochi ed esercizi che li introducano al linguaggio teatrale: voce, corpo, spazio, partner.
Essendo più piccoli di quelli del laboratorio che ho già tenuto a Cagliari per "Tuttestorie", introduco delle filastrocche con le quali giocare con la voce e la mimica, per solisti e cori, con voce lenta, veloce, scandita, modificata, cantante... Eccole.

Siamo i mostri di Halloween
versa il sangue nel bicchiere
poi fa il brindisi cin cin
tutto il sangue devi bere.

Con la faccia spaventosa
nella notte tenebrosa
con un ghigno sulla faccia
mangio tutta la focaccia.

Sono il fantasma Violino
voglio acchiapparti bambino
vieni con me all’altro mondo
giù nell’abisso là in fondo.
Stammi lontano Violino
bada che sono un bambino
se tu mi vuoi spaventare
io ti faccio scappare.

Sono brutto, sono sporco,
faccio schifo, sono un orco,
la mia dieta è di bambini,
mangio quelli piccolini.

Tu mi dici: come puzzi!
Eh, per forza, sono morto!
Ma sta’ attento a farmi torto:
i canini sono aguzzi.

Sono il mostro Frankenstein,
son cucito e imbullonato,
quando sono spaventato
urlo: cai cai cai cain!

Notte di orrore e paura
vedo un’orrenda creatura
cerca qualcuno gemendo
scappa qualcuno piangendo.
Va’ via, creatura mostruosa,
va’ via, bestiaccia rognosa,
va’ via, bruttissimo mostro,
e chiudi i tuoi occhi d’inchiostro.
Notte tremenda
cupa leggenda
streghe e vampiri
urla e sospiri.
Chi bussa alla mia porta?
Chi sei, creatura morta?
Sono il lupo mannaro.
E allora io ti sparo.
Ehi, bambina che dormi, non svegliarti.
Ci sono mostri da tutte le parti.
Bussano forte di notte alla porta.
Vogliono entrare e dopo tu sei morta.
Passa la notte,
viene il mattino,
i mostri a frotte
dentro il camino.

sabato 27 ottobre 2012

UN LIBRO, UN AUTORE: scrittura scritta e letta



Quando capita un’occasione come questa, si è costretti a rivedere la scrittura per adattarla al nuovo utilizzo. La scrittura su pagina risulta diversa da quella su leggio. Il suono della voce rimarca dissonanze e cacofonie che la forma grafica, più visiva che uditiva, mascherava. I tempi dell’occhio sono diversi da quelli dell’orecchio. Una pausa grafica può diventare un abisso di silenzio, una monotonia descrittiva la palude in cui s’impantana l’attenzione del pubblico. Se poi a leggere non sono attori con voce e tecnica raffinate dall’esercizio… Allo scrittore il proprio libro sembra un disastro, soprattutto se lo scrittore in questione ha competenze di teatro. Prima di pubblicare un libro, si fanno diverse riscritture. Se si è accorti, lo si fa leggere anche da una persona amica e preparata. Poi interviene l’editor con le sue verifiche e le sue osservazioni. Insomma, momenti di correzione e di affinamento non mancano.
A libro pubblicato, si provi però a metterlo in scena o solo a leggerlo a voce alta. Ecco che quanto pareva fluido e scorrevole si fa più ciottoloso, e il ritmo di una pagina assume cadenze sonnacchiose o zoppicanti.
Anche in questa occasione, mi sono detto: ahi ahi ahi, il libro non era finito. E mi si forma in mente la bella galleria delle citazioni da cioccolatino, dei brani antologici scelti e confezionati con cura, delle strutture tirate con il compasso e il righello, di architettura rinascimentale, tanto sono calibrate. Mi prende lo sconforto? Sì, ma è il solito. Lo sconforto di non poter raggiungere la perfezione nella consapevolezza che non esiste e che se esiste è taroccata. Sconforto che, alla fin dei conti, è solo fatica di fare imparando, e di perfezionarsi senza mete da raggiungere.
In conclusione, mi dico, io non scrivo per incartare un cioccolatino. Scrivo per fare quella cosa misteriosa che si chiama letteratura, che non è suddita del best-sellerismo o del cinema, e nemmeno dei salotti o degli editori miliardari, e tantomeno dei critici mercenari e dei lettori saccenti.
La letteratura è libera.
Libera di costruirsi nella fatica quotidiana, per prove ed errori, attraverso sogni incompleti e utopie esaltanti, lungimirante sul mondo e cieca su sé stessa, umile nella propria animosità, orgogliosa della propria autenticità.
Perdonate, perciò, tutto quanto vi è di imperfetto in una scrittura: non fa che rispecchiare la vita.

UN LIBRO, UN AUTORE: 9 novembre 2012

La locandina e il programma di sala. Una serata varia e, mi auguro, piacevole per tutti. Dopo il saluto del presidente della biblioteca Alessandro Valli, Sergio Plevani mi aiuta a presentare i diversi performer e a commentare le letture e quindi il libro: la trama, i personaggi, le tematiche. Alcuni dei ragazzi del Teatro dei Passeri e le quattro signore del Comitato organizzativo (che nel romanzo sono le Cariti), leggono alcuni passi. I jazzisti Paolo Fabbri e Stefano Bobbio interpretano cinque brani. Quindi, la signora Margherita Gelmini presenta i propri vini (Chimera, Felicita...) le cui etichette, guarda caso, si ispirano a letteratura e mitologia e sono realizzate da un pittore e un grafico. Serata d'arte anche nella parte conviviale. Il ristorante Gaia ci consente di degustare i vini con una golosa scelta di stuzzichini.
Sarà presente la libreria "Girapagina" di Oleggio di Catia e Mara Padrin, piazza Martiri 2.
Ringrazio tutti. Fa piacere scoprire che intorno a un libro si prendono per mano Euterpe, Calliope e Bacco, in una sinergia di persone sensibili.

venerdì 26 ottobre 2012

PASSEROTTI: il ghiaccio è rotto.

Sette bambini di quarta e due di quinta: Andrea, Giovanni, Eleonora, Amanda, Giada, Giada, Lorenzo, Luca, Michela. Il giovedì pomeriggio dalle 16.20 alle 18.20. Scenografia: una porta e una catasta di sedie. Testo: ancora non esiste, c'è solo l'idea iniziale che darà il via alle improvvisazioni. Ma c'è il titolo: DIETRO LA PORTA. Musiche: soprattutto effetti sonori. Le prime due lezioni sono aperte, durante la prima facciamo soprattutto giochi. Le presentazioni reali e fantastiche ci presentano già ostacoli da superare: le posizioni del corpo, la forza e l'efficacia della voce, la relazione con il pubblico, l'improvvisazione, l'immaginazione. Con un esercizio (che sarà adottato come riscaldamento a ogni inizio lezione) in dieci azioni affrontiamo spazio, voce, partner, espressione e illusione. I passerotti si divertono, alla fine sono sudati ed entusiasti. Ieri, seconda lezione, esercizi sull'attenzione, sulla concentrazione e sulla memorizzazione. Poi, cominciamo.

La filastrocca iniziale viene recitata-cantata, con alternanze di cori e voce solista. Le istruzioni sono semplici: "Siete stati portati dai genitori in una stanza con una catasta di sedie. C'è una porta. Sarete chiamati individualmente da qualcuno non sapete per che cosa. Tra di voi non vi conoscete."
Il compito più arduo, per loro, è definire il personaggio che interpreteranno. Giada M.: "Intelligente, curiosa, esploratrice, coraggiosa, saputella." Giada C. sarà ambiziosa, vuole diventare famosa. Amanda mi propone uno stile dark: tutta vestita di nero, è pessimista e un poco scontrosa. Gli altri ci stanno pensando. Naturalmente, ognuno si vede interpretare un eroe, un tipo simpatico e gradevole. Li faccio riflettere sui lati "negativi" che ogni persona possiede. Spiego che nell'evolversi della storia dovranno magari affrontare insuccessi o brutte figure, insicurezze e crisi emotive. La solidarietà, la consapevolezza di poter contare sulla forza del gruppo porteranno a conoscersi meglio e a sentirsi più "cresciuti".

Li stimolo a improvvisare, guidandoli. Hanno immaginazione, ma è l'immaginazione fuori controllo e non finalizzata e soprattutto non supportata da un'esperienza di vita. Devono accettare il fatto che non tutte le loro idee sono buone e coerenti e comunque sono di incentivo e suggerimento per gli altri. Si procede in modo spedito, si montano i primi minuti della messa in scena. Sono soddisfatto e loro più soddisfatti di me. Si specchiano in un prodotto che ha senso e che piace. Si specchiano nel teatro e pur essendo stanchi andrebbero avanti e avanti. Ma arrivano le mamme: a giovedì! Che cosa succederà dietro la porta? Dinosauri, sirene, risate, musiche, urla...

Entrano con espressione neutra. Immobili in piedi rivolti in tutte le direzioni.

C’era una volta la porta
di questa favola corta.
Chiusa la porta, fermo il cammino,
dove credi di andare, bambino?
Vado lontano, questo risponde,
dove sul mare brillan le onde.
Dietro la porta un mistero:
sarà falso ciò che è vero?
Attento, bambino che vai lontano,
chiedi a qualcuno di darti la mano.
Apro la porta e vado da solo,
un passo, un altro e poi spicco il volo.
La porta s’è aperta e richiusa,
la storia qui sembra conclusa.
Ma un altro bambino arriva gridando:
apriti, porta, son io che comando!

Lorenzo prende una sedia dal mucchio. Gli altri lo imitano, a semicerchio. Luca con videogioco.
GIADA M        La smetti, per favore?
LUCA               Perché dovrei?
GIADA M        Mi dai fastidio.
GIOVANNI     (ridendo, gli si siede vicino) A me no.
AMANDA        A me sì. Già che sono dovuta venire qua, non voglio innervosirmi di più.
ANDREA         È stata la mamma a farmi venire. Io non volevo. Ma lei mi obbliga. Se non obbedisco, sono guai. Per farmi studiare, mi chiude a chiave in camera.
GIADA C         Se continuate a parlare, non sento quando mi chiamano.
MICHELA       Io me ne vado.
LORENZO       Non puoi.
MICHELA       Me ne vado lo stesso.
LORENZO       Non si può. Se ci hanno detto di venire qui, ci sarà un motivo. Dobbiamo aspettare che ci chiamino uno alla volta. Non possiamo fare come vogliamo.
Seguono con gli occhi Michela che esce. Torna.
ANDREA         Perché sei tornata?
MICHELA       La porta è chiusa.
LUCA               La porta chiusa! Figurati se ci hanno chiusi dentro a chiave! Non sei stata capace di aprirla. Adesso ci penso io.
Va e torna.
LUCA               La porta è chiusa.
Tutti corrono di là, tornano lenti e preoccupati.
LUCA               Se una porta è chiusa, rimane l’altra, no? Apro quella porta.
Tocca la maniglia e si sentono urla di mostro.

Dietro la porta c’è un mostro
gli occhi di fuoco e d’inchiostro
tocca la porta e lo senti
ulula rabbia e tormenti.

mercoledì 10 ottobre 2012

LA CITTA' DEI BAMBINI PIRATI

Il primo incontro con la classe Quinta Elementare Verjus è stato felice. I bambini partecipano con passione e disciplina. Lunedì seconda prova. La storia: i genitori si allontano per una settimana (un corso ministeriale di aggiornamento pedagogico!) e i bambini devono arrangiarsi da soli. Superata l'ansia iniziale, si rendono conto di essere diventati i padroni della città. Cinema sale giochi pizzerie... vengono presi d'assalto. Chi propone la biblioteca o un'attività tranquilla, gli scacchi, non è preso in considerazione. Si formano tre bande di "pirati" che imperversano lasciando ovunque rifiuti e rottami. Un gruppo di bambine si mostra più responsabile e traccia una linea di confine per preservare il proprio territorio. 

                           Con i maschi non c’è pace,
                            fanno quello che gli piace.
                            Non si può mai ragionare,
                            voglion solo comandare.
                            Si ribellano alle leggi,
                            sono esperti di maneggi.
                            Ribelliamoci ai ribelli
                            con la forza dei cervelli.
                            Dimostriamo che le donne
                            son pilastri, son colonne.
Siamo ardite condottiere,
riprendiamoci il potere!


I pirati non lo accettano e scoppia la guerra. Il ferimento di una delle bambine riporta tutti alla realtà: la città è ridotta male. Manca solo un giorno al ritorno dei genitori, ma i bambini uniscono le forze per accoglierli in una città rivisitata con la loro immaginazione: più verde, più sicurezza, più colore. 

Alla realizzazione delle scene, affidate a Gianna Cannaos, collabora Antonio Di Bari, scenografo. Ecco il suo progetto. Il fondale, il paravento e il monumento si ispirano alla pittura di Giorgio De Chirico.

Lo spettacolo è organizzato con il patrocinio della Biblioteca e come l'anno scorso per "Il Mangialibri" offre lo spunto per un'attività sui libri. Il libro come oggetto da utilizzare per un'installazione artistica. Il bambino espone la propria idea, si realizza l'installazione e la si fotografa. Mostra nell'atrio del teatro e poi in biblioteca.



TUTTESTORIE BOOM


Tuttestorie. Boom! Parto: passerà il bagaglio a mano un poco abbondante? E i liquidi nel sacchetto da congelatore? E io, io passerò? Supero i controlli, volo. Aeroporto Elmas Cagliari, l’auto per Isili. La sua storia: il Maraté museo arte rame e tessuto, il nuraghe Is Paras, i tappeti e gli arazzi di Daniela Ghiani, i bambini che leggono gli Orrendi, i bambini che scrivono in sardo:

In d’unu cungiau, in Pardu,
nd’apu bogau unu fundu de cardu.
Torrau a domu, babu m’at donau
una carda
e in pag’ora m’at fatu arrùbia che
una pilarda. (Giulia)

Alessio mi porta in auto a Cagliari, Exmà, laboratorio di teatro: dieci azioni per legare insieme lo spazio il corpo la voce le relazioni con i partner e il pubblico, poi interpretiamo gli Orrendi su narrazione e lettura di battute. Colori palloncini classi di alunni con la medesima maglietta colori mamme carrozzine sul palcoscenico un duo comico musica musica bambini che ballano bibite panini bambini che comprano libri maestre che ridono  scrittori poeti avventure tonti magnifici e tontologie pink invasion autografi fotografie bambini libri libri concerti disegni bambini che non vorrebbero più andare via.

In treno da Cagliari a Sassari, leggo “American Gods” di Gaiman. La zia a Porto Torres, i cugini: abbracci, baci. Due ore di passeggiata a Sassari con Emanuela Stangoni di letteratura-per-ragazzi.it. Pomeriggio al mare, località Unia. Alghero Fertilia, l’aereo in orario, un’ora e sono a Milano Malpensa.
Tuttestorie, altre storie. Tutto è storia. Ogni bella storia è tutto. Grazie, Tuttestorie. Magnifiche storie tonte. Abbiamo bisogno anche noi di capello bianco di inventarci il mondo con domande coraggiose e risposte audaci. Bambini che non vorrebbero più andare via e scrittori idem. Le storie sono una tana calda.
















martedì 2 ottobre 2012

TUTTESTORIE: CAGLIARI E ISILI

Domani mattina aereo per Cagliari. Giovedì incontro gli alunni della scuola elementare e media di Isili. Venerdì e sabato a Cagliari: incontri con i lettori, due laboratori di teatro incentrati sulla messa in scena di pagine degli ORRENDI PER SEMPRE e un laboratorio di filastrocche condotto con l'amico Nicola Cinquetti. Domenica mattina prendo il treno per Sassari, incontro Emanuela Stangoni di letteratura-per-ragazzi.it e rivedo con grande piacere i parenti che ho a Porto Torres: mia zia Bruna, i miei cugini Nadia e Roberto... Martedì torno a casa.

Ideato e organizzato dalle libraie di Tuttestorie, Cristina Fiori, Manuela Fiori e Claudia Urgu, in collaborazione con Bruno Tognolini, Vittoria Negro e i bibliotecari dei comuni coinvolti, il festival è presieduto dallo scrittore David Grossman.




Dal 4 al 7 ottobre approda a Cagliari la settima edizione del festival Tuttestorie, la rassegna che ogni anno porta nella città la letteratura per ragazzi. Tema centrale sarà l'incomprensibile, racconti, visioni e libri per tonti magnifici. Un modo per portare al centro dell'attenzione tutti quei meccanismi linguistici e non solo che rendono di difficile comprensione un argomento o un libro senza che ce ne sia la reale necessità. E il festival Tuttestorie quest'anno, memore dell'incomprensibile che ha attraversato i secoli con il latinorum, il greco per medici specialisti, l'inglese tecnico che prende sopravvento nella quotidianità, camminerà per le vie dell'incomprensibile con passo spavaldo da Tonti Magnifici e inviterà il suo pubblico a lasciar fuori "la sterile bigia boria degli Intelligenti". Insomma una festa per tutti quei Tonti Magnifici, che non fingono di aver capito tutto ma serbano in sé, in diversi gradi e modi, quell'incomprensione priva di sgomento. L'idiota, l'agnello, lo scemo di Dio; Pinocchio citrullo, Donal DuckForrest Gump; il Signor Veneranda, Gurdulù...
Molti gli ospiti presenti: gli scrittori Marie-Aude MurailAnnabel Pitcher, Aquilino, Irène Cohen-Janca, CeciJenkinsonPerrine Ledan, Giovanna Zoboli, Alessandro Gatti, Fabrizio Silei e Alberto Melis, la parlamentare europea Rita Borsellino, il giornalista Marino Sinibaldi, il poeta Giuliano Scabia, gli illustratori Alessandro Sanna, Simone Frasca, Madalena Matoso, Lotte Braüning e Pia Valentinis, il musicista Paolo Fresu, i performer Elisa Fontana, Ljud Company e Takla, la cantautrice Rossella Faa.
Inoltre un'altra novità animerà la settima edizione: il Babbo Parking (spazio dedicato agli over 18) si rinnova e "intontisce magnificamente", con un programma di incontri, laboratori, performance, game-conference per adulti che hanno voglia di giocare e scoprire i bei libri per ragazzi. E' un invito a partecipare, anche senza l'alibi di dover accompagnare un bambino, con lo sguardo curioso e lieve di chi accoglie l'Incomprensibile senza fingere  di aver capito tutto.
Un appuntamento imperdibile per piccini e grandi.


www.tuttestorie.it

Dalla presentazione di Bruno Tognolini:

’Incomprensibile nel dolore
Dice un personaggio di Bufalino: “Ho corso a capofitto attraverso la vita senza capirci niente”. Dolore è incomprensione di sé medesimi, quando l’autonarrazione si frantuma e nessuna cosa del proprio mondo pare più collegarsi a nessun’altra. È incomprensione di chi ci sta accanto: “sono incompreso”, dice l’adolescente; “non lo capisco più”, dice sua madre. È incomprensione degli stranieri, dei loro gesti, dei loro gusti, è il disagio doloroso che ne segue, che non sappiamo governare e bruciamo in rabbia e rifiuto. È incomprensione di certi bambini che a scuola appaiono distratti, iperattivi, e che sotto la pena degli esclusi celano talvolta intelligenze divergenti, destini da “geni incompresi”. E infine ecco l’Incomprensibile estremo, che dal dolore trascorre nell’orrore: l’inumano, l’abominio, qualcosa di tanto lontano da noi che possiamo solo chiudere gli occhi per non vederlo. E collocarlo nello spazio stellare degli alieni, negli abissi d’acciaio dei robot, mentre spesso è vicino a noi.