domenica 23 dicembre 2007

IL FANTASMA DELL'ISOLA DI CASA

Mi ha scritto Emanuela di letteratura-per-ragazzi.it, la entusiasma l'idea di ripubblicare il libro. Ho cominciato a riscriverlo. Ecco le prime due pagine.

Prego, accomodati. Io mi chiamo Romolo. Mamma non c’è. Durante la sua assenza non vuole che faccia entrare gli sconosciuti, ma tu sei speciale e sento di potermi fidare. Evita, però, di calpestare il tappeto in soggiorno. Sì, lo so, è un tappeto e il suo destino è di essere calpestato, ma… non si può. Che strano. Calpestiamo cose che dovremmo amare e rispettare e un tappeto, invece…

Solo io ci passo sopra, ma di nascosto. Con le ciabatte morbide che non lasciano il segno. Lo faccio perché al tappeto fa piacere. Percepisco la sua morbidezza e lui è contento. Anch’io provo un frizzore eccitante, una specie di gioia. Ma anche questa la nascondo con un ghigno: sto facendo una cosa vietata.

Mi chiamo Romolo come il primo re di Roma. Uff, non so se il mio nome mi piace. La conosco la storia di Romolo, so che cosa ha fatto a suo fratello Remo. E penso che di sicuro era un discendente di Caino, e così il mio nome è pesante da portare. Abele, a mio parere, a me sarebbe stato simpatico perché allevava le pecore. Se fossi stato Dio, non avrei fatto capire a Caino che era Abele il mio preferito. Eh, non si dovrebbe fare così, anche se secondo me molti genitori lo fanno, di preferire un figlio intelligente che andrà all’università a uno simpatico che però a scuola non va tanto bene.

Per fortuna io non ho fratelli (dopo di me, la mamma e il papà non hanno più voluto rischiare). Sono figlio unico, eppure i miei genitori prediligono gli altri figli, quelli che poi non hanno avuto.

Non è facile da capire, ma più o meno è così.

Romolo ha fondato Roma, dici tu per consolarmi.

Io Roma non l’ho mai vista per davvero, solo nei documentari. A dire la verità, non ho mai visto nessuna città, io. Nemmeno la mia. Quando mi portano all’ospedale non conta, non è mica un giro turistico. Mi rendo solo conto di quanta gente c’è in giro. Tantissima! Anche all’ospedale… quanta gente! Divento nervoso, ho sempre paura di non sapere che cosa dire e che cosa fare, quando sono in mezzo alla gente.

Io sono abituato a parlarmi da solo nella mia cameretta con la porta chiusa.

Tornando a Roma… e allora? Magari quando sarò grande fonderò anch’io una città, però senza il Colosseo. Ma lo sai che ci facevano ammazzare la gente e chi non moriva subito lo facevano sbranare dai leoni? Io fonderò una città… beh, una città è troppo. Magari un paese. Ma secondo me un punto di ristoro sarebbe più congeniale alla mia riservatezza. Ci viene poca gente e di solito è gente tranquilla che si fa anche una risata.

Roma… chi sono io in quella confusione di milioni di persone?

Un niente.

Se permetti, sono già poco adesso, non ho proprio voglia di sentirmi un niente.

Ho dodici anni, compiuti tre mesi e quindici giorni fa. La mamma mi ha regalato un maglione di un colore strano, molto marrone. Il papà mi ha fatto gli auguri per telefono. Ho dodici anni e la nonna mi ha detto: Come cresci in fretta! A me non sembra di avere mai fretta in niente. Sono un tipo calmo, io. Me lo dice la mia intelligenza pigra di stare calmo e io le do retta, che altro posso fare?

Una cosa ho capito: io non sono come tutti gli altri ragazzi.

Pazienza, mi dico.

Non possiamo mica essere tutti uguali. Sai che monotonia se fossimo tutti uguali? I miei genitori, però, sarebbero contenti se io fossi uguale agli altri. Non cercano mica l’originalità, in un figlio. Anzi…

Sono qui che mi guardo allo specchio. Ne approfitto per farti capire come sono fatto. Ho il viso tondo come la pizza e le guance due pomodori, i denti di mozzarella e gli occhi scuri come i capperi. Sono tondo anche sotto la faccia. Un poco cicciotto, insomma. Ma ho visto in tivù che anche gli altri bambini sono cicciotti. In una cosa, almeno, non siamo diversi.

Sono bello? Non lo so. Nessuno mi ha mai detto niente, al riguardo. Non mi hanno nemmeno mai detto che sono brutto, però. Forse sono un poco bello e un poco brutto.

Ma perché nessuno mi dice mai niente?

Non posso essere io a decidere se sono bello o brutto, non è corretto.

E poi, sono un po’ stanco di essere sempre io a parlare a me di me.

MAMMA BASTARDA


Lo so. Titolo da pugno nello stomaco. Irritante, fastidioso. Ma è un atto d'amore. E anche un faro puntato sulle mie origini. Prendo la pala e scavo dentro di me. Porto alla luce tesori e misere ossa. Mi aiuta ad accettare l'inaccettabile, la degradazione lenta e inesorabile, l'agonia di parole e pensieri di una madre così ingombrante prima e così commovente e straziante adesso. Un teatro in tre parti. Questa è la presentazione.

L’opera è divisa in tre parti, non necessariamente tre atti.

La scenografia della prima parte è costituita da teli color sabbia. Uno ricopre il pavimento. Hanno aperture dalle quali compaiono gli attori, solo con la testa, il busto o con tutta la persona, superando la soglia tra memoria e presente.

La prima parte è quella dell’origine conflittuale, di nascita e morte legate in modo indissolubile. Ciò che è come ciò che non è. Il viaggio e l’esperienza, l’esplorazione e la conquista. Ma anche la fuga e la paura. O l’impossibilità della fuga e la negazione della paura. La prima parte è impulsiva e reattiva, è infanzia e adolescenza. La prima parte è anche ingiustizia e sopraffazione, è lotta e ideale assoluto, ricerca di verità e tragedia.

Entrando nella seconda parte i teli scompaiono. Sotto di loro c’è un universo di oggetti reali e dipinti. Un mondo di cose. La seconda parte è quella del desiderio di stabilità. Sotto sotto, di eternità. Fase di radicamento, di benessere, ma anche di logorio, di fatica fine a se stessa. La seconda parte promette e non mantiene, illude e sconforta, appaga e stronca. La seconda parte propone una riflessione sul valore e sul significato della vita, riflessione che viene sempre elusa. Tutti vogliono vivere felici e maledicono le avversità assurde. Non sanno che la proposizione va ribaltata: tutti vivono nelle avversità e si godono sprazzi di felicità.

La terza parte presenta il palcoscenico nella sua nudità. Gli oggetti di scena che vi sono stati dimenticati sono incongruenti e rotti. Un telo sbrindellato pende in un angolo. La terza parte è quella della follia. Niente si può portare con sé di ciò che si è vissuto e che si ha posseduto. La memoria diventa un campo di battaglia, le cose perdono ogni valore. Tutto si fa distante. La vita assomiglia sempre più alla morte. Emergono rabbia, frustrazione, dolore, disperazione. Solitudine. Ma è solitudine senza meditazione. Solitudine di delirio e allucinazione.

Vi si racconta la storia di mia madre, dalla campagna veneta alla colonizzazione della Libia; dal rapporto conflittuale con i fascisti, che deve servire e che gli uccidono il fratello, al lavoro in fabbrica e al matrimonio. Dal benessere degli anni sessanta alla dispersione dei parenti e dei figli, fino alla tragedia dell'Alzheimer.
Queste sono le prime parole dell'opera.

Ho dovuto attendere fino agli ultimi momenti della loro vita per sentirmi davvero figlio dei miei genitori. Si diventa figli quando i genitori muoiono. Prima no. Si è sempre troppo se stessi per accorgersi di loro, prima. Poi ci trascinano nella loro morte e allora un faro spara luce bianca sui loro volti e sulla nostra memoria.

Quando si ammalano e muoiono, non scompaiono subito.

Prima brillano di luce propria, intensa. Spiccano sul grigiore dell’abitudine, delle parole trite, dei comportamenti scontati. E gridano la gloria della loro vita. Poi muoiono. Nell’avvilimento, nello smarrimento, nel disfacimento.

Non fanno così anche le stelle? Non si fanno anche loro bianche? Del colore che ha tutti i colori, ma tutti li annulla.

Se muoiono le stelle, che cosa sarà mai la morte dei miei genitori?

No, no, la domanda giusta è questa: perché la morte è così… miserevole e degradante?

Solo per far soffrire noi vivi?

Percorro questa strada di allarmi quotidiani, di deliri e allucinazioni, di richieste ansiose di aiuto, di insulti e atti inconsulti, e vedo spettri all'orizzonte. Siamo tutti noi. Il sole di cui abbiamo goduto in vita non c'è più nemmeno nei ricordi. Se ne sono fuggiti anche loro chissà dove, insieme alla logica di un'esistenza che ora ci si rivela in tutta la sua doppiezza: è sempre stata pazzia, sempre.


LIBRI DI DICEMBRE


L'occhio mi cade sulle mie cose. I busti, gli elefanti, le aquile, i budda, le vecchie fotografie... piccolo museo di opere d'arte minore da pochi soldi che ho scelto e ho portato a casa mia. Da loro l'occhio passa al giardino: spio gli uccelli. Tra due mesi spierò le gemme. Poi l'occhio va sui libri, uno qua l'altro là. Inaspettato, un senso di calore. Come avere la casa piena di amici discreti e sensibili. Ho appena letto L'ULTIMO RE e UN RE E IL SUO CAVALIERE di Bernard Cornwell, uno dei miei autori preferiti. Sulla Garzantina di Letteratura non compare nemmeno. Hanno preferito la Patricia. Ci rimango male. Poi CARDINALI E CORTIGIANE di Claudio Rendina, i cui PAPI sono in attesa insieme a I CAPITANI DI VENTURA.
LA VENDETTA DEL LONGOBARDO di Marco Salvador è fermo a pagina 112 da quest'estate. Peccato, il primo mi aveva entusiasmato. A pagina 268 è invece fermo LE CINQUE STIRPI di Markus Heitz: centomila copie, lo scrittore di fantasy più letto in Germania... Mah!
Sono a pagina 176 di I FIGLI DI HURIN di Tolkien. Procedo senza entusiasmo. Mi sembra di leggere una bibbia senza geova. O un mito senza un vero eroe. Oggi mi sono arrivati (ordinati da Betti in Ibs) BIANCA CAPPELLO di Giuseppe Rovani (mi piacerebbe farne un dramma "astorico") e A UN PASSO DALLA FORCA di Angelo Del Boca (fascisti in Libia, mi serve per MAMMA BASTARDA, il teatro che sto scrivendo sulle malattie dei miei genitori).
In lista d'attesa vedo due di Terry Pratchett, BUONA APOCALISSE A TUTTI! e STELLE CADENTI. Forte Pratchett! Poi I SEGRETI DI PARIGI di Corrado Augias (io e Betti volevamo andarci l'anno scorso, ma abbiamo rimandato a chissà quando), IL CODICE DELLE FATE di Lisa Tuttle (cominciato e smesso da Betti), L'AUTUNNO DEL MEDIOEVO di Huizinga, LA CROCIATA DEI BAMBINI di Marcel Schwob (mi piacerebbe ricavarne un romanzo), PERCHE' NON POSSIAMO ESSERE CRISTIANI di Pergiorgio Odifreddi, MARUZZA MASUMECI di Andrea Camilleri e IL RISVEGLIO DELL'ASSASSINO di Robin Hobb (grande! e non presente nella Garzantina - ma gli scrittori di fantasy che cosa sono, fantasmi della letteratura? però non manca ahi ahi! la Rowling).
Buona lettura. Buona fuga. Buon viaggio tra i mondi. Buona carezza dell'immaginazione. Buon sogno. Buona consolazione. Buona esaltazione. Buona emozione. Buona vita di carta. Buona vita di parole. Meglio un giorno di libri che cento di realtà.

giovedì 20 dicembre 2007

IL FANTASMA DELL'ISOLA DI CASA


Ogni tanto qualcuno mi richiede IL FANTASMA DELL'ISOLA DI CASA, che la Piemme ha messo fuori catalogo. Sto pensando di riscriverlo e di rivedere il contestato finale.
Mi emoziona incontrare di nuovo Romolo. Ognuno dei due sarà cambiato e dal confronto non nascerà un nuovo libro, ma un libro più ricco e più equilibrato. Un libro più di cuore, forse. Di sicuro un libro più autentico.
Vorrei trovare una piccola casa editrice o pubblicarlo in proprio. In questo caso, c'è il problema della distribuzione. Ho preso in considerazione anche LAMPI DI STAMPA. Vedrò. Non mi interessano i diritti d'autore. Voglio solo che il libro torni a vivere. Che Romolo torni a vivere.

domenica 2 dicembre 2007

coniglio


Lo vedo per la terza volta. Lo fotografo da lontano. Lui sempre di profilo. Mi avvicino. Viene a mangiare il becchime degli uccelli? Abita ormai nel mio giardino? Mi avvicino troppo e lui... floppete floppete... scappa via nel prato dietro il cedro, scompare.

martedì 20 novembre 2007

UNA CITTA' CON L'ARIA DA BAMBINO


Ricevo e trasmetto da Emanuele Nava.
Care amiche, cari amici,
ecco ciò che è nato dalla collaborazione nostra, dei genitori antismog e di Carthusia che tanto ha creduto nel nostro manifesto: un progetto di sensibilizzazione ambientale costituito dal manifesto, da un opuscolo per ragazzi e genitori e da una guida per gli insegnanti. Una piccolissima boccata d'aria, ma insomma come diceva Majakovskij:
Certo,
la pesca è cosa rispettabile.
Tirare le reti,
e nelle reti storioni, forse!
Ma il lavoro del poeta non è da meno:
è pesca di uomini, non di pesci.
Chi volesse richiedere il materiale illustrativo, può rivolgersi a Elena Colombo, mandando il suo indirizzo postale.
Un abbraccio e ancora grazie a tutti.
Emanuela

lunedì 22 ottobre 2007

MANTOVA





Nel pomeriggio siamo a Sanguinetto perché Betti è stata premiata nell'ambito del Premio Castello per "Vola, Elia, vola!".
Partiamo presto e visitiamo il santuario della Madonna delle Grazie, ma c'è la messa e non possiamo muoverci a nostro agio. Anzi, qualche occhiata di disapprovazione. Sosta al bar per i dolci. Mantova, piazza Sordello, mercatino dell'antiquariato, ci trovo un elefante in cartapesta rivestito di cuoio, venti euro. Pranzo all'Osteria dell'Oca, prendo due primi: bigoli e ravioli di zucca. Ottimo lambrusco. Palazzo Te. Una mostra stupenda: garibaldini e vita quotidiana nell'Ottocento.

sabato 20 ottobre 2007

LAIVES


Sono tornato a Laives per la conclusione del lavoro. Un piacere ritrovare Vilma e Roberto. Con mia sorpresa il teatro pieno di bambini, mamme e insegnanti. Alcuni alunni hanno letto il racconto che ho scritto, ambientato nel 1540. Poi abbiamo visionato il filmato realizzato da Daniele sulla settimana di marzo in giro tra materne, elementari e medie. Molto suggestivo. Il mattino seguente l'incontro con il dirigente scolastico per un nuovo progetto di scrittura. Sole. Cielo terso. Sono entrato nell'ufficio per il turismo e ho ritirato un opuscolo sulle escursioni. Prima o poi verrò qui solo per camminare. E ho comprato un regalino per mio figlio Matteo: un leopardino morbido e simpatico. Infine, ho portato pazienza per i maniaci del cellulare negli scompartimenti del treno. Una tortura, ma per fortuna avevo "L'erede del templare" e mi sono spostato su un altro pianeta.

SCRIBELLARSI


Sono giovani, ma non si riuniscono per fumare, sfottersi, pigiare sull'acceleratore, bere, fare vandalismi e violenze e tutto il resto che trovate evidenziato nella cronaca di questi ultimi mesi. Loro scrivono. Si chiamano i menestrelli di Jorvik. "Vogliamo riproporre la passione per le ricerche, le indagini, i dialoghi, gli incontri di persone e testi, le avventure intellettuali che si celano nello studio, in opposizione all'improvvisazione dell'opinionista da talk-show e a quelli che ritengono la cultura qualcosa di noioso. La scRibellione è riflettere su quello che accade e non istintivo rispondere agli eventi. E' stare nel mondo e non guardarlo scorrere vacuo, falso e stereotipato su un teleschermo. E' esistere ed esprimere il proprio esistere."
Sono così giovani che quando sono venuti a parlarmi dei loro progetti mi sono sentito incuriosito e onorato. Producono un giornale, incontri di scrittura, serate letterarie... producono cultura dal niente e lo fanno con capacità e sensibilità, senza chiassate, senza ambire al primo piano e senza rabbia. Lo fanno perché costruire qualcosa è una gioia.

mercoledì 10 ottobre 2007

USIGNOLI, VERDONI E UN CONIGLIO


Le cinciallegre si inseguono e cercano fili secchi e piumette: faranno un'altra covata, a ottobre inoltrato? L'usignolo intensifica le visite. Solitario, si sta però un poco abituando ai passeri. Testa da piccolo clown. Il verdone ha occhi di serpe, gelidi. Allunga il collo come una lucertola. Proprio un ex rettile. Ma... che cosa ci fa un coniglio selvatico nel mio giardino? Cacciato dai cantieri che mi circondano guarda altrove mentre io lo osservo. Fa come i bambini: se non ti guardo, non mi vedi.

domenica 7 ottobre 2007

RELAZIONI


Relazioni.
Respira respira respira... squilla il cellulare... respira respira... il cellulare... respira... squilla... respira... squilla... In treno, jogging, alla guida, al lavoro, l'amore, mangia e risponde, a voce alta affinché tutti siano partecipi della sua vita privata. Che diventa privacy se un estraneo gli chiede un'informazione e allora lo manda al suo paese soprattutto se non è di questo. La suv per fare parte del branco, gli altri sono randagi senza pedigree. La chat. Il gruppo parrocchiale per sublimare l'odio e il disprezzo. L'associazione comunale per sentirsi intellettuale. Conoscere conoscere persone. Andare a cena e andare a messa. Compilare il modulo per la compagnia o la massoneria. Firmare manifesti contro. Sbavare per andare in tivù. Tenere i contatti, concimarli. La mostra epocale e la conferenza imperdibile. Il blog. Mille amici e la voglia di sparare ai vicini. Il protagonismo nel villaggio turistico. Vorrebbe scrivere un libro per firmare le copie. Che tutto il mondo lo conoscesse. Solitudine.
Altre relazioni.
Ogni autunno la mantide ricompare sulla soglia di casa. Ehi, ancora tu? No, è un'altra, ma nel dna c'è scritto: passa a salutarlo, prima di costruire l'ooteca. Ogni mattino alle ore sette il pesce rosso lappa in superficie con un rumore che mi ricorda di spargere il mangime. Intanto, alberi e cespugli del giardino s'infittiscono di uccelli che poi svolazzano sopra la ciotola vuota: abbiamo fame! Ogni sabato e domenica passeggio con Betti e questa mattina abbiamo parlato di: il ricovero di mio padre, il lavoro di suo figlio in Cina, l'inchiesta why not, i pregi di questo governo, il libro la cattedrale del mare e le sue facilonerie, il premio sanguinetto e la visita a mantova che faremo tra due domeniche, la riapertura della venaria, la sistemazione dei rispettivi giardini... In due ore ci passa davanti il mondo. In questo momento: guardo a sinistra e sotto il melograno vedo la merla che saltella verso il pastone, poi plana la tortora e mi lancia un'occhiata torva: perché spreco il mangime per cani e porci? Dovrei riservarlo alle tortore! Con i passeri è prepotente. Telefono: Umberto, mio ex alunno, posso venire a spiegarti che articolo dovresti scrivere per il giornale? Mio figlio sarà qui tra poco per la partita, nella sua stanza ha sky multivision, ma il calcio lo vede qui. Mi metterò le cuffie. E poi ci sono le nuvole nel cielo. Tiri su gli occhi e viaggi. Ma, soprattutto, tra poco riprenderò a scrivere Absalon e ogni personaggio sarà qui, una folla ai miei ordini. A volte non è facile darli. Gli ordini presuppongono sempre senso di responsabilità e capacità panoramica e sensibilità e... Ma c'è un trucco: li si formula in sogno.
Quella che sembra solitudine è una vita così ricca!

martedì 25 settembre 2007

LA FAVOLA DI NONNA LICE


caro aquilino, sono una signora cinquantenne e faccio la baby sitter da
molti anni a tanti e tanti bambini. La mia nonna mi raccontava sempre
una fiaba che aveva come protagonista un bambino figlio di poveri
pescatori di nome Aquilino. questa favola a mia volta io l'ho raccontata
e la racconto ancora ai miei "bambini" Se ti fara' piacere di ascoltarla
te la scrivero'. Dovrai scusare la mia poca esperienza nel mettere nero
su bianco la storia ma ci provero' perche' sono sicura che tu potrai
correggerla e magari raccontarla ai bambini di oggi rimodernandola un
poco . Saluti da Dadda.

Tanto tempo fa in un villaggio in riva al fiume viveva una coppia di poveri pescatori con una dozzina di figlioli. Per sfamare la famiglia il babbo andava a pescare tutti i giorni e ogni giorno si portava appresso uno dei suoi figli. Una mattina scelse il suo bimbo più piccolo, di nome Aquilino. Il bambino non se lo fece ripetere due volte e in un battibaleno fu pronto. Arrivati al fiume, il babbo si mise a pescare raccomandando al figlio di non allontanarsi troppo. Aquilino cercò sassolini colorati lì vicino. Poco distante raccolse anche dei bastoncini di legno con i quali fece tante piccole croci che allineò sul greto.

Passò di lì un Orco che gli domandò:

“Che cosa combini con quelle croci? Buttale subito, altrimenti ti mangio!”

“Non ci penso proprio” rispose il bimbo.

L'Orco gli si buttò contro per stritolarlo tra le zampe, ma dal cielo scese un angelo che prese il bimbo tra le sue braccia e via.... lo portò su in alto, oltre le nuvole.

L'angelo Salvatore (così si chiamava) accompagnò Aquilino nella casa della Madonna che lo accolse con grande gioia e lo tenne con sé. I giorni, i mesi e gli anni passarono in fretta e Aquilino si fece grande e un giorno gli venne nostalgia della sua famiglia terrena. Chiese alla Madonna di riabbracciare i suoi cari e lei un po' a malincuore acconsentì. Si fece però promettere che sarebbe tornato. Per non farsi dimenticare, gli mise al dito il suo anello di pietra marina, dicendogli:

“Ogni volta che poserai lo sguardo sull’anello, ti ricorderai della tua mamma in cielo.”

E Aquilino volò verso la terra sulle ali dell’angelo Salvatore.

Raggiunse poi di corsa casa sua e bussò alla porta. Gli venne ad aprire la mamma che non lo riconobbe, perchè si era fatto un bel ragazzo. Lo scambiò per un venditore porta a porta e gli disse:

“Grazie, ma non compro nulla.”

Aquilino si fece riconoscere e tra baci e abbracci raccontò la sua avventura.

Nei giorni che seguirono comprò per la sua famiglia tutto ciò che mancava: cibo, lavatrice, televisore, perfino un computer.

Trascorse così un mese di grande gioia. Un mattino, mentre si stiracchiava, lo sguardo gli andò dritto all'anello donatogli dalla Madonna. In un attimo Aquilino seppe che cosa doveva fare. Disse ai suoi che sarebbe tornato presto e corse al fiume.

Trovò l'angelo Salvatore che già da tempo lo aspettava sulla riva. Sulle sue ali salì in cielo. Scoprì che la Madonna si era messa a letto malata perché temeva che non sarebbe più tornato. Si avvicinò al letto e afferrò un lembo del lenzuolo. La Madonna riconobbe il suo anello e si rianimò.

“Non mi hai scordata, caro figlio mio” gli disse abbracciandolo. Da quel giorno Aquilino fa la spola tra il cielo e la terra perché ha due famiglie che gli vogliono tanto bene: una famiglia lassù e un'altra quaggiù.

Quando ho letto la favola sono rimasto sorpreso nel trovarci la Madonna. La traduco nell'immaginazione in cui mi piace perdermi. Testa tra le nuvole, non avere i piedi per terra, castelli in aria eccetera. Questa mattina mentre faccio teatro con i bambini di quinta uno si sceglie come nome Guido. Il nome di mio padre che ha il Parkinson e che da giovedì trascorrerà le giornate in un centro specializzato. E ora la favola con la mamma di terra e la mamma di cielo, proprio mentre mia madre viene portata via pezzo dopo pezzo dalla demenza senile
(termine orribile, che sembra escludere la pietà) e sentirla delirare è una ferita. Sono così fragili. Così inermi. Così soli, nella malattia. E noi figli così straziati e impotenti.

sabato 15 settembre 2007

INSETTI










Masterizzando per Betti le foto del Salento di quest'estate, ho ritrovato le immagini di insetti (rielaborate). E' stata una passione degli anni scorsi. Esploravo la campagna alla ricerca di soggetti, ma mi bastava anche il giardino. Solo fotografia? No. Appostamenti e strategie di avvicinamento mi hanno consentito di scoprire aspetti di vita affascinanti. Ho osservato le tecniche di caccia dei ragni, ho visto i loro magazzini di api mummificate, ho spiato la vita sessuale delle coccinelle... Insomma, un universo che non ci soffermiamo mai ad ammirare nelle sue componenti. Ogni stagione uno spettacolo diverso. Non sono diventato un esperto, non ho letto libri. Mi è bastato tuffarmi in un mondo simile a quello sottomarino: colori, movimenti, comportamenti... Un'altra lezione di biodiversità. E una lezione di estetica. Un museo vivente che riserva sorprese e stupori in ogni sala.

lunedì 10 settembre 2007

LUPUSAGNUS


Non avrei mai immaginato che Stefano mettesse in scena MAMMA MAMMAZZA, un testo del 1991. Allora era stato interpretato dai ragazzini della BOTTEGA DEI RAGAZZI. Avevo aperto la bottega come luogo di esperienze e di sostegno psicologico. Fotografia, pittura, burattini, teatro... Che sorpresa entusiasmante! Andate a vedere i filmati sul sito di lupusagnus (vedi link), ne vale la pena. E non perdetevi lo spettacolo. 16 e 17 febbraio 2008
Teatro della Dodicesima di Spinaceto, Roma
teatro della dodicesima
mamma mammazza

IL PESCE ROSSO


Non ha un nome. L'ultimo è morto di gioia al mio ritorno dalle vacanze. Si è messo a fare i salti e al mattino l'ho trovato sul pavimento. Nella vaschetta faccio sempre radicare una pianta. Tiene pulita l'acqua.

MERCATINI




Spesso io e Betti andiamo ai mercatini dell'antiquariato. Siamo stati a Torino, Moncalieri, Santena, Cherasco, Casale Monferrato, Varese, Bollate... Ma preferiamo quelli di Borgo d'Ale, Azzate, Castelseprio. Che cosa cerco? Fotografie dei primi anni del Novecento, elefanti, aquile, oggetti del sud est asiatico, crete e poi prendo quello che mi colpisce.

ALLEVARE PASSERI, TORTORE, MERLI, CINCIALLEGRE



















Ogni sabato e domenica, dalle otto e trenta alle undici, io e Betti camminiamo da Mezzomerico a Suno o Vaprio; o da Oleggio ad Alzate o Sologno. A Suno comperiamo il becchime per i passeri e le tortore, , il pastone per i merli e le palle di grasso per le cinciallegre. In giardino ho due postazioni con acqua sempre fresca. Gli uccelli si presentano al mattino presto, sul mezzogiorno e nel tardo pomeriggio. Mangiano, bevono, si lavano. Molti nidificano in giardino. Quando esco, li sento nei cespugli e nelle chiome degli alberi.
La tortora fa la pennichella sull'albicocco, davanti alla finestra della cucina. Passeri, merli e gazze li ho alla finestra della mia postazione di lavoro. Da qui vedo anche il saltinpalo e il pettirosso.
Ho letto in internet di non viziarli.
E' proprio quello che ho fatto.
Si aspettano che io continui a nutrirli e arrivano in gruppo, svolazzano qua e là, fingono di scappare se io esco, ma sanno che riempio le ciotole e... buon appetito.