venerdì 29 marzo 2013

IL MANGIALIBRI concorso


Dopo gli incontri con le classi durante i quali abbiamo parlato di libri e lettura, scrittura e case editrici, ecco il concorso. Gli obiettivi sono di incentivare la lettura e la scrittura. Non di solo sport, musica e danza vive il bambino.

martedì 26 marzo 2013

CORSO DI TEATRO, QUARTO INCONTRO




Tre letture di Mark Twain, Rodari e Guerra-Malerba. La voce che si fa gesto e movimento. La prima lettura concerne soprattutto i gesti (un uomo dal barbiere); la seconda i movimenti (un pic-nic); e la terza l’interpretazione vocale e gestuale di più personaggi realizzata dall’unico narratore.

Le tre letture ci servono da riscaldamento per i due brani “importanti” che propongo. Si tratta delle pagine iniziali di due recite scolastiche scaricate da internet. Cenerentola e Romeo e Giulietta. Scritte male, molto male. Purtroppo nelle scuole girano prodotti simili, carenti non solo dal punto di vista della correttezza e dell’efficacia linguistica, ma anche della competenza teatrale. Il modo di trattare i personaggi e le loro dinamiche rivela un dilettantismo doloroso, perché va a inquinare l’idea che gli alunni si fanno del teatro. Purtroppo in Italia il teatro nella scuola è spesso solo un’attività ludica che soddisfa le ambizioni dei docenti più che il bisogno dei ragazzi di imparare a esprimere e a esprimersi.

La proposta è questa: utilizzate tutto ciò che trovate nell’aula per impostare una regia. I corsisti si buttano sui sacchi di costumi, teli e stracci per inventarsi travestimenti improbabili che sono comunque d’effetto (mantelli e turbanti!). Il mio obiettivo è di dimostrare che il teatro non è fatto tanto da costumi (e scenografie, i due elementi più amati nelle scuole) quanto da recitazione e coreografia. Lavoriamo sulle relazioni tra gli interpreti, sull’occupazione ragionata ed espressiva dello spazio, sulla successione ordinata dei movimenti, sull’armonia generale… 

E come per magia ecco scaturire il teatro dove prima c’era confusione e movimento senza scopo. Lavoriamo sulle geometrie: tre interpreti un triangolo, due interpreti e un cerchio, linee vettoriali ora in una direzione ora nell’altra… Il “sistema” dei movimenti dà aria alla voce, l’aiuta a farsi ora più potente ora più controllata. Sulla scia degli spostamenti si possono impostare i gesti… Ma due ore passano in fretta. Martedì 8 aprile l’ultimo incontro: ai movimenti aggiungiamo musiche ed effetti sonori.

sabato 23 marzo 2013

PASSEROTTI 10


Lo spettacolo è pronto, rimane solo da perfezionare la memoria. Un problema per molti bambini, quello della memoria. La scuola, in questi ultimi anni, ha deciso che fa parte delle attività (memorizzazione, calcolo, ortografia, esposizione orale e scritta…) considerate obsolete. Grave errore. Perfezioniamo anche i movimenti, ma ora è tutto più semplice. I piccoli attori hanno sviluppato una maggiore consapevolezza del corpo nello spazio e dell’espressività della voce. Ora ci si capisce.
La partecipazione al “Franco Agostino Teatro Festival” di Oleggio è una buona occasione per affrontare il pubblico di un “teatro grande” e per confrontarsi con altri gruppi.
Manca quasi un’ora alla loro esibizione, ma c’è un improvviso cambio di scaletta e i Passerotti vengono sollecitati: sul palco, sul palco, tocca a voi! Bisogna correre. Devo piazzare la porta e le sedie, sistemare il tavolino con il computer e gli amplificatori… Inevitabile l’ansia. A sipario chiuso, sentiamo il presentatore annunciarci, ma noi non siamo pronti. Qualcuno scoppia a piangere. Mi chiamano. Che cosa posso fare? Sbattono bambini di nove anni sul palcoscenico senza tanti riguardi e le conseguenze sono inevitabili. Ma quando finalmente tutto è pronto, avviene il prodigio. Gli otto bambini entrano in scena con la sicurezza dei professionisti. Non un’incertezza. Non un errore. A testa alta, fieri e consapevoli di sé, recitano per quindici minuti senza una sbavatura e senza mai tradire il ritmo. La voce di qualcuno andrebbe rinforzata, qualche battuta rallentata… ma è un debutto difficile e se la cavano in modo egregio. Si meritano tutti gli applausi, e ne meriterebbero di più.
Il loro teatro è dignitoso, efficace, educativo. Su che cosa è fondato? Consapevolezza del corpo in uno spazio definito. Espressione di contenuti psichici mediante il gesto, la mimica e il movimento. Attenzione all’essenza del ritmo e della musica e ascolto non solo con l’orecchio, ma con tutto il corpo. Concentrazione non solo su di sé, ma sulle relazioni con i partner. Cooperazione. Autocontrollo e disciplina. Valorizzazione della frase e della parola. Immaginazione. Concentrazione sull’attività in corso. Gestione del rapporto con il pubblico...
Un teatro ordinato e bello da vedere, che non sia confuso, che non veda bambini inchiodati in una posizione a ripetere parole imparate a memoria senza capirne davvero il significato, un teatro vivo e mai noioso, un teatro che rispetti i bambini offrendo loro tematiche adeguate, un teatro che fa assolutamente a meno di volgarità e mezzucci televisivi.
Grazie, attori di “Dietro la porta”.

mercoledì 20 marzo 2013

IL TEATRO DEL MITO

Ho finito proprio adesso “Promaus”. Ora lo faccio riposare e tra qualche giorno lo rileggo, lo completo, lo perfeziono. Più lungo dei precedenti (37 cartelle), per tre attori come Cataus, ogni interprete tre ruoli, è diviso in tre parti (A, B, C), con tre scenari diversi: la casa delle torture di Mengle e Greta, la sede di Dio, la montagna dell’Aquila. Il protagonista è uno, ma con tre nomi diversi: Pi, Prom, Prometeo. Bambino, ragazzo, uomo. Gli altri personaggi sono, oltre a Mengle, Greta, Dio e l’Aquila, l’amante di Dio Crudelia e il Fuoco.
A prima vista, dà l’impressione di un’opera costruita a tavolino su uno schema prefissato, e fa temere un’esposizione ragionata e fredda. Non è così. L’opera nasce da un’intuizione e si sviluppa per proprio conto, secondo il mio metodo. Anche i personaggi si sono autodefiniti via via che la scrittura procedeva.
Scenografia: scatole e scatoloni (gli involucri delle libellule), molte di cartone, alcune di legno sulle quali si possa montare.
Prometeo, dunque. La storia è semplice. Allevato nella tortura da Mengle e Greta, Pi nasconde uno straziatoio e viene punito con la cacciata da casa. Conosce il mondo degli uomini, terribile. Viene accolto da Dio come figlio prediletto: Prom. L’amante divina, però, s’innamora di lui e viene inchiodata sulla roccia. Prometeo, insieme al Fuoco, vuole liberarla; e vuole liberare l’umanità dalla tirannia e donare dignità, pace, piacere e amore. Per liberare Crudelia, deve affrontare Dio; per giungere a lui, deve ripartire dalla casa del dolore.
Tre opere per definire un metodo. Si è così concluso il processo che vedeva uno spiraglio aperto nella prima dal quale si spiava il pubblico-piccioni; un accenno a personaggi esterni nella seconda; il consolidamento non solo della quarta parete, ma del luogo chiuso nella terza. Non c’è pubblico, non c’è luogo di teatro, c’è solo un luogo chiuso in cui si muovono tre attori senza ingressi né uscite, con semplici cambi di costume e con diversi ruoli. Non c’è nemmeno cambio di scenografia. C’è una dimensione altrove e spiata, un sogno, un mito.
Ecco, questo è il mio teatro.
Dalla casa dei gatti tutta tenebre e orrore, nella quale la speranza è una fuga senza meta, alla casa dell’arte; arte come capacità di mediare e di capire, di esprimere e di liberare; fino alla casa del dolore, dolore condiviso, che spinge al riscatto con la forza della passione, dell’amore, del piacere, dell’ideale, della verità. Dalla luce fioca della prima opera, attraverso le finestre chiuse e poi spalancate e la visione del mare della seconda, al Fuoco che accompagna Prometeo nella sua impresa folle e nobile.
“Cataus. La casa dei gatti”, “Artaus. La casa dell’arte”, “Promaus. La casa del dolore.”
Se qualcuno sentisse la curiosità di leggere qualcosa, me lo scriva, con la richiesta però di mandarmi poi un commento anche brevissimo. Il luogo chiuso si apre alla comunicazione.

domenica 17 marzo 2013

ULTIMI LIBRI LETTI


Di Alan Bennet: “La cerimonia del massaggio” (al funerale di un massaggiatore-escort si ritrovano con stupore e imbarazzo rappresentanti del mondo dello spettacolo, degli affari e della politica, nonché del clero), “La pazzia di re Giorgio” (mano leggera verso un re che è comunque un re inglese), “La sovrana lettrice” (da leggere, una commedia intelligente che scorre via con la freschezza di un torrente).
Per Olov Enquist, a differenza di Bennet, non usa la mano leggera per raccontarci in un libro straordinario la follia di Cristiano VII di Danimarca. “Il medico di corte”, una metafora del potere. Non c’è Illuminismo che possa illuminarlo. Da leggere.
Giuseppe Pederiali, “La vergine napoletana”, piacevole lettura, coinvolge, forse un poco lungo.
Concetta D’Angeli, “Forme della drammaturgia”. Non sono molti i testi sulla scrittura drammaturgica e questo è ricco di stimoli, davvero prezioso. “È appunto all’oggettività del testo drammatico… che Lukàcs imputa lo spazio vuoto che viene a crearsi nel rapporto interumano drammatico, mai colmato dall’intervento soggettivo dell’autore; ed è ancora a tale oggettività  che attribuisce l’impressione di irrigidimento e in sostanza di freddezza che un’opera di teatro comunica soprattutto nella lettura privata, al di qua della messinscena”. Ah, Lukàcs! Freddezza!
Mara Fazio, “Regie teatrali”, un buon manuale per un quadro d’insieme dalla fine del Settecento.
Roberto Tessari, “Teatro e avanguardie storiche”, chiaro e semplice. “Nikolaj Evreinov… lega ogni messinscena alla crudeltà primordiale delle più svariate sorti di esecuzioni pubbliche”. Il teatro nasce all’ombra del patibolo.
Roberto Tessari, “Teatro italiano del Novecento”, molto interessante. “In quegli anni (1922-27) la crisi dello spettacolo si stava risolvendo a tutto vantaggio delle nuove forme di intrattenimento, quali lo sport e soprattutto il cinema” e poi arriveranno la televisionem e internet. Povero teatro!
Giorgio Taffon, “Maestri drammaturghi nel teatro italiano del ‘900”, ricco di informazioni. Pirandello: “L’imprinting meta teatrale; la teatralizzazione della vita; lo sdoppiamento dei personaggi in attori e istrioni di se stessi di fronte agli altri: questi sono fra gli elementi costituenti la struttura portante delle sue opere teatrali, coi quali far coincidere invenzione tecnica, stile compositivo, e tematiche dell’immaginario, processi mitopoietici.”
Tonino Conte, “Le parole del teatro”, ricordi, testimonianze, schede, dizionario di termini teatrali.
Alfio Petrini, “Teatro totale”, non di solo testo…, Artaud e il dire dal fare, una scena da percepire con tutti i sensi. Un teatro non rassicurante:”La bellezza sta nella irriducibilità del conflitto”. Una drammaturgia a-sistemica: “…il legame tra sapere e non-sapere rispetto all’atto della creazione artistica, e contiene un invito pressante alla instabilità emotiva, all’incoerenza, alla irrazionalità, alla fluidità, alla mobilità continua, alla non consequenzialità della navigazione. Tale fenomeno sancisce l’importanza della dispersione come forma di destabilizzazione, come elemento essenziale per superare l’incerto destino e i possibili naufragi della scrittura drammaturgica. La dispersione è una ricchezza, una riserva di potenzialità nascoste, una fonte inesauribile di sorprese, che favorisce soluzioni rapide, semina mistero e fascino, lancia segnali, accende immagini e produce rivelazioni inattese. Del resto, solo chi si perde è in grado di ritrovarsi”. Grande Petrini.
Annamaria Cascetta e Laura Peja, “Ingresso a teatro”, guida all’analisi della drammaturgia, poderoso manuale universitario.
Jan Kott, “Divorare gli dei”, un’interpretazione originale  e stimolante della tragedia greca. “Nell’immaginazione dei greci… il rapporto con dio è sempre fisico. Per unirsi a dio, bisogna per prima cosa essere un animale.”

 Stephen Hawking, La grande storia del tempo. Guida ai misteri del cosmo”. “La meccanica quantistica introduce quindi nella scienza un inevitabile elemento di impredicibilità o casualità.”

martedì 12 marzo 2013

CORSO DI TEATRO, TERZO INCONTRO



Terzo incontro del corso di teatro. Di nuovo “La capra” di Saba sul leggio. Cominciamo con il prendere visione dei video amatoriali pubblicati su Youtube. Musica classica (prevale Mozart), voce monotona che si sforza di esprimere non si sa che cosa. Sono letture abbastanza stereotipate: il teatro è bella voce, ammiccamento, mimesi, dizione… e tanta noia. Propongo tre letture diverse.
La lettura spaziale. Leggo il primo verso con la testa inclinata in basso a sinistra, come se dicessi qualcosa a me stesso. Poi mi rivolgo al gruppo accelerando e con un’unica pausa prima di “belava”. Proseguo alzando tono e intensità e rivolgendomi a una folla posta dietro i presenti, addirittura l’umanità; afferro il foglio e muovo alcuni passi laterali. Riporto l’attenzione sul gruppo e chiudo stringendo su me stesso.
La lettura ritmica. Utilizzo le musiche di Lorenzo che costituiscono la colonna sonora di “Death watch”. Sono composizioni al computer e la differenza con Mozart o Vivaldi si fa subito sentire. Leggere la poesia in sintonia con questa ritmica sembra impossibile e ci sono esitazioni. Ma poi i corsisti si fanno coraggio e sperimentano con risultati eccellenti. Si scoprono nuovi ambiti di vocalità e di espressività.
La lettura situazionale. Il lettore agisce non come sé stesso “declamante”, ma come personaggio inserito in una situazione. Per esempio, legge “La capra” come testimone di un incidente stradale; o come relatore di una scoperta sensazionale; o come spettatore di una corsa automobilistica.

L’attività successiva concerne un lavoro in coppia. La storia di Biancaneve (i testi sono tratti da siti Internet di materiali per le scuole). Uno legge, l’altro mima. La scena comprende un fondale e un cubo di legno. All’inizio ci si concentra solo sulla lettura e sui gesti, poi invito ad approfondire sempre più le possibilità espressive:
-          Il lettore è anche il creatore della figura virtuale che mima l’azione
-          Il mimo ignora il lettore, ma il lettore si rapporta al mimo con empatia
-          Il lettore non solo narra, ma esprime giudizi morali sul mimo
-          La musica (Chopin e Enya) crea una sfera che protegge dai disturbi esterni e supporta la partecipazione emotiva
-          Si rilevano punti caldi che vanno enfatizzati con cambi di registro (dal narrativo al drammatico)
-          Si sottolineano le pause
-          Si costruiscono le simmetrie di movimento…
Insomma, dalla lettura ci si spinge verso una lettura drammatizzata che profuma già di teatro. 

sabato 9 marzo 2013

LA SCHEDA DI DEATH WATCH

La scheda dello spettacolo "Death watch". Se interessa, contattateci.




“Death watch. Pane e lacrime” di Tecneke – maggio 2013 


“Death watch. Pane e lacrime” è un monologo di Aquilino vincitore del Premio Lago Gerundo e pubblicato da Lampi di Stampa. Zaccheo, incarcerato innocente, diventa omicida in carcere per difendere la propria dignità di uomo libero. Condannato a morte.
Un monologo per tre attori. Anzi, per quattro. Una presenza femminile neutra, che osserva e ripete parole: la madre evocata da Zaccheo e lo specchio del pubblico. Anche i due musicisti fanno parte del dramma. Tutti sono Zaccheo, il protagonista.
Tre voci presentano l’ambiente, un loculo sotterraneo nel quale si convive e si sopravvive tra guardie, guerrieri di cella e insetti. Tre voci raccontano  le relazioni difficili e sofferte con i vicini di cella, con il sistema carcerario e con sé stessi. La psicosi è in agguato, l’obesità anche, e pure la perdita della pietà.
Zaccheo, però, è un “uomo da poco”. Non si sa difendere dai violenti, ma si sa opporre, con la propria umanità, alla spersonalizzazione del carcere. Viene incaricato di cucinare i pasti per i condannati a morte. Egli non solo li prepara con cura, ma ci versa le proprie lacrime.
Quando gli propongono l’ergastolo come alternativa, egli rifiuta. Non può trascorrere tutta la vita sul Pianeta Vendetta, come chiama il sistema della giustizia. Sceglie di morire, ma a una condizione. Che gli lascino cuocere il pane. Un pane senza lacrime: non ne ha più. Lo spezza, lo offre a chi è venuto ad assistere all’esecuzione.

La regia divide in due parti il monologo. Nella prima il ritmo è sincopato, i movimenti più convulsi, la recitazione si muove tra registri diversi. Nella seconda parte, quasi un preludio alla serenità d’animo di Zaccheo che sta per affrontare il silenzio della morte, il respiro più ampio e pacato manifesta l’accettazione dignitosa di un destino ingiusto. Zaccheo non si sente solo. Lo sguardo interiore prende coscienza di quanta ingiustizia c’è al mondo. Non esprime odio, rancore e ribellione. Le sue parole sono un atto d’accusa consapevole e composto, ma implacabile.
Tre interpreti per un solo personaggio, tre celle appena accennate su un tappeto di pvc nero. Alle sue estremità i musicisti e un leggio. Dietro, una sedia che a metà rappresentazione ospita la madre. Il suo sguardo impassibile e nitido sottolinea la ferocia del trattamento subito dal figlio.
I tre interpreti non hanno come referente il pubblico, al quale volgono anche le spalle come se non esistesse. Essi dialogano tra di loro e si rivolgono ai musicisti e alla madre. Vivono in un luogo chiuso da barriere architettoniche, psicologiche e morali.  Non recitano una parte, la vivono per conto proprio, consci che l’aiuto, più che dall’esterno, può venire da loro stessi.
Luce bianca, senza effetti particolari, senza nemmeno cambiamenti.
Corpi in tuta arancione, musiche al computer contrapposte o armonizzate con la chitarra, voci di adolescenti e nient’altro.

INTERPRETI: Nicola Crippa, Gilberto Gerundini, Giovanni Gerundini (Zaccheo); Lorenzo Crippa e Carlo Fanchini (musica); Alba Galbusera (madre); ottimizzazione movimenti di Monica Ergotti.
SCENOGRAFIA: tappeto di pvc 420X210.
MUSICA: computer, chitarra classica, bongo.
LUCI: due piantane con due fari da 500 watt o luce bianca in sito.
PALCO: uno spazio di almeno 5 metri per 3.
DURATA: un’ora.

TECNEKE: ass. culturale Arci, Via Repubblica 50, 28047 Oleggio (NO), TEL 0321992140, 3470422513 -  C.F. 94069750035.

venerdì 8 marzo 2013

PROPOSTA PER REPLICHE


Il Comitato Genitori, in collaborazione con l’I.C. Verjus di Oleggio, presenta “DIETRO LA PORTA”, spettacolo con i bambini del Corso di Teatro organizzato nella scuola.


Gli otto interpreti: Andrea Boraso e Giovanni Canone (classe Quinta); Michela Aldera, Lorenzo Bedale, Giada Campesan, Luca Caramori, Giada Magnaghi e Amanda Picone (classe Quarta).

Testo e regia di Aquilino.

“Dietro la porta” è uno spettacolo costruito sugli effetti sonori.  
Lo spunto per la drammaturgia è offerto da una situazione: otto bambini di nove-dieci anni sono stati convocati in una stanza non si sa per quale motivo. Essi non si conoscono e sono diversi l’uno dall’altro (l’assillato dalla madre, il calciatore, il tipo clownesco, la bulla, l’aspirante star, l’appassionato di fantasy, la saputella, la dark). Scoprono di essere stati chiusi a chiave dentro la stanza e quando tentano di aprire la porta di fronte a loro… si sente il verso terrificante di Godzilla.
Ha inizio una vicenda fatta di attese, paure, giochi, dispetti, sconforti, invenzioni… Ogni azione è stimolata da un effetto sonoro: tic tac, gocciolio, cane furioso, bambino che piange, esplosione, telefono, sirena polizia, musiche varie, temporale, rumore di passi…
Gli otto bambini superano la barriera dell’anonimato e cercano nella solidarietà e nella cooperazione la soluzione ai loro problemi. Evadono dalla prigione salendo sopra un treno di fantasia, in un tripudio di fuochi artificiali. Più che evasione è un passo al di là di tutte le porte chiuse, alla ricerca di sé stessi e della libertà di crescere, come recita la filastrocca iniziale:
C’era una volta la porta
di questa favola corta.
Chiusa la porta, fermo il cammino,
dove credi di andare, bambino?
Vado lontano, questo risponde,
dove sul mare brillan le onde.
Dietro la porta un mistero:
sarà falso ciò che è vero?
Attento, bambino che vai lontano,
chiedi a qualcuno di darti la mano.
Apro la porta e vado da solo,
un passo, un altro e poi spicco il volo.
La porta s’è aperta e richiusa,
la storia qui sembra conclusa.
Ma un altro bambino arriva gridando:
apriti, porta, son io che comando!

ESIGENZE TECNICHE: unica scenografia la porta e otto sedie (portate da noi); presa elettrica per collegare computer e altoparlanti.

domenica 3 marzo 2013

ORGOGLIO TECNEKE

"Death watch" è definito nella regia, ora solo prove generali e perfezionamento della memoria. "L'ultima fermata" ha preso il volo, ma è appena partita, ci vorranno mesi prima che vada in scena. Pressoché completate le pratiche burocratiche, ci mancano poche cose da definire entro aprile. Questa mattina, prima della prova, direttivo (si è aggiunta Michela Criscuolo) per tutte queste questioni e per preparare la serata di presentazione, che sarà il 12 o il 19 aprile, ancora non sappiamo dove. Presenteremo l'associazione e le due opere in allestimento con un breve saggio di ciascuna. Insomma, diremo: eccoci qua, chi vuole collaborare si faccia avanti, i giovani che cercano un'occasione per fare teatro ce ne parlino...
Tecneke, dobbiamo esserne orgogliosi. Non è l'orgoglio dei grandi ideali fasulli, delle retoriche ipocrite o delle imprese faraoniche. Tecneke nasce povero e ha già dimostrato che anche senza soldi si può fare teatro. Un teatro nuovo, che non è quello delle filodrammatiche, non è un triste adattamento di Shakespeare o Molière, non è avanguardia sbraitata e inconcludente. Quello di Tecneke è un teatro solido, di idee motivate, di ambizioni misurate e serie. Un teatro di giovani che dimostrano di sapersi appassionare e sacrificare, divertire e farsi protagonisti senza narcisismi ed egocentrismi. Dobbiamo essere orgogliosi dei ragazzi di Tecneke. Hanno accettato la sfida, affrontano un teatro complesso, importante, che sperimenta vie espressive sempre nuove. Alba, Carlo, Gilberto, Giovanni, Lorenzo, Monica, Nicola... Dai 14 ai 19 anni, una primavera vitale, in questo nostro paese inchiodato in un inverno troppo lungo.
Tecneke, orgoglio giovane.