Molti pensano
che la vita sia l’intervallo di tempo tra la nascita e la morte. Alcuni,
tuttavia, sanno che viene offerta a tutti la possibilità di vivere più di una
vita. Basta trovare il coraggio per dichiarare “morto” un periodo e l’energia
per ricominciare da un’altra parte e in una situazione diversa.
Per me è
sempre stata così. La vita come una serie di passioni a tempo, tutte sincere e
generose. Ogni volta che si prospettava un cambiamento, mi si presentava anche
la possibilità di una rinascita. I gruppi teatrali che sono nati e non morti,
vivi nella memoria e nell’acquisizione di prospettive, tecniche, argomenti,
sperimentazioni, esperienze sempre più ricche e arricchenti. Dalla Gabbia
Aperta all’Altra Eva, da Tecneke al Teatro dei Passeri fino al Teatro dell’Aula
attraverso decine e decine di lavori con scuole materne, elementari e medie,
centri d’incontro, diversamente abili, collettivi, associazioni… un luna park
scenico che spesso mi fa girare la testa.
Con quest’ultima
dimensione concludo la mia “carriera”. E con un cambiamento per me imprevisto.
Il passaggio dalla tragedia alla commedia. Quest’anno mettiamo in scena una “Alcesti
in commedia” che porterà i miei ragazzi ad acquisire nuove abilità. Hanno
impersonato dei ed eroi greci, hanno sondato la sfera drammatica al suo massimo
grado, con le Baccanti, Medea e le Troiane. Ora li aspetta un pubblico che vuole ridere, e per soddisfarlo devono
imparare a ridere loro per primi. Devo apprendere nuovi ritmi, nuove relazioni
attoriali, usi diversi della mimica… In poco tempo. Vorremmo presentare l’opera
l’8 marzo, per la festa della donna. Ma sono ragazzi in gamba, ce la faremo.
Forse anch’io
ho bisogno di prendermi una pausa dalla passione per la tragedia greca e ne
approfitterò per ridere insieme a loro. Il lavoro di quest’anno sarà l’ultimo
tassello per completare il mio libro sul teatro, un libro intitolato “Il Teatro
dell’Aula”. È pronto, manca solo questo capitolo sulla commedia. Uscirà quindi prima
della prossima estate.
Pubblicato il
libro, mi sentirò davvero soddisfatto.
Perché
percepisco come molto significativa questa esperienza? Perché il Teatro si
inserisce nella scuola non come elemento estraneo o comunque proveniente dall’esterno,
ma innestato nel corpo stesso della scuola. Gli alunni passano davanti all’aula,
sbirciano, si incuriosiscono, fanno domande ai compagni che recitano, provano
magari il desiderio di provare. Non è più solo una recita scolastica, è Teatro
con la T maiuscola, ed è a loro disposizione. A me, questo, emoziona.
Nessun commento:
Posta un commento