lunedì 29 aprile 2019

ERACLE NELLE NOSTRE RADICI


Eracle nelle nostre radici



Si fa tanto parlare delle nostre radici. Se ne parla, spesso, ignorando la Storia. E l’ignoranza, purtroppo, è sempre più diffusa, grazie anche ad accorte politiche di oscurantismo. Accolgo sempre con piacere quando posso parlare ai ragazzi dell’antica Grecia. Sono stato invitato dall'insegnante Tiziana Melone delle Classi Quinte della scuola primaria Maraschi di Oleggio per introdurre la figura di Eracle, dato che avrebbero visitato una mostra alla Venaria di Torino. Purtroppo, la mostra era intitolata a Ercole, che risente di trasposizioni non solo romane, ma anche contemporanee facendone una specie di supereroe nostrano tutto muscoli e combattimenti. Abbiamo quindi imparato qualcosa sulla civiltà micenea e sull’opera di civilizzazione dell’Eracle tebano, impegnato non solo nelle dodici imprese, ma in viaggi per tutto il Mediterraneo e oltre. Durante le sue esplorazioni del mondo, ha insegnato l’uguaglianza tra gli uomini, il rispetto degli schiavi, le tecniche di miglioramento dell’agricoltura e di contenimento delle alluvioni, le basi della comunità civile eccetera. 

L’antica Grecia ha avuto l’accortezza non di distruggere civiltà, come altri faranno in seguito per motivi sia politici sia religiosi, ma di assimilarle arricchendo se stessa e il patrimonio da lasciare in eredità. La sua sapienza è costruita quindi su quella del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa. Ecco le nostre radici: sono universali.
Spesso alla scuola Primaria si dà rilievo all’Egitto, ma l’attenzione dovrebbe spostarsi sulla ricchezza artistica, filosofica, letteraria e politica della Grecia, perché da quel tesoro sapienziale derivano gli Stati moderni.

Ho invitato i ragazzi a scrivere un’ulteriore impresa ed ecco alcuni brani tratti dai loro scritti.

Rachele, Oualid, Lorenzo A., “Iolao ed Eracle contro Cergrifidra”
“Mio zio Eracle chiese a mia madre e a mio padre se potevo aiutarlo a sconfiggere il mostro della sua tredicesima fatica; sfortunatamente mio padre mi lasciò andare. Io ero terrorizzato dall’idea di dovere combattere contro il pericolosissimo Cergrifidra di cui mi spaventavo solo a pensarci. (…) Quando il mostro morì, Eracle gli tagliò una delle tante teste. Insieme a me si incamminò verso Euristeo. Arrivati da lui, gli abbiamo fatto vedere le prove. Euristeo uscì dal suo pithos sotterraneo. Vedendoci vivi si stupì e con la sua faccia terrorizzata ritornò dentro il pithos.”

Tommaso, Ilaria, Federico, “La tredicesima impresa di Eracle”
“Eracle nuotò fino alle profondità marine. Quando vide un abisso, fece finta di andarci dentro, ma all’improvviso… cambiò strada e un tentacolo di Linfremius rimase incastrato. Eracle, raggiunto il suo obiettivo, iniziò a colpire il mostro con la clava, io gli conficcai una freccia nel cuore, e il mostro… morì! (…) ‘Wow, papà’ disse mio figlio, ‘siete proprio degli eroi!’ Quando Eracle morì, gli dei si ricordarono di lui e lo premiarono facendolo diventare una costellazione. ‘Se vuoi, te la faccio vedere, Alexjus’ gli svelai. ‘Va bene, papà’ disse lui, ‘voglio proprio vedere la costellazione di questo MITICO EROE!’”

Alberto, Diego, Sofia, Luca, “La tredicesima fatica di Eracle”
Un giorno Eracle e Iolao buttarono nell’Etna il loro peggior nemico, Focus Dominis. Dopo alcuni secoli, il mostro si infuriò e diede fuoco all’intera città, scatenando così la sua ribellione. Eracle e Iolao sentirono le urla e la paura dei cittadini, così accorsero nella città ormai distrutta e capirono che Focus Dominis era tornato all’attacco. Questo mostro faceva veramente paura e Iolao era terrorizzato, mentre Eracle non lo era per niente perché aveva affrontato nemici molto più difficili da sconfiggere. I cittadini dissero: ‘Ti prego, aiutaci, tu che sei forte e possente!’”

Christian, Marissa, Linda, “Il mostro Islot”
“Il combattimento furioso iniziò. Iolao era spaventatissimo. Disse allo zio: ‘Zio, come posso fare, questo qui è il doppio di me! Mi devasta, mi devi aiutare!’ Eracle rispose: ‘Nipote, devi usare la forza della mente.’ La lotta prese una svolta, perché i due stavano quasi per sconfiggerlo, ma lui tirò fuori il suo asso dalla manica: la resuscitazione. Diede la vita a tutti ghli eroi, ma divennero corrotti. Eracle prese arco e frecce. Intinse una freccia in un veleno trovato casualmente, la scoccò e uccise tutti tranne Achille, ma sapendo che il suo punto debole era il tallone è stato facile rimandarlo nell’aldilà.”

Filippo, Matteo, Matilde, “La tredicesima fatica di Eracle”
“Il potere del minotauro era la superforza, quindi riuscì a liberarsi dalle due reti. Eracle disse: ‘Iolao, aiutami ad ammazzare il minotauro!’ Iolao disse: ‘Zio, ho paura!’ Eracle disse: ‘Ti aiuterò io, basta che tu non scappi via dalla tua paura’. Eracle prese la clava e incominciò a seguire le impronte del minotauro. Lo trovò in una caverna e gli lanciò una clavata in testa. Gli spaccò il corno d’oro destro. Eracle presde il minotauro Ettore per la testa e lo riportò da Euristeo che si nascose nel suo vaso di bronzo.”




martedì 23 ottobre 2018

RITRATTO DI ERACLE DA ALCUNE FONTI ANTICHE





Aquilino
RITRATTO DI ERACLE DA ALCUNE FONTI ANTICHE

Ercale è sfuggente, è un personaggio presentato nei modi più contraddittori.Ma possiamo definirlo personaggio? Eracle è di più. Un fenomeno complesso alla cui realizzazione hanno contribuito il mito, la storia, la politica, la religione, l'arte e la letteratura.

Ne hanno fatto il protagonista di opere epiche, eroiche, tragiche, comiche, moralistiche, filosofeggianti, fantasy. Figura altamente tragica nelle “Trachinie” di Sofocle, si fa personaggio ambiguo nell’“Eracle” di Euripide, e diventa macchietta negli “Uccelli” e nelle “Rane” di Aristofane e in tante commedie attiche, fino a trasformarsi nel culturista innamorato del cinema mitologico e nel pupazzo supereroico dei libri per ragazzi. Insignito di scarsi onori nella vita turbolenta (qualcuno lo rifiuta), non si fa re né accumula potere e ricchezze. Ma il culto popolare si diffonde nei paesi più lontani. Sfortunato e insoddisfatto negli amori, disfa da sé quello che non scioglie il destino, perdendo le donne e i giovani compagni.  Gli resta l’amato nipote Iolao, che dopo la sua morte ne continua l’opera in Sardegna. Un’icona della hybris? Un campione di aretè? Una vittima di adikia? Un adepto di metis o solo un forzuto? Un eroe dal nostos impossibile? Un uomo senza timé che ha di continuo bisogno di purificarsi? Un meteco per tutti, forse, in cerca di tiche. Il che equivale a dire: un solitario che non mette radici, un vagabondo nei meandri di un destino implacabile, un asociale di circostanze e non d’elezione, un infelice che condivide la precarietà dell’uomo comune.

Da dove cominciare per un’idea di personaggio e di ambientazione? Dalla mitologia, certo. Ma anche dai Micenei. I Micenei conquistatori di Creta o quelli che si avviano al crepuscolo del medioevo ellenico?  Il riferimento più forte nel mito di Eracle che lo agganci alla realtà storica è il suo assalto a Troia quando ha come re il predecessore di Priamo, Laomedonte. La questione eraclea si lega quindi alla questione troiana. Per procedere, occorre fare delle scelte. E spesso le scelte si basano sui compromessi. Prendo per buona la data di Eratostene (1193-1184), confronto diverse cronologie, considero i rapporti di Eracle con Teseo… e fisso la data di nascita e di morte. Si tratta di un romanzo, non di un saggio. Mi è consentito andare a spanne e inventare, quando la documentazione è scarsa o inattendibile o mancante. Questo individuo che faccio morire a 57 anni… chi è? Coevo di Pelope, Orfeo, Giasone, Teseo, Atreo, Medea… precede la gloria dei grandi eroi troiani, ma anche la disfatta non solo di Troia, ma di tutta una civiltà. Gran parte della letteratura che lo riguarda è impegnata a raccordare fra loro imprese ed episodi secondari, viaggi reali e immaginari, comportamenti realistici e altri inverosimili. Insomma, si tratta di storie. Ma il protagonista di queste storie chi è? Gli si può togliere la pelle del leone ucciso e rivestirlo con abiti umani? Continuo la mia ricostruzione di Eracle come “personaggio” con una ricerca tra alcune fonti classiche. Al di là del racconto in sé, che cosa hanno scritto di lui come persona? Ecco il senso di questo “ritratto” ancora inesistente. Non ho preso in considerazione i drammaturghi, dato che ognuno di loro si è costruito il proprio personaggio. Mitografi, geografi e storiografi a volte forniscono sfumature importanti, che guidano nella scelta dei caratteri. Ecco le opere consultate:

Iliade – VIII sec. a.C.
Odissea - VIII sec. a.C.
Esiodo, Lo scudo di Eracle, Catalogo delle donne – VIII-VII sec. a.C.
Inno omerico XV – VII-VI sec. a.C.
Bacchilide, Epinici – VI-V sec. a.C.
Pausania, Viaggio in Grecia – V sec. a.C.
Tucidide, Le storie – V sec. a.C.
Pindaro, V sec. a.C.
Erodoto, Storie – V-IV sec. a.C.
Senofonte, Elleniche – V-IV sec. a.C.
Teocrito, IV-III sec. a.C.
Apollonio Rodio, Argonautiche – III sec. a.C.
Pseudo-Apollodoro, Biblioteca – II sec. d.C.
Diodoro Siculo, Biblioteca storica – I sec. a.C.
Luciano di Samosata, Dialoghi dei morti (Diogene ed Eracle) – II sec. d.C.
Argonautiche orfiche – IV-V sec. d.C.

Figlio di dio in conflitto con il piano provvidenziale

Eracle è figlio di Zeus e di Alcmena (“che per la maestà e per la bellezza vinceva tutte quante le donne”, Esiodo, Lo scudo di Eracle) che è la nipote di Perseo figlio di Zeus e di Danae. Quindi Eracle discende da Zeus sia per parte di padre sia di madre. Meglio della ierogamia egiziana in cui il dio assume le sembianze del faraone per fecondare la regina. Egli è l’ultimo eroe-semidio generato da Zeus, che con lui intende chiudere una fase dell’umanità (la preistoria) e aprirne un’altra (la storia). Egli vive infatti nell’età del bronzo che segna il distacco dal neolitico e, dopo una crisi mondiale che vede scomparire o declinare grandi civiltà come quella minoica, micenea, hittita, egizia… vede sorgere l’età greca dei poeti, dei tragediografi, dei filosofi, degli scienziati e dei politici all’ombra dell’Olimpo stabilizzatosi nella cerchia dei dodici dei.
Così la mitologia greca. Ma Erodoto ci fa sapere che in Fenicia, al suo tempo, Eracle è presente da più di duemila anni, come testimoniano i sacerdoti del suo santuario a Tiro; mentre un altro santuario sull’isola di Taso è stato fondato dai figli di Agenore partiti alla ricerca di Europa. E in Egitto Eracle è uno dei dodici dei, molto anteriore a quello ellenico. Noi, però, seguiamo le storie elleniche.
Simile all’orientale “signore degli animali”, sciamano in contatto con le acque e con il sole, Eracle, la cui missione è uccidere i mostri e combattere gli uomini iniqui, si sacrifica per il bene comune contribuendo al progresso mediante la diffusione delle leggi e delle tecniche agricole e la fondazione delle città. Tuttavia, l’odio di Era che lo spinge alla follia e la sottomissione ad ananke, la necessità, consistente nel suo caso nell’obbedienza a un uomo inferiore che lo ha defraudato del regno solo grazie a un inganno, lo pongono in conflitto con l’autorità divina. Più volte toccato dalla follia per opera di Era, compie azioni da irresponsabile: uccide i figli, uccide Ifito, ruba il tripode di Apollo, lotta contro gli dei… Un Sansone miceneo strumento della volontà divina (“Allora lo spirito del Signore lo investì ed egli scese ad Ascalon e vi uccise trenta uomini” – Giudici 14). Sansone concepito per intervento celeste, che uccide un leone a mani nude, viene sconfitto da una donna (Dalila-Deianira) e provoca da sé la propria morte; ma più cupo e perfino più sanguinario dell’eroe tebano.
Eracle china il capo e accetta di affrontare le Fatiche. Chiede di vedere il proprio padre, ci narra Erodoto, ma Zeus si nega. Salvo poi convocarlo quando ne ha bisogno. E così Eracle soccorre gli dei contro i Giganti, salvando quelli che lo perseguitano. Lo assiste Atena, mentre Trittolemo, incaricato  di diffondere l’arte dell’agricoltura, gli rivela i sacri misteri di Demetra e Core.
Personalità complessa e contraddittoria, definita addirittura paradossale, l’eroe è alla fine sconfitto da se stesso, poiché a causa delle intemperanze, connaturate alla sua diversità eroica, va incontro a una morte orribile che risolve con il suicidio. Da se stesso, quindi, distrugge la propria forma umana per essere assunto in cielo tra gli dei. La gloria e il conseguimento della stabilità (il matrimonio con Ebe) come rogo della propria umanità.

Dice Zeus: “Ascoltatemi, o dei tutti, e voi tutte o dee, ch’io dica quello che il cuore m’ordina in petto: oggi Ilizia strazio del parto farà apparire un uomo che regnerà su tutti i vicini, della stirpe degli uomini che vengono dal mio sangue” - Iliade XIX.
“A mortal che di me valea men tanto,
forza mi fu obbedir: costui m’ingiunse
dar mano a imprese oltre ogni creder forti” - Odissea XI.
“Zeus gli inviò l’ordine di mettersi al servizio di Euristeo ed Eracle, recatosi a Delfi e interrogato il dio sulla questione, ricevette un responso il quale gli rivelava che dagli dei era stato deciso che egli compisse dodici fatiche secondo gli ordini di Euristeo, e che ciò fatto avrebbe ottenuto l’immortalità. Dopo questi avvenimenti, Eracle cadde in uno stato di scoraggiamento non comune. Infatti, non giudicava in alcun modo degno del proprio valore il fatto di servire una persona più vile, ma gli pareva svantaggioso e impossibile non obbedire a Zeus, che era suo padre” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.
“Eracle voleva assolutamente vedere Zeus, nonostante che quest’ultimo non volesse essere visto da lui. Ma Eracle insisteva; e Zeus ricorse infine a questo espediente. Scorticò un ariete, ne tagliò la testa e la tenne dinanzi a sé. Ne rivestì il vello e si presentò così a Eracle” – Erodoto, Storie II.
“Nemmeno la forza d’Eracle poté sfuggire la Chera, eppure era carissimo al sire Zeus Cronide; ma lo domò il destino e l’ira cruda d’Era” - Iliade XVIII.
“Trittolemo rivelò i sacri misteri di Demetra e Core tra gli stranieri per primo ad Eracle” – Senofonte, Elleniche VI.
“Eracle compì molte imprese terribili, e patì molti mali; ma ora, nella bella casa dell’Olimpo nevoso, vive sereno, e ha in sposa Ebe dalle belle caviglie” - Inno omerico XV.

Assunto in cielo, diventa un dio ed è oggetto di culto

Prodico di Ceo nella famosa favola “Eracle al bivio”, parafrasata da Senofonte, presenta un Eracle adolescente che tra due donne in cui s’imbatte sceglie quella che rappresenta il Dovere, o la Virtù, e non l’altra del Piacere, o Vizio. Aneddoto di grande fascino per i moralisti dei secoli successivi (Prodico è del V sec. a.C.) che hanno riformulato Eracle mettendo da parte gli stupri, i rapimenti, i massacri e le distruzioni. Ma, per il popolo, Eracle non significa tanto il Dovere, quanto un sogno di potere. Potere di esplorare il mondo, di dominare la natura, di detronizzare i potenti, di sconfiggere mostri ed eserciti; potere di sconfiggere anche la morte con l’assunzione in cielo e la possibilità di una vita eterna gratificante; e, perché no, di amare chi si vuole, di essere chi si vuole: libertà di genere, insomma, come auspicavano i sacerdoti vestiti da donna in alcuni suoi santuari. Potere, in conclusione, non come dominio sugli altri e accumulo di ricchezze, ma come libera espressione di sé e libera crescita verso l’immortalità. Un potere che si rifletteva perfino sugli schiavi, come ci racconta Erodoto riguardo all’Eracle egizio, che nei propri santuari offriva asilo ai perseguitati. Ma perché Eracle è stato tanto convincente? Perché ha sofferto da uomo qualunque. Ha faticato sempre, è stato toccato da tragedie immani, ha perso la ragione, ha avuto episodi di stravizio, è stato eccessivo, perfino spietato, ma anche sensibile e affettuoso, ha portato in sé tutte le contraddizioni che contraddistinguono l’uomo.
Infine, Eracle è anche il mistero dell’uomo che si fa dio e che è nel cosmo come ceneri mortali sulla terra, come dio in cielo e come ombra nell’aldilà. L’uomo-dio fa anche i miracoli. Può perfino affrontare gli altri dei, minacciare Helios, combattere contro Apollo e sconfiggere Ares.

“Essendo troppo scaldato dal Sole nel suo viaggio, tese il suo arco contro il dio che in ammirazione del suo coraggio, gli diede un calice d’oro nel quale lui attraversò l’oceano (…) Quando la pira fu tutta bruciata, dicono che una nube sollevò Eracle, e fra tuoni e fulmini lo portò in cielo” – Pseudo-Apollodoro, Biblioteca II.
“Sotto la mia lancia tre volte (Ares) toccò la terra avendogli io colpito lo scudo; alla quarta lo colpii alla coscia e largamente ferii la sua carne; cadde a terra con la testa avanti nella polvere sotto l’impeto della mia lancia; là, di fronte agli Immortali, subì ben triste scorno, e lasciò nelle mie mani le sue spoglie sanguinose” - Esiodo, Lo scudo di Eracle.
“Dicono che Eracle abbia deposto la clava e questa, che era di oleastro, si radicò nella terra e, lo creda chi vuole, rigermogliò e l’oleastro è qui ancora oggi (…) Qui (Metana di Trezene) c’è un santuario di Iside e, nella piazza, una statua di Ermes, e un’altra di Eracle (…) Lì presso c’è la statua lignea di Eracle, nudo, che i Corinzi affermano sia frutto dell’arte di Dedalo (…) Qui c’è anche un Eracle di bronzo (…) Nel ginnasio è dedicata una statua in pietra di Eracle, opera di Scopa. Di Eracle c’è un santuario… (…) Nel frontone ci sono un Eracle… (…) A Hyettos c'è un tempio di Eracle, dal quale gli ammalati traggono giovamento” - Pausania, Viaggio in Grecia II.
“Se uno è in cielo e tu qui con noi sei l’ombra e il corpo già si è sciolto in cenere, son tre” - Luciano di Samosata, Dialoghi dei morti, Diogene ed Eracle.
“Ora egli è ormai un dio, ed è uscito fuori da tutti i malanni (…) Era, ora, lo ama e lo onora, al di sopra degli altri immortali, dopo il solo Cronide onnipossente (…) Sull’Olimpo pieno di neve, tra gli dei beati, vive lontano da ogni malanno e da ogni tristezza in eterno, immortale e senza vecchiaia” - Esiodo, Il catalogo delle donne.
“Quando i compagni di Iolao andarono a raccogliere le ossa e non ne trovarono traccia, reputarono che Eracle, conformemente ai responsi oracolari, fosse passato dal mondo degli uomini a quello degli dei (…) Poiché il favore nei confronti del dio era comune a tutta la popolazione, ai liberi e agli schiavi, insegnarono anche ai servi a onorare in privato il dio (…) … gli sacrificò come a un eroe un cinghiale, un toro e un ariete, introducendo a Opunte sacrifici e onori per Eracle. Una cosa analoga fecero anche i Tebani; gli Ateniesi furono i primi tra tutti gli altri a onorare con sacrifici Eracle come un dio… indussero tutti quanti gli uomini sulla terra abitata…” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica.
“… per quella giornata infatti si dava il caso che celebrassero una festa con sacrifici in onore di Eracle” - Tucidide, Le storie, VII 73 (spedizione in Sicilia, Siracusa).
“Gli dei venerati dagli Sciti sono: Istia, Zeus, la Terra, Apollo, Afrodite Celeste, Eracle ed Ares” – Erodoto, Storie IV.
“In Egitto, nella regione dov’è il ramo del Nilo ora detto di Canopo… c’era su questa spiaggia, e c’è ancora, un santuario di Eracle. Se il servo di chicchessia vi si rifugia, s’imprime le stigmate sacre e si offre al Dio, non è più lecito toccarlo” – Erodoto, Storie II.

Una personalità complessa

Nella nostra cultura Eracle è conosciuto come Ercole il forzuto. Ne hanno fatto un bambolotto muscoloso, prendendo in considerazione solo alcuni aspetti minimi del suo mito. Grande successo ha avuto infatti l’episodio infantile dell’uccisione dei serpenti di Era. Angelo Brelich, ne “Gli eroi greci”, Adelphi, ci presenta i caratteri tipici dell’eroe. Eccone una sintesi: gigantismo; teriomorfismo (assumere forme animalesche); androginismo e transessualità; imperfezioni fisiche: zoppia, cecità…; iperfagia e ubriachezza; appetito sessuale: rapimento di donne, violenza carnale, incesto, pederastia; fatti di sangue: omicidi pianificati, per rabbia, involontari; avventurismo, pirateria, guerra; sacrilegio ed empietà; inganno e furto; follia; conflitto tra fratelli (gemelli); assunzione dei caratteri dell’avversario ucciso (la pelle di leone); polarizzazione (il vincitore è buono, lo sconfitto è cattivo e mostruoso); hybris (disconoscimento dei limiti).
Che ne dicono i nostri autori? Per Apollodoro era poco più alto della media e non era un gigante come scritto da altri. Apollonio Rodio ci racconta che aveva più autocontrollo dei compagni argonauti e della saldezza dei nervi ci testimonia anche Diodoro Siculo. Luciano di Samosata deride il suo travestitismo alla corte della regina Onfale, ma altri ci dicono le sue sincere pene d’amore. Eracle distruttore e omicida, alcuni lo dicono stupratore, ma anche affabile, cordiale, amato e rispettato dalla gente. E la sua tracotanza? È stato lui, ci dice Pindaro, a porre dei limiti all’uomo, erigendo le colonne ai confini del mondo umano. Folle è chi supera tali confini!

La forza e la statura
“Eracle li affrontò, stringendo entrambi
nella morsa pesante delle mani,
prendendoli alla gola, che è la sede
del mortale veleno dei serpenti
portatori di morte, detestato
perfino dagli dèi. Quelli frattanto
circondarono entrambi con le spire
quel bimbo nato tardi, ancora a balia,
che non piangeva mai, ma poi di nuovo
lo scioglievano vinti dallo sforzo,
cercando in tutti i modi di sottrarre
la schiena dalla stretta inesorabile (…)
Levarono un grido di stupore
quando Eracle lattante apparve loro
con le due bestie saldamente strette
nelle tenere mani. Sollevava
verso il padre Anfitrione quei serpenti
e saltava di gioia allegramente
e i mostri orrendi nel mortale sonno
pose ridendo ai piedi di suo padre” - Teocrito, Idilli.
“Il suo aspetto rivelava chiaramente che era figlio di Zeus: era grande quattro cubiti e negli occhi gli brillava il fulgore del fuoco” - Apollodoro, Biblioteca II. Cubito = o,462 m, quindi era alto1,85.
(In Scizia) “Viene mostrata un’impronta del piede di Eracle, che si trova su di una roccia: somiglia all’orma di un piede d’uomo e ha l’ampiezza di due braccia. Si trova presso il fiume Tyra” – Erodoto, Storie IV.
“A Eracle come premio del pancrazio un cratere d’argento tutto cesellato” - Argonautiche orfiche. Pan-kratios, tutto potenza, ammesso tutto meno mordere e accecare, lotta e pugilato insieme.
“Non essendo soddisfatto della bevanda che gli venne data, Eracle colpì alla testa con un solo dito Ciato, il ragazzo che faceva da coppiere a Eneo. Quello, per il colpo ricevuto, morì all’istante e i Fliasii hanno a suo ricordo un edificio in cui sono delle statue di pietra che rappresentano Ciato che tende la coppa a Eracle (…)  Epidauro: Salendo sul monte Corifeo, lungo la strada si trova una pianta d’ulivo detta Strepte (ritorta): il nome è dovuto al fatto che Eracle la attorcigliò con una mano”- Pausania, Viaggio in Grecia II.
“Allora Eracle con la sola forza delle braccia trascinò tutti i compagni sfiniti, facendo gemere le tavole compatte della chiglia (…) Nel fendere con colpi vigorosi il mare in tempesta, spezzò il remo (…) “Depose a terra la faretra colma di frecce e l’arco, e si spogliò della pelle di leone; con la clava di bronzo, peso immane, squassò l’albero alla base del ceppo, e afferrò poi il tronco con ambedue le mani, sicuro della propria forza, appoggiandovi le larghe spalle e aderendovi con le gambe divaricate: lo divelse dal suolo con tutte le lunghe radici e le zolle di terra” - Apollonio Rodio, Argonautiche I.

La distruzione
“Eracle distruggitore di città” – Esiodo, Catalogo delle donne.
“L’eroe invincibile distruttore di rocche” - Bacchilide, Epinici V.
“Piombato all’improvviso sulla città degli Orcomeni, fece irruzione dentro le porte, bruciò la reggia dei Mini e rase al suolo la città” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.

La follia
“Era gli mandò un furore; egli, inquieto nello spirito, cadde in uno stato di follia” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.
“Ora al confine estremo
Théron approda, e da meriti propri
sbarca alle colonne
di Eracle. Oltre è precluso a saggi
e non saggi. Io non voglio provarci. Sia folle, prima!” – Pindaro, Olimpiche III.

L’ingordigia
“Sciolse uno dei due tori dal carro di un mandriano, lo sacrificò, e se lo mangiò a banchetto. Il mandriano altro non poté fare che scapparsene sulla cima di un monte, e maledire Eracle da lontano. In ricordo di quell’episodio, gli abitanti di Lindo compiono i sacrifici a Eracle pronunciando maledizioni” - Apollodoro, Biblioteca II.

La bisessualità
“O eroe Iolao che io amo sopra tutti i mortali” - Esiodo, Lo scudo di Eracle.
Ila, addentratosi sulla terraferma, non torna: “…e il nero sangue bolliva nelle viscere; prese a correre dove lo portavano i piedi nel suo impeto, a caso. Come infuria il toro quando è punto dal tafano, e va per la sua strada ora senza sosta, ora fermandosi, e alzando il largo collo leva muggiti, afflitto dal doloroso assillo, così l’eroe smaniando  ora muoveva rapidamente i veloci ginocchi, ora arrestava la corsa affannosa e lanciava alte grida che si perdevano lontano” - Apollonio Rodio, Argonautiche I.
“Asclepio. Dici bene, che io ti sanai le scottature, quando testé mi venisti innanzi mezzo arrostito, che ti si erano attaccate addosso e la tunica e il fuoco. Io almeno non fui servo, come te, non filai lana in Lidia, vestito di porpora e battuto da Onfale col sandalo ricamato d’oro; io non mai venni in tanto furore da uccidere figliuoli e moglie” - Luciano di Samosata, Dialoghi degli dei.
“Spinto dal desiderio del fanciullo,
Eracle si muoveva tra gli spini
mai calpestati, percorrendo tutto
un vasto tratto. Poveri gli amanti!
Quanto penò vagando per i monti
e le boscaglie!” - Teocrito, Idilli.
“Un po’ distante dalla città di Dyma c’è, sulla destra della strada, il santuario di Sostratos. Era un giovane del luogo, amato, dicono, da Eracle, che alla sua morte gli innalzò una tomba e gli offrì una ciocca di capelli della sua testa come primizia votiva. Anche oggi c’è una lastra sulla cima di un monte, con una figura di Eracle a rilievo. Ho già detto che la gente del luogo sacrifica anche a Sostratos come a un eroe” – Pausania, Viaggio in Grecia VII.

La seduzione
“Eracle sedusse Auge (…) Suo padre Aleo la consegnò a Nauplio, il figlio di Posidone, perché la vendesse in una contrada straniera” - Apollodoro, Biblioteca II.

L’autocontrollo
Donne di Lemno: “… e gli altri ciascuno nella casa in cui la sorte lo condusse; ma Eracle volle restare presso la nave. Ben presto tutta la città, piena di grasso fumo, si abbandonò a un tripudio di danze e di banchetti” - Apollonio Rodio, Argonautiche I, 854.
“Chi combatteva contro tale bestia doveva avere una così grande superiorità su di essa da cogliere con precisione il momento opportuno al culmine dello scontro; infatti, se l’avesse lasciata andare quand’era ancora forte avrebbe corso pericolo per via delle sue zanne, mentre attaccandola con maggior forza del necessario l’avrebbe uccisa, cosicché la Fatica sarebbe rimasta incompiuta” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.

La cordialità
Sicilia: “Trattando familiarmente gli uomini che lo onoravano, lasciò presso di loro ricordi imperituri della propria venuta” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 24.

La modestia
“Nessuno dia a me questo onore; non lo voglio” - Apollonio Rodio, Argonautiche I.
Olimpiadi: “Stabilì che il premio fosse una corona, poiché anch’egli beneficò il genere umano senza ricevere alcuna mercede” - Apollonio Rodio, Argonautiche.

La sagacia
“L’inventiva non gli fu meno utile della forza fisica; (…) senza violenza e senza pericoli, con la sagacia dello spirito portò a termine questa Fatica” (cerva) - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.

L’orgoglio
“Eracle rifiutò di trasportarlo fuori sulle spalle (letame), per evitare la vergogna derivante da quell’ordine oltraggioso (…) Compì l’ignobile ordine senza vergogna, senza dover sopportare nulla che fosse indegno dell’immortalità” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.

La compassione
Piange per Meleagro nell’Ade: “Il figlio di Anfitrione impavido in guerra bagnò di lacrime gli occhi, compatendo il doloroso destino dell’uomo, e in risposta gli disse: - Per le creature mortali non essere è la cosa migliore, né mai vedere la luce del sole” - Bacchilide, Epinicio V.
“Quando a stento si fu liberato della propria follia e venne a conoscenza dell’errore commesso nell’incoscienza, fu vivamente addolorato per la grandezza della propria sventura; e mentre tutti erano partecipi del suo dolore e del suo lutto, per molto tempo se ne stette tranquillo in casa evitando rapporti e incontri con le persone” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.
“Quando Eracle lo vide sofferente per questa punizione per il dono che aveva fatto agli uomini, uccise l’aquila con una freccia e dopo aver persuaso Zeus a cessare dalla sua ira, salvò Prometeo che era il benefattore di tutti” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica IV.

L’eroe che plasma il territorio e la società

Ciò che stupisce è come la complessità di Eracle (dalle origini extraelleniche alle contraddizioni, dalla dimensione umana a quella divina, dalla missione di sterminatore a quella di civilizzatore) sia stata nei secoli mistificata e ridotta ora a vis comica ora a soggetto cinematografico o letterario di scarsa qualità, fino a renderlo prodotto di consumo per la letteratura infantile. La sua follia è stata soffocata nella camicia di forza, la sua audacia virata in spavalderia, la sua dedizione intesa come caparbia bruta, la sua affettività stroncata dal moralismo, il suo superomismo addomesticato dalla tracotanza dei benpensanti.
Eracle è stato fatto a pezzi con un bisturi cinico e ognuno ha condensato la sua ricchezza metaforica in uno solo dei frammenti, ridisegnandolo per i propri obiettivi artistici, filosofici, politici o religiosi.
Lui che ha “liberato la via per i viaggi per nave” (Pindaro,Istmiche IV), si è perso nel labirinto della storia e si ritrova al centro di una galleria di specchi deformanti.
I nostri autori ci raccontano che ha percorso i sentieri dei deserti e delle catene montuose, delle steppe e delle paludi, delle pianure e dei vulcani, modificando il paesaggio con opere grandiose, come la divisione dei continenti e la rimodellazione di fiumi e laghi. Ha viaggiato perfino al di là del mondo sensibile, raggiungendo luoghi che appartengono alle favole. Ha portato presso i popoli di tutto il mondo conosciuto le arti agricole di Demetra e il pensiero evoluto della grecità. Proprio un missionario di grecità, è stato. Lasciando dietro di sé nuove colonie elleniche, templi e ginnasi. Eracle non ha cambiato il mondo con i prodigi della divinità, ma con le proprie forze e con i sentimenti e le emozioni più umane.
Ha ucciso, ha distrutto, ha amato, ha sfidato, ha costruito, ha soccorso, si è disperato, ha sbagliato, si è pentito, si è purificato, si è straziato il cuore subendo una follia dionisiaca che non l’ha spinto a lacerare le carni di un animale, ma quelle dei propri figli… Eracle non può essere dissociato dalla tragedia. Egli è il simbolo dell’umanità più tragica, che edifica pensiero e opere per vedere ogni volta crollare tutto, ritrovando in un attimo l’energia per ricominciare a produrre la propria distruzione.
I Micenei non hanno avuto un buon rapporto con l’ambiente, non hanno saputo costruire pace e collaborazione tra le città-stato, hanno ceduto alla corsa agli armamenti, si sono creati nemici ovunque… e alla fine le vicende degli uomini e la furia della natura li hanno stroncati. Avrebbero molto da raccontare all’uomo contemporaneo, se l’uomo tecnologico e globale del nostro secolo, sempre più distruttivo, li volesse ascoltare.

Le modifiche del paesaggio
“Eracle si trovò di fronte il fiume Strimone, e ne fu contrariato: allora riempì di massi la sua corrente, e da navigabile che era lo rese non più navigabile” - Apollodoro, Biblioteca II.
Stretto di Gibilterra: “Restrinse quel braccio di mare affinché, resolo poco profondo e stretto, fosse impedito ai grandi mostri marini di passare dall’Oceano al mare interno (…) Alcuni affermano al contrario che, essendo uniti i due continenti, egli vi tagliò un passaggio” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica  18.
Sicilia: “Creò un lago con un circuito di quattro stadi” (700 metri) - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 24.
“Eracle, che desiderava fare un favore ai Calidoni, deviò il fiume Acheloo e, preparandogli un altro letto, recuperò un territorio grande e produttivo” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 35.

L’eponimia
“A Lico poi affidò un vasto territorio sottratto ai Bebrici: e l’intera regione venne chiamata Eraclia” - Apollodoro, Biblioteca II.
“… (a Trezene) c’è una fontana detta Eraclea, perché, secondo i Trezenii, Eracle ne scoprì le acque” - Pausania, Viaggio in Grecia II.
 “In Sicilia fondò la città di Eraclea. Ma, dal momento che quest’ultima crebbe velocemente, i Cartaginesi, pieni d’invidia e nel contempo temendo che divenuta più forte di Cartagine portasse via ai Fenici la loro egemonia, condussero una spedizione contro di essa con una grande armata e presala con la forza la rasero al suolo” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV.

La civilizzazione
A Creta “ sgombrò l’isola dagli animali selvatici… orsi, lupi, serpenti (…) Introducendo le coltivazioni, trasformò la Libia, che era piena di animali selvaggi… a causa dei quali in precedenza non era abitabile (…) Egli odiava e combatteva la razza delle bestie feroci e degli uomini iniqui - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 17.
“Mise fine all’ignoranza delle leggi e alle uccisioni degli stranieri (…) Alpi: “Scelse la via più aspra e di difficile passaggio, cosicché ora essa è percorribile da eserciti e bestie da soma” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 19.
Campania: “Porta molti segni del fuoco (del vulcano Vesuvio) che l’ha bruciata in tempi remoti (…) Eracle, dopo aver ucciso la maggior parte dei Giganti, rese possibile la coltivazione della regione” - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 21.
Campania: “Costruì la strada che ora corre lungo il mare, e che da lui viene chiamata Eraclea” (il cui selciato è stato scoperto sul fondo marino) - Diodoro Siculo, Biblioteca storica 22.
“Eracle gareggiò con i fratelli in una gara di corsa e incoronò il vincitore con un ramo di olivo selvatico. Si racconta che è stato introdotto in Grecia da Eracle dalla terra degli Iperborei, uomini che hanno dimora nell’estremo Nord” - Pausania, Viaggio in Grecia V.


martedì 16 ottobre 2018

LAMENTO DI ERACLE


"Lamento di Eracle", Eretica Edizioni 2018

Eracle è conosciuto per le dodici imprese o fatiche. Ma la sua storia è molto più complessa. Cento rivoli si dipartono dal corso principale e si intrecciano, si sovrappongono, confluiscono in altri miti. Nelle “parerga”, le imprese successive, Eracle continua a fare incontri straordinari. Percorre il mondo per raddrizzare torti, conquistare città, salvare gli dei… e per amare. Amori diversi l’uno dall’altro, una gamma di comportamenti erotici che lo rendono simile a un libertino contemporaneo. Ama ragazzi, principesse, schiave, sacerdotesse, donne mostruose, amazzoni… Ma ogni volta la tragedia o semplicemente la fine del rapporto sono in agguato. Da qui il suo lamento. L’unica stagione felice è quella dell’adolescenza, quando ama le cinquanta figlie del re Tespio. Da quel momento accumula perdite strazianti, abbandoni, tradimenti… e rimane sempre a mani vuote. Un libro sul limite dell’amore? Sulla sua tragica impossibilità, forse. Ma anche sulla sua gloria proteiforme e irresistibile. Un libro di cronaca e riflessione sui diversi aspetti dell’amore e sui rapporti complessi tra uomo e donna. E sulla coscienza conflittuale di Eracle, voluto da Zeus forte e spietato, impulsivo e incontenibile, che però è disgustato da se stesso e dagli dei.

Ai nostri tempi l’eros è presente in tutte le sue sfaccettature e la libertà sessuale sembra avere raggiunto il suo massimo, grazie a Internet, ai Sex shop, alle pubblicazioni, alle Associazioni, alle nuove tolleranze… Eppure il dibattito è sempre più vivace e l’approccio alla sessualità ancora conflittuale e complesso. La potenza sessuale diminuisce, ma aumentano gli stupri; le coppie omo si mostrano in pubblico, ma le violenze omofobiche aumentano; le coppie stabili diminuiscono; le diverse forme di solitudine aumentano; si proclamano scelte di castità; nascono o si diffondono nuove identità sessuali: asessuale, bisessuale, pansessuale, transessuale e transgender…
La diffusa insicurezza viene mascherata dai proclami rassicuranti della pubblicità, della moda, dei sacerdoti laici vip dei social: siamo uomini e donne vincenti anche nella sessualità.
Eracle si racconta, ma il bilancio delle sue imprese erotiche non è trionfalistico, non è romantico, non è affettuoso, non è carnale e libidinoso. È un lamento.
Di tanto amore, che cosa gli rimane?
Eppure, le sue ultime parole sono ancora in difesa dell’amore:
“Il mio lamento finisce qui, nel silenzio. Nella pace. Eracle riposa. Quanto ha amato! Il ricordo dei mille amori diversi e tumultuosi è l’unico che gli dia consolazione. Tutto il resto è macerie.”


SINOSSI in base all’indice

L’esodo – Introduzione.
La prima volta rideva – Eracle fa l’amore per la prima volta, a quattordici anni, con una schiava intraprendente.
Il tempo dei giochi – Esiliato sul monte Citerone a fare il pastore, si impegna a uccidere il leone che terrorizza la popolazione; lo insegue per cinquanta giorni, ricevendo ogni notte in premio l’amore di una delle cinquanta figlie del re Tespio.
Non dite che non ho amato Megara – Riconoscente per la vittoria su Orcomeno, il re Creonte di Tebe dà in sposa la figlia a Eracle, ma lui dopo un periodo di serenità la uccide insieme ai figli, a causa della pazzia che gli manda Era.
Lacrime per Ila – Durante l’impresa degli Argonauti, le ninfe rapiscono l’amato Ila, il suo ragazzo. Eracle ricorda come lo ha conosciuto, durante l’assalto al regno dei Driopi il cui re ha ucciso, ed era il padre di Ila.
La mia amante guerriera – Incaricato di rubare la cintura della regina Ippolita, Eracle giunge nel regno delle Amazzoni con un manipolo di giovani eccitati. Faranno l’amore con le guerriere, ma Era le sobilla e nello scontro Eracle uccide Ippolita.
Nuda sullo scoglio – Il re Laomedonte di Troia ha ingannato gli dei Apollo e Poseidone negando loro due cavalli divini promessi. Viene punito con la richiesta di offrire la figlia Esione a un mostro marino. Eracle la salva e lei gli chiede una notte d’amore perché vuole un figlio da lui.
La donna nel serpente – In una regione selvaggia, Echidna, la creatura metà donna e metà serpente ricatta Eracle: un amplesso per la restituzione dei suoi due cavalli. Eracle accetta.
In guerra per una principessa – Il re Eurito di Ecalia nega a Eracle la figlia Iole messa in palio in una gara tra i migliori arcieri del mondo. L’eroe si allontana minacciando una guerra. Qualche tempo dopo, di nuovo vittima della follia mandata da Era, gli uccide il figlio Ifito.
La regina nella pelle del toro – L’oracolo di Delfi punisce Eracle mandandolo per un anno da Onfale, regina della Lidia. La deve servire come uno schiavo. Alla sua corte, vestito e truccato da donna, Eracle assiste a orge e manifestazioni di sadomasochismo. Se ne andrà prima del tempo, rifiutando la totale sottomissione.
Violenza su una donna – Nei dintorni di Sparta, all’interno di un tempio dedicato ad Atena, Eracle, ubriaco, violenta la sacerdotessa Auge.
La fine di ogni amore – Giunge il tempo di vendicarsi di Eurito. Eracle attacca Ecalia, la distrugge, massacra la famiglia reale. Porta via con sé Iole, suscitando la collera della moglie Deianira. Sarà l’amore a causare la sua morte sul rogo.

Su questo filone relativo ai miti e alle tragedie greche ho già scritto, in attesa di pubblicazione: “L’Aiace littorio”, “Edipo dice no”, “Solitudine di Alcesti”. Sto scrivendo “Passione di Fedra”, incentrato sulla passione della moglie di Teseo per il figliastro Ippolito, ma soprattutto sulla asessualità del giovane, tematica più che mai attuale.
Ippolito sceglie Artemide al posto di Afrodite. Sublima quindi l’impulso sessuale con l’amore per la natura. Al giorno d’oggi sono diversi i motivi per cui molti giovani fanno a meno del sesso. Può esserci una situazione psichica confusa (transgender), per cui non riescono a definire l’attrazione per un partner. Oppure si tratta di una reale mancanza di stimoli sessuali, per cui l’asessualità viene vissuta con equilibrio e serenità. O ci sono motivi religiosi. E così via.
Una cosa è certa. La semplificazione/imposizione di relazione lecita solo tra uomo e donna e solo nel matrimonio non è più accettabile. Il sesso ha tante sfaccettature e chiamarle perversioni non porta da nessuna parte.

INCIPIT

L’amore? Non uno, cento. Con una schiava, con una moglie, con un ragazzo, con un’amazzone, con una donna bestia, con una regina, con una vergine del tempio, con me stesso…
L’amore ha tante forme che a volte non lo riconosci. Non è solo carne, ma soprattutto mente. Il cuore rimanga segreto, dentro una gabbia di ossa. Pulsa veloce dietro i pensieri libidinosi, riecheggia i fremiti della carne e te lo senti gonfiare in petto. Poi riposa. Non le tue voglie, mai. Insonni e ossessive.
Una vita di amori. Che cosa mi hanno fatto guadagnare? Una vita.
L’amore brucia, si dice. Brucia se stesso. Un incendio… e tutto è cenere. E come cenere mi sono ritrovato sul rogo del monte Eeta. Ogni guizzo di fiamma il ricordo di un amore. Il grido disperato di Deianira, lontano. Subito spezzato e ammutito.
Lasciatemi bruciare.
Ho amato tanto, ora voglio bruciare.
I miei santi amori!
Qua, venite tutti qua, incoronate la mia morte.
Eracle, non il semidio figlio di Zeus, ma l’uomo figlio di Anfitrione e Alcmena, l’uccisore di mostri, l’ubriacone crapulone, il distruttore di città, il civilizzatore, il raddrizzatorti, l’aggiustanatura, il fondatore, il salvatore, il santo.
L’amatore.
Guardatemi bruciare, ascoltate il mio lamento.
Faville salgono al cielo e formano nuove stelle.
Amate, figli, amate.

Cap. 1 - La prima volta rideva

La mia prima volta è stata a quattordici anni. Ero a Tebe e da due anni il mio padre terreno Anfitrione mi aveva tolto all’infanzia per affidarmi ai maestri più famosi. Castore per la spada, Chirone per la medicina e le scienze, Autolico per la lotta, Eurito per l’arco e Lino per la musica. All’inizio ero recalcitrante. Starmene chiuso in una stanza o in un cortile ad ascoltare, ripetere, esercitarmi, obbedire! Spesso punito per le omissioni e le intemperanze. Poi, con mia sorpresa, ho scoperto che molte attività erano appassionanti. Quasi tutte, ma non tutte. La musica… Con il mio primo maestro Eumolpo sì, mi strabiliava mostrandomi le stelle e chiedendomi di ascoltarne le armonie. Richiamato a Eleusi, fu sostituito da Lino… Che mi insultava, mi umiliava! Un  giorno mi ha colpito con il flauto e io ho reagito tirandogli lo sgabello. Una mano divina rancorosa lo ha guidato fino a fracassargli la testa. Eccomi trasformato in Eracle l’omicida. Di colpo sono emerse l’invidia per la mia condizione di semidio, la paura, la diffidenza verso il diverso. I vecchi giudici, soprattutto, e i sacerdoti... In un attimo, le voci adulanti mutate in berciare sprezzante.
Che sia esiliato da Tebe! L’impuro, il contaminato! Quello che chiama disgrazie sulla città!
Io mi fidavo di loro, i miei sacerdoti, i miei ministri, i miei concittadini. La sacralità, l’autorità, la comunità. Bah! A quattordici anni avevo già contro il mondo intero.
Ma c’era chi mi difendeva. Una delle ancelle, per esempio.
“Ha fatto bene!” ripeteva. “Quel Lino era un bastardo. Lo prendeva a cinghiate. Se lo esiliano, non temono l’ira di Zeus?”
Anfitrione riuscì a rabbonire i giudici, ma dovette accettare un compromesso: sarei stato lontano da Tebe per quattro anni, confinato sul Citerone a fare il pastore.
Scoppiai a ridere.
“Volete che faccia i formaggi?” dissi spavaldo. “Li farò. Se la città non mi vuole, starò meglio in mezzo alle capre.”
Ma prima di andarmene…
… si chiamava Neeria. Una siriana. Giovane, ma con l’animo risoluto di chi ne aveva passate tante. L’avevo già notata. Non perché fosse più bella di altre schiave. Ma perché, nonostante gli ordini ricevuti, era l’unica che osava guardarmi in faccia quando ci incrociavamo. I primi occhi femminili dentro i miei. Avevo provato imbarazzo, la prima volta. Non sapevo come comportarmi. E avevo cambiato strada. Le volte successive mi godetti l’incontro fugace. Poi imparai a rallentare il passo o a sostare con un pretesto per esplorare lo sguardo nero e profondo. Ci brillava una malizia che mi scatenava la curiosità. Mai interessato a una schiava, prima. Ne chiesi il nome a un compagno fidato. Formulai nella mente cento domande alle quali lei non poteva rispondere. Fantasticai sulle sue origini. Era forse figlia di un re? Di un generale sconfitto? La Siria com’era? E cominciai ad allargare la visione sul collo, le spalle, i seni, i fianchi… Come ampliare la visione sul mondo. Volevo sentirne la voce, ma nessuna schiava poteva parlare al semidio. Un giorno che le passavo vicino le nostre mani ebbero un contatto segreto della durata di un soffio. Bastò per farmi eiaculare più tardi, in un anfratto delle mura.
Il giorno successivo percorrevo un corridoio. Solo l’eco dei passi. Sospiri di spettri, si dice. Non c’era nessuno, tutti nel cortile d’onore per una parata. Io non ero gradito. Ma lei lo aveva immaginato. Era venuta in cerca di me. La vedo avvicinarsi come se volasse, così leggera. Ecco, siamo faccia a faccia. Seri, ci fissiamo come se ognuno dei due fosse a colloquio con il soprannaturale.
Il cuore mi batteva forte e veloce. La sua mano mi afferrò il polso, mi trascinò via. In una piccola stanza dove si tenevano le cose necessarie per i lavori quotidiani.



sabato 22 settembre 2018

BAMBINI D'OMBRA



Un libro dell'agosto 2013, pubblicato in Amazon Kindle. Lo inserisco qui perché sono incappato in una pagina web che lo presentava. Ecco l'acuta e sensibile recensione di Benedetta Bonacina.

Leo subisce una metamorfosi improvvisa e devastante. Diventa un’Ombra. Invisibile, perde ogni contatto con il mondo che conosce. Che cos’è, l’ombra? Solo una variazione di luce? O un destino a cui non si può sfuggire, che fa chiudere gli occhi su una stanchezza letale? Leo deve affrontare le Torce e soprattutto se stesso. Non può continuare a essere quello che non fa mai gol. A sostenerlo c’è la persona a cui è più affezionato: il padre defunto. Ma a spingerlo a cercare la luce oltre l’ombra è Yuri, il suo piccolo amico, un amico da salvare.

“Né consolatorio né buonista né tradizionale. La famiglia come luogo interiore di Leo, mentale e affettivo. Il dolore è uno spegnersi silenzioso. E la rabbia brucia senza scaldare. Forma e contenuto sono note che si fondono in un accordo potente. Le emozioni scolpiscono il ritmo trascinante delle parole e il linguaggio si piega, docile, a dipingere i sentimenti. Il significato e la forza comunicativa del libro non sono riducibili alla sfera infantile, se non nella metafora letteraria. Il percorso dei bambini d’ombra non ha confini cronologici: penso alla sofferenza di chi si sente incompreso (a qualsiasi età) e rifiutato, di chi perde un riferimento affettivo, di chi cade in quello che è chiamato il disagio mentale. Nel finale non c’è una famiglia che apre le braccia e dice, come nei film, andrà tutto bene. Leo si trova davanti il “fuori da sé” esattamente come lo ha lasciato, con le stesse difficoltà e durezze; ha attraversato l’ombra ed è riuscito a tornare indietro, ma la strada da percorrere è ancora tutta da costruire, non facciamoci illusioni. Sotto quel “cielo di ferro”, però, si accende una luce, perché Leo è comunque tornato, e non da solo. Egli non si sente più soltanto un io ma anche un noi; e il noi scalda, dà forza. L’innocente può essere colpito con crudeltà, perché la vita è così, ma vale sempre la pena di cercare una via di salvezza, soprattutto quando il viaggio si fa in compagnia.” (Benedetta Bonacina)

martedì 11 settembre 2018

IL TEATRO DELL'AULA



Molti pensano che la vita sia l’intervallo di tempo tra la nascita e la morte. Alcuni, tuttavia, sanno che viene offerta a tutti la possibilità di vivere più di una vita. Basta trovare il coraggio per dichiarare “morto” un periodo e l’energia per ricominciare da un’altra parte e in una situazione diversa.

Per me è sempre stata così. La vita come una serie di passioni a tempo, tutte sincere e generose. Ogni volta che si prospettava un cambiamento, mi si presentava anche la possibilità di una rinascita. I gruppi teatrali che sono nati e non morti, vivi nella memoria e nell’acquisizione di prospettive, tecniche, argomenti, sperimentazioni, esperienze sempre più ricche e arricchenti. Dalla Gabbia Aperta all’Altra Eva, da Tecneke al Teatro dei Passeri fino al Teatro dell’Aula attraverso decine e decine di lavori con scuole materne, elementari e medie, centri d’incontro, diversamente abili, collettivi, associazioni… un luna park scenico che spesso mi fa girare la testa.


Con quest’ultima dimensione concludo la mia “carriera”. E con un cambiamento per me imprevisto. Il passaggio dalla tragedia alla commedia. Quest’anno mettiamo in scena una “Alcesti in commedia” che porterà i miei ragazzi ad acquisire nuove abilità. Hanno impersonato dei ed eroi greci, hanno sondato la sfera drammatica al suo massimo grado, con le Baccanti, Medea e le Troiane. Ora li aspetta un pubblico  che vuole ridere, e per soddisfarlo devono imparare a ridere loro per primi. Devo apprendere nuovi ritmi, nuove relazioni attoriali, usi diversi della mimica… In poco tempo. Vorremmo presentare l’opera l’8 marzo, per la festa della donna. Ma sono ragazzi in gamba, ce la faremo.


Forse anch’io ho bisogno di prendermi una pausa dalla passione per la tragedia greca e ne approfitterò per ridere insieme a loro. Il lavoro di quest’anno sarà l’ultimo tassello per completare il mio libro sul teatro, un libro intitolato “Il Teatro dell’Aula”. È pronto, manca solo questo capitolo sulla commedia. Uscirà quindi prima della prossima estate.


Pubblicato il libro, mi sentirò davvero soddisfatto.


Perché percepisco come molto significativa questa esperienza? Perché il Teatro si inserisce nella scuola non come elemento estraneo o comunque proveniente dall’esterno, ma innestato nel corpo stesso della scuola. Gli alunni passano davanti all’aula, sbirciano, si incuriosiscono, fanno domande ai compagni che recitano, provano magari il desiderio di provare. Non è più solo una recita scolastica, è Teatro con la T maiuscola, ed è a loro disposizione. A me, questo, emoziona.