martedì 25 settembre 2007

LA FAVOLA DI NONNA LICE


caro aquilino, sono una signora cinquantenne e faccio la baby sitter da
molti anni a tanti e tanti bambini. La mia nonna mi raccontava sempre
una fiaba che aveva come protagonista un bambino figlio di poveri
pescatori di nome Aquilino. questa favola a mia volta io l'ho raccontata
e la racconto ancora ai miei "bambini" Se ti fara' piacere di ascoltarla
te la scrivero'. Dovrai scusare la mia poca esperienza nel mettere nero
su bianco la storia ma ci provero' perche' sono sicura che tu potrai
correggerla e magari raccontarla ai bambini di oggi rimodernandola un
poco . Saluti da Dadda.

Tanto tempo fa in un villaggio in riva al fiume viveva una coppia di poveri pescatori con una dozzina di figlioli. Per sfamare la famiglia il babbo andava a pescare tutti i giorni e ogni giorno si portava appresso uno dei suoi figli. Una mattina scelse il suo bimbo più piccolo, di nome Aquilino. Il bambino non se lo fece ripetere due volte e in un battibaleno fu pronto. Arrivati al fiume, il babbo si mise a pescare raccomandando al figlio di non allontanarsi troppo. Aquilino cercò sassolini colorati lì vicino. Poco distante raccolse anche dei bastoncini di legno con i quali fece tante piccole croci che allineò sul greto.

Passò di lì un Orco che gli domandò:

“Che cosa combini con quelle croci? Buttale subito, altrimenti ti mangio!”

“Non ci penso proprio” rispose il bimbo.

L'Orco gli si buttò contro per stritolarlo tra le zampe, ma dal cielo scese un angelo che prese il bimbo tra le sue braccia e via.... lo portò su in alto, oltre le nuvole.

L'angelo Salvatore (così si chiamava) accompagnò Aquilino nella casa della Madonna che lo accolse con grande gioia e lo tenne con sé. I giorni, i mesi e gli anni passarono in fretta e Aquilino si fece grande e un giorno gli venne nostalgia della sua famiglia terrena. Chiese alla Madonna di riabbracciare i suoi cari e lei un po' a malincuore acconsentì. Si fece però promettere che sarebbe tornato. Per non farsi dimenticare, gli mise al dito il suo anello di pietra marina, dicendogli:

“Ogni volta che poserai lo sguardo sull’anello, ti ricorderai della tua mamma in cielo.”

E Aquilino volò verso la terra sulle ali dell’angelo Salvatore.

Raggiunse poi di corsa casa sua e bussò alla porta. Gli venne ad aprire la mamma che non lo riconobbe, perchè si era fatto un bel ragazzo. Lo scambiò per un venditore porta a porta e gli disse:

“Grazie, ma non compro nulla.”

Aquilino si fece riconoscere e tra baci e abbracci raccontò la sua avventura.

Nei giorni che seguirono comprò per la sua famiglia tutto ciò che mancava: cibo, lavatrice, televisore, perfino un computer.

Trascorse così un mese di grande gioia. Un mattino, mentre si stiracchiava, lo sguardo gli andò dritto all'anello donatogli dalla Madonna. In un attimo Aquilino seppe che cosa doveva fare. Disse ai suoi che sarebbe tornato presto e corse al fiume.

Trovò l'angelo Salvatore che già da tempo lo aspettava sulla riva. Sulle sue ali salì in cielo. Scoprì che la Madonna si era messa a letto malata perché temeva che non sarebbe più tornato. Si avvicinò al letto e afferrò un lembo del lenzuolo. La Madonna riconobbe il suo anello e si rianimò.

“Non mi hai scordata, caro figlio mio” gli disse abbracciandolo. Da quel giorno Aquilino fa la spola tra il cielo e la terra perché ha due famiglie che gli vogliono tanto bene: una famiglia lassù e un'altra quaggiù.

Quando ho letto la favola sono rimasto sorpreso nel trovarci la Madonna. La traduco nell'immaginazione in cui mi piace perdermi. Testa tra le nuvole, non avere i piedi per terra, castelli in aria eccetera. Questa mattina mentre faccio teatro con i bambini di quinta uno si sceglie come nome Guido. Il nome di mio padre che ha il Parkinson e che da giovedì trascorrerà le giornate in un centro specializzato. E ora la favola con la mamma di terra e la mamma di cielo, proprio mentre mia madre viene portata via pezzo dopo pezzo dalla demenza senile
(termine orribile, che sembra escludere la pietà) e sentirla delirare è una ferita. Sono così fragili. Così inermi. Così soli, nella malattia. E noi figli così straziati e impotenti.

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