lunedì 17 giugno 2013

DIETRO LA PORTA A SANT'AGABIO

Corso di teatro propostomi da Arci Novara in collaborazione con l'oratorio di Sant'Agabio per ragazze di religione islamica. Lo spettacolo sarà presentato ai primi di novembre.

Eccoci qua. Giovanni mi fa da assistente. Prende il nome delle ragazze: Naoures, Imen, Amel, Sirine, Maha.

Propongo una riedizione di “Dietro la porta”, adattato alla loro età e alla tematica dell’integrazione.
È un format che si può applicare alle situazioni più diverse, valido per bambini e adulti. Ho preparato una pagina di testo e di musiche o effetti sonori, per dare una prima valutazione riguardo gestione della voce e del corpo, inibizioni emotive, intraprendenza e motivazione. Cominciamo. Utilizzo musiche free che si trovano facilmente in internet. Sulla prima, le ragazze entrano in successione con postura “di dignità, di orgoglio, di fierezza di sé”, come suggerisco. Si distribuiscono nello spazio delimitato e s’immobilizzano (illustro lo stop) in una posa che presuppone un livello pre-espressivo (“non fermatevi e basta, inventatevi la motivazione, tipo l’intenzione di sedersi, la scoperta del pubblico, un pensiero improvviso, la volontà di rivolgersi a una compagna…”). La quinta ragazza entra e rovescia tutte le sedie disposte a caso, con secchi tonfi che fanno sobbalzare le altre. Seconda musica: una scansione di timpani cui segue una melodia. Le ragazze camminano a ritmo sul posto, poi muovendosi intersecandosi nello spazio scenico. La terza musica è orecchiabile, dolce: lente, raddrizzano le sedie, le dispongono ad arco e prendono posto.

Quando poi, al momento dei commenti, mi chiedono che cosa significa, rispondo che andiamo alla ricerca della ristrutturazione dei movimenti quotidiani, per offrire uno spettacolo di coreografie e scansioni che trasmetta armonia e suggestione. In quanto all’interpretazione, dico che ogni spettatore può avere una visione sua personale. Per esempio, l’inizio potrebbe raccontarsi così: le donne hanno una loro dignità e un loro orgoglio, ma non è facile affermarli e le sedie rovesciate sono gli ostacoli, le difficoltà e le violenze piccole e grandi; bisogna agire, mettersi in cammino; e riparare i torti e le ingiustizie, trovando un posto per sé, e quindi uscendo dall’ombra e dall’inerzia.

Lavoriamo molto sull’incipit narrativo. Il cellulare di una ragazza squilla: è la madre. Proviamo dapprima la versione madre irritata e figlia spaesata, poi madre apprensiva e figlia angosciata… e scegliamo quella che ci sembra più efficace. Tutte provano, così cominciamo ad affrontare i problemi della voce: intensità, scansione, pausa espressiva, corrispondenza con il movimento e la gestualità eccetera. Ripetizione: a tutte squilla il cellulare, tutte rispondono e ripetono le stesse cose.
Siamo alla filastrocca:

C’era una volta la porta
di questa favola corta.
Chiusa la porta, ancora cammina,
dove credi di andare, bambina?
Vado lontano mille futuri,
dove non vivi tra quattro muri.
Dietro la porta un mistero:
sarà falso ciò che è vero?
Attenta, bambina che vai lontano,
chiedi a qualcuno di darti la mano.
Apro la porta e vado da sola,
un passo, un altro e poi via si vola!
La porta s’è aperta e richiusa,
la storia qui sembra conclusa.
Ma un’altra bambina arriva gridando:
apriti, porta, son io che comando!

Distribuisco i versi, definisco i cori e i movimenti. Al termine, una va a bussare alla porta. Si sente il ruggito di un leone. Una serie di dialoghi con ripetizioni corali. Infine, la scoperta che la porta d’ingresso è sprangata. Sono chiuse nella stanza. Perché sono lì? Perché rinchiuse? A queste e ad altre domande dovranno rispondere dipanando il filo di una narrazione che sia significativa ed esprima concetti importanti e utili.
Le ragazze sono contente. Non si aspettavano un teatro così. Sono contento anch’io perché la collaborazione è al massimo e i risultati si vedono all’istante. Viva il teatro.

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