mercoledì 27 febbraio 2013

CODIBUGNOLO

Nuovi ospiti: il codibugnolo, la cincia mora e gli storni.
IL CODIBUGNOLO:




Sedentario-nidificante, migratore regolare e svernante.
Nidifica in marzo-maggio e depone da 7 a 12 uova. Normalmente una nidiata all'anno, raramente due. Vive non più di 8 anni. Si muove con brevi voli, di cespuglio in cespuglio, ispezionando ogni fronda, ogni lembo di corteccia, alla ricerca di insetti di cui si nutre. In inverno, per proteggersi dal freddo, gonfia il piumaggio e si raduna in gruppi composti da 5 a massimo 18 esemplari. Questi stormi invernali sono territoriali e difendono attivamente un'area comune di una ventina di ettari. Al suo interno si trovano i dormitori, i luoghi in cui abbeverarsi e varie zone di alimentazione, perlustrate quotidianamente lungo percorsi fissi. Con l'arrivo della primavera, il gruppo si scioglie gradualmente dando origine a varie coppie che si insediano in parti diverse del territorio comune. Ognuna, spesso aiutata da altri esemplari, si dedica alla costruzione di un elaboratissimo nido nacosto tra i cespugli o addossato al tronco di un albero: una grossa palla costituita da muschi e licheni tenuti assieme da tele di ragno, utilizzate come "cemento". All'interno una folta imbottitura di piume assicura il calore e la protezione necessaria. In questa "palla" viene portato a termine il ciclo riproduttivo sino all'involo di 5-7 piccoli. I fallimeti tuttavia sono molto numerosi, dovuti ai predatori o ad avverse condizioni ambientali.
da "Il Codibugnolo: una pallina... con le ali"
di Gilberto Volcan - Guardaparco - Parco Naturale Adamello-Brenta www.pnab.it
Foto di Daniele Occhiato e Walter Zatta Colussi 

CORSO TEATRO INSEGNANTI


Cinque incontri di due ore per parlare di teatro nella scuola e mettersi in gioco con voce e corpo. Tredici insegnanti di scuola elementare e media (Oleggio, Varallo Pombia, Gozzano). Si comincia con una brevissima storia del teatro (sintetizzata in una pagina!) dalle dionisie greche a oggi. Ci servono alcuni riferimenti per capire meglio in che cosa ci stiamo addentrando: Antoine, Stanislavskij, Appia, Craig, Reinhardt, Mejerchol'd, Brecht, Terzo Teatro. La voce: tonalità, ritmo, intensità, accenti, appoggiature... "La capra" di Saba ci serve per il primo approccio alla lettura espressiva: voce e gestualità. Il rapporto con il pubblico. Si parte dall'analisi del testo, come se dovessimo mettere in scena la poesia. Letture e osservazioni critiche. Il secondo incontro è dedicato ancora alla lettura singola, poi si formano le coppie. Un breve testo mio, "Alberto e Alberto", di ispirazione clownesca. Ora la visuale si allarga. Voce, corpo, movimento, rapporto con il partner, rapporto con il pubblico. Tutti si esibiscono, tutti imparano dalla propria esperienza e dall'osservazione delle performance altrui. Si parla di teatro nella scuola, di quanto sia importante il coinvolgimento ludico dei bambini. Devono lavorare su un testo che capiscono e apprezzano. Devono appassionarsi, ma con una partecipazione disciplinata. Il teatro non è un gioco facile: memoria, attenzione, pazienza, autocontrollo, collaborazione... Il terzo incontro vedrà ancora le coppie esibirsi in una lettura di Biancaneve: uno legge e l'altro mima in modo semplice, onomatopeico. Ci si avvia verso una lettura complessa, teatralizzata. Voce, gesto, movimento... la regia. Lettura con il supporto della scenografia (di utilizzo, non solo estetica) e della musica (anche questa di utilizzo, non di sfondo). L'obiettivo è duplice: sviluppare abilità di lettura espressiva e farsi un'idea di teatro nella scuola che sia vivo (troppo spesso si vedono sul palcoscenico marionette e non bambini).

TECNEKE!


martedì 26 febbraio 2013

IL BLOG DI CARLETTO


Il nuovo blog di un amico, Carlo Magnaghi: un metalmeccanico in rete




LUNEDÌ 25 FEBBRAIO 2013


Storia di un mattone "caldo" cuore della mia casa

Il miglior sistema di riscaldamento è ad irraggiamento, proprio come quello 
del Sole, che tutti i giorni ci regala sotto forma di energia termica. 
Da pochi anni appassionato di bioedilizia, con un po' di fortuna  
e grazie a Cinzia, mia cognata, ho scoperto  un sito russo, 
stove.ru  con delle meravigliose pagine web in cirillico con traduzione in inglese. 
Per me da buon dislessico cosa poco importante saper leggere il cirillico o l'inglese, 
ma sfogliando il sito ho visto moltissimi disegni progettuali di cui ne intuivo 
la bellezza e la semplicità. Li vedevo realizzati i modelli  di stufe disegnati, 
colpa forse delle ore passate a giocare con i mattoncini Lego. Disegni 
semplici per me da interpretare come le raffigurazioni contenute nel  
libro dell'autosufficienza di J. Seymour, che in età adolescenziale mi regalò
 mia madre. Coltivare il sogno di una vita autosufficiente è  stato normale,  
la chiamo sindrome di Seymour (chi ha sfogliato il libro può capire). Ma ahi me, 
come altri libri, ho sempre e solo guardato le figure, come facevo con Paperino, 
leggevo la scena non la storia contenuta nelle nuvolette. I libri e Paperino non 
sono mai riuscito a portarli a termine, perchè incomprensibili, finché, dopo
 i risultati degli screening delle elementari di Giada, che si fanno ora per 
non discriminare i dislessici (un tempo le valutazioni erano "è intelligente 
ma non si applica", invito tutti a vedere il bellissimo film indiano 
"Stelle sulla terra"), ho capito, guadagnando autostima, che le mie difficoltà 
e quelle di Giada nella lettura non sono legate a problemi di apprendimento
 ma ad un modo diverso di interpretare le cose. Giada è dislessica come 
molte altre persone, Agatha Christie, Isaac Neewton, Albert Einstein, 
Carlo Magno, Leonardo da Vinci, John Lennon, Picasso, Galileo, 
Napoleone, Artur Fonzarelli  e molti altri ancora.
 La foto della stufa che ho costruito non appena ho visto i disegni 
di Kuznetsov's Stove, ci riscalda con grande soddisfazione, se si pensa
 allo scorso febbraio 2012. La colonnina di mercurio a Mezzomerico
 nella val del Rià è scesa a meno 18 C°.                   
Ma la soddisfazione più grande e che mi ha sorpreso è stato 
riprendere nuovamente il libro dell'autosufficienza di Seymour e 
provare a leggerlo fino in fondo. Con meraviglia dopo la stufa costruita e
 la Dislessia di Giada, ho visto un immagine nelle ultime pagine che non 
avevo mai notato, ho letto una pagina che non avevo mai letto . Non potevo 
crederci, coincidenze?
Chiunque volesse intraprendere l'idea di "riscaldarsi con un mattone" sarò
 a completa disposizione  per consigli pratici,  fermo restando che il massimo 
comfort termico lo si può ottenere con la posa di un ottimo isolante a "cappotto"
 alle pareti esterne degli edifici.  Il "cappotto" esterno alla mia casa l'ho realizzato
 in sughero ed è una cosa semplice alla portata di tutti, stufa compresa.
Per chi volesse sapere tutto sulla dislessia chiedete a Selina, è un libro aperto 
sull'argomento, forse perché ha quel grande dono di spirito materno che 
solo le mamme esprimono naturalmente.
Non cerco visibilità, cerco condivisione.

venerdì 22 febbraio 2013

ELEZIONI


Italiani e mammismo, si è sempre detto. Vero. Gli italiani vogliono una mamma prosperosa e profumata di colazione energetica che li consoli nelle sofferenze bizzose ed egocentriche. Amano patire le pene d’amore, amano sentirsi soli e sottostimati, amano la paranoia e il vittimismo, amano guardarsi allo specchio e dirsi: quanto sono bravo, quanto sono bello, quanto sono straordinario. La mamma è il loro specchio. Non solo lava le mutande e inforna le lasagne, ma li apprezza in tutto quello che fanno, anche quando evadono le tasse, imbrogliano, picchiano, ammazzano. Il loro bambino caro, sempre innocente. “Non è cattivo” dicono, “fa il cattivo per colpa degli altri”. Oppure: “Non è stupido, lo sembra per colpa degli altri”. E ancora: “Non è disonesto, lo fa per colpa degli altri”. Proprio quello che gli italiani vogliono sentirsi dire. Loro non hanno mai colpe, loro hanno sempre ragione.
Ma gli italiani hanno bisogno anche e soprattutto di un papà. Che si chiami Benito o Silvio o Beppe o Benedetto non importa. Purché sia duro a parole e comprensivo nei fatti, potente e magari ricco, onnisciente come un libro sacro, capace di rassicurare in qualsiasi emergenza: ci penso io, che sono il papà. Tu non prendere decisioni, non angosciarti per le opzioni, non assumere responsabilità, non preoccuparti per il futuro, non farti scrupoli morali, non smettere mai di sognare che avrai: il paradiso, la casa al mare, la macchina di lusso, i soldi in banca, il vestito elegante… Il papà raccoglie i tuoi desideri come Babbo Natale e poi ti consegna i pacchi dono senza che tu debba muovere un dito. Lui bastona i tuoi nemici, manda via gli importuni, insegna ai tuoi bambini il razzismo e l’egoismo, la violenza e la disonestà. Lui ti porta nel Paese di Cuccagna, tutto gratis. Lui è onnipotente, e ti vuole bene.

domenica 17 febbraio 2013

TANTE VITE

Si riflette poco, travolti dagli avvenimenti, su quanto importanti siano i cambiamenti di vita nella vita. Su come bisogna saperli accettare e sfruttare, chiudendo in modo inesorabile con il passato e aprendosi al futuro. Nella vita si cambia, ma non solo; la vita cambia, e per fortuna è così. Ho avuto più volte la sensazione di avere a disposizione non una ma molteplici esistenze. Sono da considerare, ognuna, non come un blocco omogeneo, ma come una vita a sé, che raccoglie dal passato e anticipa il futuro con la disponibilità al cambiamento. E così ho avuto gli anni della scrittura velleitaria e narcisistica, quando accatastavo poesie e fallivo romanzi, giocando a fare il critico letterario e il vincitore di premi. L’esperienza mi ha dato modo di conoscere il sottobosco dell’editoria degli anni ottanta, con le riviste provinciali e le pubblicazioni faidate in tipografia, magari con la prefazione mercenaria del barone universitario o del critico blasonato. Da lì sono scivolato nelle attività espressive per bambini e ragazzi, con sgomitamenti nella psicoterapia; diplomi di psicologia della scrittura e del disegno, di ipnosi e psicosomatica e altro che non ricordo. Su un altro binario frequentavo corsi di teatro locali e uno con Dario Fo, avviando sperimentazioni azzardate con gruppi di preadolescenti per i quali mi misi a scrivere i testi. Cogliendo occasioni, mi tuffai anche nel teatro adulto, con una filodrammatica di paese, un gruppo femminile e un altro extrapaesano; regista e attore (un Molière, tra l’altro). Era la fase delle attività matte, dei carnevali e dei laboratori di tutto un po’, dei centri estivi e delle castagnate. Mi sono divertito? Tanto.
La terza fase ha avuto inizio nel 1994. Basta teatro, mi ero detto, troppa fatica. E basta animazione, idem. Vinco il “Battello a vapore” e mi metto a scrivere per ragazzi. Va bene, pubblico più di trenta libri, mi faccio un nome, vado in giro per l’Italia, vinco premi. Mi sono divertito? A scrivere tantissimo, ma poco in quanto a incontri di scrittura, rapporti con le case editrici o (scarsi) con i compagni d’arte. Nello stesso anno vinco anche un premio del Piccolo Teatro di Milano per un laboratorio di drammaturgia. Cioè, arrivo in finale, non ho proprio vinto. Ma mi si riapre la ferita del teatro, mai cicatrizzata. E scrivo e scrivo. Sono quindi due le attività che mi riempiono le giornate: la scrittura per ragazzi e il teatro come scrittura e come messa in scena con le scuole (materna e primaria). Collaboro con una compagnia di professionisti, Lupusagnus; e dirigo un gruppo di ragazzi, Il teatro dei passeri.
L’editoria entra in crisi, i libri per ragazzi non si vendono più, ma soprattutto mi sento logorato da anni di rapporti mediocri con editor e case editrici. Scrivo alcuni libri per adulti. Ma non è questo a dare una nuova svolta. È il teatro.
Come a volte si fa, in passato ho agito da incosciente, scrivendo per il teatro e facendo teatro senza approfondirne la conoscenza. Ma ogni cosa ha il suo tempo. Ed eccolo qua. Mi metto a scrivere il quinto libro della serie di Albino Guidi, ma non ci provo gusto. Lo sospendo. Ho voglia di palcoscenico. Ho voglia di capire che cosa penso io del teatro, e che cosa è la mia drammaturgia. Come scrivo, io? Come vorrei scrivere? E per chi e per che cosa? Tutto ha inizio con alcune intuizioni, vaghe e confuse, ma molto affascinanti. Teatro e mitologia. Pan, l’uomo-bestia-dio mortale, il mostro che fa musica, l’erotomane, l’emarginato. Rifletto sulla mia scrittura di teatro, fatta di filastrocche, di sintesi, di ritmo, di assurdo, di grottesco, di passioni… Ne esce un articolo che pubblica Stratagemmi. Scarico più di duecento opere classiche e contemporanee e leggo leggo leggo. Compro libri di teatro e drammaturgia e leggo. Ho l’idea vincente: scrivere un’opera nuova e accompagnare la scrittura con riflessioni che la studino e la generino. Apprendere il teatro scrivendolo in modo consapevole e interrogandosi. Metodo socratico. Ecco quindi “Cataus. La casa dei gatti”. Grazie al diario e a diciassette riscritture elaboro un metodo: “La drammaturgia del luogo chiuso”. Ora però devo applicarlo, il metodo. Scrivo un’altra opera. Anzi, la sto scrivendo: “Artaus. La casa dell’arte”. Applico il metodo, e lo perfeziono.
Tutto questo per dire che questo riempire le giornate di teatro segna la mia fine come scrittore per ragazzi. Qualcosa d’occasione potrei scriverla ancora, ma mi rendo finalmente conto, dopo alcuni mesi, che nella mia testa i libri per ragazzi non ci sono più.
Sembra cinico. Dopo diciott’anni di cure quotidiane (scrivi, correggi, spedisci, rispondi, scrivi, viaggia, incontra, pubblica…) com’è possibile che mi sia tolto tutto di torno, senza un profondo dispiacere? Mi sembra solo un poco strano, ma non ho rimpianti. È stato così quando ho lasciato la scuola. Che strano, una nuova vita. Ma che sollievo, anche, poter cambiare vita. Addio, libri per ragazzi. Mi avete dato tanto, ma io ho dato di più, ne sono sicuro. E ora sono felice di non pensare più in piccolo, perché in Italia purtroppo l’editoria per ragazzi funziona così, che se pensi in grande, se esci dagli schemi, se non stai in una certa dimensione pseudoeducativa o paratelevisiva…  ahi ahi, ce l’hai dura.
Ora respiro. Intorno a me ci sono i libri di teatro e quelli di James Hillman, i tre copioni degli spettacoli dell’anno, la documentazione dell’associazione Tecneke (facciamo sul serio), fogli di appunti e di sintesi, progetti e programmi…
Dentro di me c’è la gioia di avere tutto qui e di poter fare tutto qui, con il computer e i ragazzi di Techneke, con i libri di teatro e i fecondi dormiveglia nei quali elaboro le drammaturgie. Non voglio più domandarmi: mi pubblicano l’inedito? avrà successo il libro? vincerò il premio? Non me ne importa niente. Ho una passione, tanto mi basta.
Questo però me lo domando: avrò tempo per altri cambiamenti di vita? Sì, sì, di tempo ce n’è sempre per qualunque cosa; e quando non ce n’è più, basta chiudere gli occhi.

lunedì 4 febbraio 2013

UN ARTICOLO SULLA DRAMMATURGIA

"Poesia e prosa: sorelle maggiori di drammaturgia"


Si tratta di un piccolo articolo con alcune riflessioni sui tre generi: prosa, poesia, dramma. Lo pubblica "Sul Romanzo" nella sua webzine a pag. 34. Le riflessioni scaturiscono da un lavoro ampio e appassionante teso ad approfondire i caratteri della mia drammaturgia e a definire un metodo. A tale scopo, ho scritto il sequel di "Mamma mammazza", intitolato "CATAUS. LA CASA DEI GATTI". Un mese di riscritture e di riflessioni  che hanno portato a risultati di cui sono soddisfatto. L'obiettivo è definire i caratteri peculiari della drammaturgia in un confronto tra generi. Ora cerco qualcuno che mi pubblichi "La drammaturgia del luogo chiuso", come ho chiamato questo primo studio.


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L'obiettivo è di elaborare un testo non solo di metodo drammaturgico, ma di completa visione del teatro che prenda spunto dall'esperienza, dal mito di Pan e dalla psicologia analitica di James Hillman.

DEATH WATCH, l'inizio