Eracle. Eracle chi? Ercole? No,
non Ercole. Eracle. Ercole delle dodici fatiche? Sì, le dodici fatiche, ma non
solo quelle. Che altro ha fatto? Tanto. Era una specie di Sansone, no?
Selvaggio, la clava invece della mandibola d’asino, sterminatore, rovinato da
una donna… Sì, per alcuni aspetti Eracle ricorda Sansone, come anche Gilgamesch
di Uruk o Melqart di Tiro. Ma Eracle è anche altro.
Confinato nell’ambito favolistico
delle fatiche, Eracle è un semidio impregnato di umanità, della quale condivide
debolezze e tragedie. Gli piace mangiare e fare sesso; ama la compagnia, ma per
forza di cose è un eroe solitario; è impulsivo e creativo; sa amare e anche
odiare e non rinuncia a una vendetta; non è ossessionato dalla fama; subisce
calunnie ed è vittima di dicerie; accetta e supera le avversità del destino
senza vittimismo; non ha paura di niente e di nessuno ed è l’unico che sfida e
combatte gli dei; può distruggere una città, ma anche insegnare a bonificare coltivare
i terreni; desidera una famiglia, ma la sua casa è il mondo; diffonde la
civiltà greca in tutto il Mediterraneo e oltre; è amato dai poveri e dagli
schiavi… Eracle è l’unico eroe a visitare luoghi inaccessibili, perché a metà
strada tra la realtà terrena e l’Olimpo: il paese degli iperborei, di Atlante,
l’inferno… Vive da donna presso la regina Onfale, stermina le Amazzoni, si associa
agli Argonauti, distrugge per primo Troia, modifica la geografia del
territorio, fissa i confini dell’attività umana…
Che significato hanno le dodici
fatiche? Si può tentare di renderle metafore del cambiamento. I simboli
emergono con facilità (il cinghiale/elmo di zanne di cinghiale è l’economia fondata
sulla guerra, il leone il potere regale, l’idra la bonifica, gli uccelli la
forza degli arcieri orientali contrapposta a quella dei lancieri, il toro di
Creta ne indica la sua conquista… e così via).
Con Eracle termina l’età del
bronzo e si apre un periodo storico turbolento. La guerra di Troia disintegra il
potere dei vincitori. Dilagano le invasioni dei popoli del mare, un calderone
etnico che, assieme a disastri naturali e conflitti sociali, si rovescia sulle genti
del Mediterraneo ponendo fine a civiltà quali quella micenea e quella hittita.
Poi il medioevo ellenico, con il lento passaggio dalla cittadella fortificata
alla polis e il recupero di quanto è andato perduto: scrittura, stabilità
sociale, pensiero. Esiodo e Omero scrivono la bibbia della grecità e Pisistrato
dà slancio al teatro tragico; poeti, filosofi e politici avviano le prime forme
di convivenza democratica.
Di Eracle ora ce ne sono tre: uno
umano, eroe turbolento e contraddittorio; uno che è un’ombra nell’Ade; e uno
assunto in cielo, divinità che protegge gli uomini semplici dai mostri della
natura e dalle iniquità dei potenti. Questo Eracle complesso viene presentato nei
modi più diversi. Dapprima Atene ne oscura la fama per fare brillare il proprio
eroe nazionale, Teseo. Ed ecco un Eracle selvatico, beone, violento,
ridicolizzato nelle commedie. Poi il mondo romano ne fa un’icona della forza
nazionale ed ecco il culturista armato di clava che avrà una fortuna anche cinematografica
nel filone mitologico, oltre a quella nella letteratura per ragazzi.
Di Eracle vale però la pena di
parlare ancora, di cercarne l’identità nascosta e pasticciata, l’unità nella
frammentazione eroica e letteraria.
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