I format musicali per la scoperta dei nuovi cresi
delle sette note sono numerosi. Essi mostrano non solo gli atteggiamenti dei
concorrenti e delle giurie, ma anche quelli dei familiari in trepidazione, che
affidano al genio di casa la responsabilità di toglierli dall’anonimato e di renderli
ricchi oltremisura.
Oltre alla musica, non trascuriamo la danza. Piccole
Fracci nostrane e piccoli Nureyev d’oltremare che “danzano dall’età di tre anni
e ora la danza è tutta la sua vita” dicono le madri degli impuberi che non
hanno ancora terminato la scuola elementare.
C’è una frenesia, uno sballo bacchico, intorno a
questi audaci adepti di Tersicore e… ehi, non c’è una musa della canzonetta!
Possiamo cedere Calliope, che dall’epica passa così alla rima baciata. Dicevo:
uno sballo che investe i vip dai giudizi ora cinici e spietati ora bonari e
addirittura amorevoli (a discrezione degli sceneggiatori); e i concorrenti che
non pensano ad altro che a “migliorare sempre più me stesso perché io sono qui
per vincere”; e le famiglie (“Gli abbiamo dedicato il nostro tempo libero,
vogliamo che sia felice”); e il pubblico, che piange, ride, urla, sospira,
batte le mani fino a spellarsele, dice idiozie; e i tecnici che se sbagliato un
effetto speciale si suicidano, chi non è all’altezza fuori; e gli sponsor che
di tutto fanno un mercato, anche dei sentimenti, delle convinzioni religiose,
delle disabilità, degli scandali, dell’imbecillità.
Dioniso regna sovrano. Ma dubito che sia lui. Questo
è solo un demone incontrollabile, figlio della Coca-Cola, che si prende gioco
del mondo.
Spesso questi giovani che cercano il successo hanno
abilità straordinarie, coltivate con anni e anni di sacrifici. Ma appunto
perché fanno tutto per il successo le loro abilità divorziano dalla passione
originaria e veleggiano verso avventure simili a quelle dei primi navigatori:
qualcuno sbarca a Manhattan, altri s’inabissano.
Quello delle canzonette è un mondo d’emozioni. Ma emozioni scollegate dal contesto. Anche quando i testi affrontano tematiche importanti quali la giustizia sociale, l'emarginazione, l'ecologia... L'emozione è decontestualizzata e quindi innocua, e di conseguenza promossa a pieni voti dal potere.
Cantare insieme, cantare d’amore, cantare di sensazioni immediate, facili da
provare senza danno per la salute, cantare con il cellulare sbandierato,
cantare per le telecamere, cantare per le lacrime che non esprimono dolore, ma
partecipazione. Ecco, sì, ci si sente insieme. Insieme a chi? A tutti e a
nessuno. Cantare, infine, per condividere la fama. “Ce l’ha fatta” si dice.
Tutto risolto, è un dio in terra. Eh, il divismo. Storia vecchia. La stagione
magica della tragedia greca è durata poco più di un secolo, e poi gli attori
dilettanti sono diventati subito divi. Con tutte le pretese, le arroganze e le schizofrenie
del caso.
Il governo, un tempo, provvedeva a potenziare l’attività
fisica nella scuola per fabbricare soldatini pronti a obbedire ciecamente e a
farsi ammazzare in difesa della patria (e dei privilegi degli oligarchi). Oggi
all’attività fisica si aggiunge quella musicale, con l’intento di diffondere le
canzonette come un virus benefico. I nuovi poeti sono i cantautori, la grande
musica è quella scombinata delle discoteche. In tutti i paesi furoreggiano i
corsi di canto, strumento e danza, preludio a un ingaggio televisivo e all’isola
dei famosi che una volta si chiamava paese della cuccagna. I cantanti di grido
vengono proposti come ambasciatori di pace, filosofi, intellettuali,
tuttologhi, santi (medesimo meccanismo per i protagonisti degli avvilenti film
hollywoodiani). Nel testo di una canzone sembra celarsi il destino ultimo del
mondo e non c’è ambito sociale la cui colonna sonora non sia l’hit del momento.
Mass media, politica, cultura, storia, letteratura, arte… tutto si sta piegando
alle esigenze dei divi del concerto e si piega talmente da spezzarsi la
schiena.
Non parlo di inciviltà, ci siamo già dentro (come si
può parlare ancora di civiltà quando si organizzano guerre di conquista
mascherate da “dio lo vuole!”, quando si distruggono le foreste, s’inquinano
gli oceani e l’atmosfera, si affama il mondo, si abbandonano a un destino di
patimenti e morte la maggior parte degli abitanti di un pianeta devastato?). Ma
di aciviltà: porsi al di fuori di ogni processo di miglioramento, dedicarsi
solo al proprio benessere, ignorare ciò che non va in nome di un’esaltazione
folle della perfezione del proprio cortile, coltivare sentimenti di odio,
rifiutarsi alla cultura.
Le emozioni. Facili, immediate, gratificanti,
inutili, controproducenti, stupide. Sembra che il fine ultimo dell’esistenza
sia procurarsi questi stati d’animo fasulli, nati dal niente, sui quali si
fonda la potenza economica dello star system, dei social network, della
politica furbastra.
Tutti alla ricerca del momento emozionante, per
sentirsi vivi.
Ma la vita è altro, e la vita la si può sentire
davvero solo se la si ascolta in tutta la sua ricchezza fonetica e semiotica.
La vita non sussurra solo lacrimucce sciocche, ma strepita e minaccia e ulula e
strilla e farfuglia e farnetica e tace e parla senza dire. Così è la vita.
Comodo, per il potere, dare sempre più spazio alla
canzonetta (strettamente d’autore) a scapito per esempio della scrittura.
Questi ragazzi cantano, digitano, suonano, ballano… ma non fateli scrivere. E
nemmeno leggere, per favore. Chi scrive e chi legge pensa. Non fateli pensare, per
carità. Chi pensa prima o poi si accorge di quanto siano delinquenti e
ignoranti quelli che tengono le redini del mondo. A scapito, sempre per
esempio, del teatro. Il teatro? Ma sì, pur che non vada al di là delle emozioni
dei piccoli eventi (ora tutto è evento), quelli d’amore; e di casi personali che possono anche toccare la
storia e la politica, ma sempre in piccolo; una cronaca, insomma, come c’è sui
giornali e alla tivù, che non fa male a nessuno, gli scandali si dimenticano in
fretta; ma non date al teatro quello che è eresia pura, il tono epico. Non
torniamo ai miti, siamo matti? Quelli ci scardinano il sistema. Non fategli
guardare il mondo dall’alto e da lontano! Tenetelo dentro la fognatura di
questo nostro angolino arredato dall’architetto che ci va bene così com’è; e se
proprio rompono dategli i concorsi prestigiosi, le sale prestigiose, le prime prestigiose,
mandateci il presidente della repubblica, con la benedizione del papa. E se non gli basta lasciategli pure i miti, ma la tragedia greca mettiamola in scena con i tempi lunghi e la staticità che la rendono noiosa e inefficace: la gente vuole emozioni, mica discorsi tragici!
E
soprattutto convertitelo in musical, il teatro. Il musical fa bene alla
depressione; e adesso tutti in formazione che facciamo un flash mob.
Ehi, tu, accendi la videocamera! Questo è un evento,
lo mettiamo su Youtube.
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