Il nome mi era stato dato in ricordo del fratello di mia madre, partigiano diciottenne ucciso dai fascisti. Trovo in internet il sito http://www.altratradate.com/2009/04/25-aprile-ricordare-i-martiri-di.html e leggo:
"giovedì 16 aprile 2009
UNA PROPOSTA TEATRALE PER TRADATE...Riceviamo e pubblichiamo.
Carissimi, come faccio a riassumere in tutto poche righe? Provo.
Sono arrivato a voi dopo aver bussato diverse volte alle porte dell'amministrazione comunale di Tradate. Mi chiamo Mauro Scotti, sono di Rescaldina. Faccio l'informatico ma mi interesso di teatro di narrazione. Ho scritto uno spettacolo sulla Resistenza che ha come protagonisti tre partigiani tradatesi uccisi proprio a Rescaldina. Nel 2008 e in questo inizio 2009 l'ho portato in giro per Milano e provincia (maggiori dettagli li trovate nel CV che vi allego).
Il testo è quello che vi allego, se avrete la bontà di leggerlo e valutarlo.
Ho un cruccio: non essere finora riuscito a portare lo spettacolo proprio a Tradate!
Spero, con il vostro aiuto, di riuscire a concretizzare questo sogno.
Grazie, Mauro
Il nostro commento? Semplice: questa Amministrazione Comunale è molto distratta da altre questioni. Ha addirittura tolto (dalla facciata sinistra del Municipio) la lapide che ricordava questo fatto. Noi Tradatesi abbiamo avuto NOSTRI giovani uccisi per la libertà. Vogliamo almeno ricordarli alle generazioni attuali o vogliamo cancellare ogni episodio della nostra storia? Si gettano migliaia di euro in iniziative sciocche e stolte, e non si pone attenzione a questa? Su questa vicenda garantiamo che grande sarà il nostro impegno.
Chiediamo a tutti i movimenti giovanili - che recentemente si sono presentati anche su questo blog - di farsi interpreti e portatori di tale iniziativa.
Abbiamo letto i testi della rappresentazione teatrale, che vi garantiamo di grande livello!"
UNA PROPOSTA TEATRALE PER TRADATE...Riceviamo e pubblichiamo.
Carissimi, come faccio a riassumere in tutto poche righe? Provo.
Sono arrivato a voi dopo aver bussato diverse volte alle porte dell'amministrazione comunale di Tradate. Mi chiamo Mauro Scotti, sono di Rescaldina. Faccio l'informatico ma mi interesso di teatro di narrazione. Ho scritto uno spettacolo sulla Resistenza che ha come protagonisti tre partigiani tradatesi uccisi proprio a Rescaldina. Nel 2008 e in questo inizio 2009 l'ho portato in giro per Milano e provincia (maggiori dettagli li trovate nel CV che vi allego).
Il testo è quello che vi allego, se avrete la bontà di leggerlo e valutarlo.
Ho un cruccio: non essere finora riuscito a portare lo spettacolo proprio a Tradate!
Spero, con il vostro aiuto, di riuscire a concretizzare questo sogno.
Grazie, Mauro
Il nostro commento? Semplice: questa Amministrazione Comunale è molto distratta da altre questioni. Ha addirittura tolto (dalla facciata sinistra del Municipio) la lapide che ricordava questo fatto. Noi Tradatesi abbiamo avuto NOSTRI giovani uccisi per la libertà. Vogliamo almeno ricordarli alle generazioni attuali o vogliamo cancellare ogni episodio della nostra storia? Si gettano migliaia di euro in iniziative sciocche e stolte, e non si pone attenzione a questa? Su questa vicenda garantiamo che grande sarà il nostro impegno.
Chiediamo a tutti i movimenti giovanili - che recentemente si sono presentati anche su questo blog - di farsi interpreti e portatori di tale iniziativa.
Abbiamo letto i testi della rappresentazione teatrale, che vi garantiamo di grande livello!"
Ecco alcuni passi del testo di Mauro Scotti.
"Sono partiti in sei. Si sono divisi in due gruppi da tre, come fanno sempre per non farsi notare
dalle pattuglie di fascisti repubblichini che controllano boschi e strade. Già, perché sono partigiani.
Partigiani dei GAP, Gruppi Armati Patriottici. Comunisti. Stessa formazione di quelli di Via Rasella a Roma. Partigiani di quelli che se i fascisti ti prendono, prima ti sparano o ti attaccano a un albero per il collo e poi ti chiedono il nome.
Hanno intrapreso questa passeggiata mattutina perché hanno in programma un’azione di sabotaggio in uno stabilimento di prodotti bellici proprio a Rescaldina. “Mordi e fuggi” è il metodo di lotta che i partigiani (soprattutto quelli dei GAP) utilizzano per combattere in città e nei paesi dell’hinterland: identificare un obiettivo, studiare un piano, colpire, fuggire.
Una pratica di lotta che ottiene i suoi risultati e che fa impazzire di rabbia i repubblichini.
Di due dei sei, la storia ci restituisce solo il nome di battaglia: “el Corbetta” e “Gaetana”, il terzo è Renzo CERIANI (detto “Gigi”, il capo della spedizione, che cadrà in montagna l’anno successivo, nel 1945) e poi i protagonisti della nostra storia: Ferdinando CRESTANI, Carlo ROSSINI e Aquilino BRESOLIN. Rispettivamente hanno 23, 19 e 18 anni.
14 dicembre – San Venanzio
La trattoria è circondata. Entra una squadra di fascisti che intima il “mani in alto”. CERIANI, “el Corbetta” e “Gaetana” che si trovano nella prima sala, lasciano cadere le armi ed eseguono.
CRESTANI, BRESOLIN e ROSSINI che si trovano in una sala adiacente, sentite le urla e il trambusto, intervengono sparando alcune raffiche. Urla, grida. La Bice si butta a terra dietro il bancone. Bicchieri e bottiglie vanno in frantumi, forse per le raffiche, forse perché urtate nella confusione.
I fascisti si ritirano precipitosamente fuori dal locale, dando modo al CERIANI, al “Corbetta” e al “Gaetana” di guadagnare l’uscita. Ancora fucilate ma i tre riescono a raggiungere la brughiera e di lì il bosco e poi via verso la salvezza.
CRESTANI, BRESOLIN e ROSSINI, sono ancora dentro. La rabbia dei repubblichini cresce a dismisura: oltre a essere stati messi in fuga, si sono lasciati sfuggire tre ribelli. Occorre assolutamente fermare i tre che sono rimasti dentro. La lotta è impari: la proporzione è di dieci contro uno. Per qualche minuto si odono soltanto raffiche di mitra e le grida di rabbia dei fascisti.
Le poche persone in strada sono fuggite a casa.
È scomparso anche il tizio di Milano con il suo carretto. Lo hanno visto allontanarsi rasente i muri pochi minuti prima l’inizio della sparatoria.
«Boia!» lo ha apostrofato un paesano di Rescaldina che ha visto tutto dalla sua finestra.
«Boia cane d’un infame!» Uno sputo accompagna le parole.
I tre tentano una sortita dal retro: un muro da scavalcare e poi il bosco dove perdersi. Non ce la faranno: Ferdinando e Aquilino cadranno subito falciati dalle raffiche; Carlo, ferito, tenterà di allontanarsi ma sarà catturato. Lo torturano per farsi dire i nomi degli altri componenti la spedizione che sono riusciti a fuggire. Ma Carlo non parla, nonostante le sevizie. Muore, qualche ora dopo, senza aver rivelato nulla.
È finita.
Il silenzio è sceso di nuovo. La Bice esce dal suo nascondiglio. Si asciuga le mani con il suo straccio, quello così sporco che se lo appoggi rimane in piedi. Quando esce dalla porta sul retro, incrocia i fascisti che escono: abbassano gli occhi, non hanno il coraggio di sostenere lo sguardo fiammeggiante di quella donna. Lei si fa strada a spintoni in mezzo al quel muro nero.
Quando esce e vede, cade in ginocchio, si copre gli occhi con lo straccio e piange.
Fuori, portiere che sbattono, scarponi chiodati sul legno del cassone, qualche bestemmia, un motore che prima tossisce e poi ruggisce. Una nuvola di polvere. I fascisti se ne vanno.
Qualcuno si avvicina ai tre corpi. Qualcuno dice che occorrerà chiamare il parroco. La Bice in ginocchio, con lo straccio, pulisce il volto di BRESOLIN sporco di terra e sangue."
dalle pattuglie di fascisti repubblichini che controllano boschi e strade. Già, perché sono partigiani.
Partigiani dei GAP, Gruppi Armati Patriottici. Comunisti. Stessa formazione di quelli di Via Rasella a Roma. Partigiani di quelli che se i fascisti ti prendono, prima ti sparano o ti attaccano a un albero per il collo e poi ti chiedono il nome.
Hanno intrapreso questa passeggiata mattutina perché hanno in programma un’azione di sabotaggio in uno stabilimento di prodotti bellici proprio a Rescaldina. “Mordi e fuggi” è il metodo di lotta che i partigiani (soprattutto quelli dei GAP) utilizzano per combattere in città e nei paesi dell’hinterland: identificare un obiettivo, studiare un piano, colpire, fuggire.
Una pratica di lotta che ottiene i suoi risultati e che fa impazzire di rabbia i repubblichini.
Di due dei sei, la storia ci restituisce solo il nome di battaglia: “el Corbetta” e “Gaetana”, il terzo è Renzo CERIANI (detto “Gigi”, il capo della spedizione, che cadrà in montagna l’anno successivo, nel 1945) e poi i protagonisti della nostra storia: Ferdinando CRESTANI, Carlo ROSSINI e Aquilino BRESOLIN. Rispettivamente hanno 23, 19 e 18 anni.
14 dicembre – San Venanzio
La trattoria è circondata. Entra una squadra di fascisti che intima il “mani in alto”. CERIANI, “el Corbetta” e “Gaetana” che si trovano nella prima sala, lasciano cadere le armi ed eseguono.
CRESTANI, BRESOLIN e ROSSINI che si trovano in una sala adiacente, sentite le urla e il trambusto, intervengono sparando alcune raffiche. Urla, grida. La Bice si butta a terra dietro il bancone. Bicchieri e bottiglie vanno in frantumi, forse per le raffiche, forse perché urtate nella confusione.
I fascisti si ritirano precipitosamente fuori dal locale, dando modo al CERIANI, al “Corbetta” e al “Gaetana” di guadagnare l’uscita. Ancora fucilate ma i tre riescono a raggiungere la brughiera e di lì il bosco e poi via verso la salvezza.
CRESTANI, BRESOLIN e ROSSINI, sono ancora dentro. La rabbia dei repubblichini cresce a dismisura: oltre a essere stati messi in fuga, si sono lasciati sfuggire tre ribelli. Occorre assolutamente fermare i tre che sono rimasti dentro. La lotta è impari: la proporzione è di dieci contro uno. Per qualche minuto si odono soltanto raffiche di mitra e le grida di rabbia dei fascisti.
Le poche persone in strada sono fuggite a casa.
È scomparso anche il tizio di Milano con il suo carretto. Lo hanno visto allontanarsi rasente i muri pochi minuti prima l’inizio della sparatoria.
«Boia!» lo ha apostrofato un paesano di Rescaldina che ha visto tutto dalla sua finestra.
«Boia cane d’un infame!» Uno sputo accompagna le parole.
I tre tentano una sortita dal retro: un muro da scavalcare e poi il bosco dove perdersi. Non ce la faranno: Ferdinando e Aquilino cadranno subito falciati dalle raffiche; Carlo, ferito, tenterà di allontanarsi ma sarà catturato. Lo torturano per farsi dire i nomi degli altri componenti la spedizione che sono riusciti a fuggire. Ma Carlo non parla, nonostante le sevizie. Muore, qualche ora dopo, senza aver rivelato nulla.
È finita.
Il silenzio è sceso di nuovo. La Bice esce dal suo nascondiglio. Si asciuga le mani con il suo straccio, quello così sporco che se lo appoggi rimane in piedi. Quando esce dalla porta sul retro, incrocia i fascisti che escono: abbassano gli occhi, non hanno il coraggio di sostenere lo sguardo fiammeggiante di quella donna. Lei si fa strada a spintoni in mezzo al quel muro nero.
Quando esce e vede, cade in ginocchio, si copre gli occhi con lo straccio e piange.
Fuori, portiere che sbattono, scarponi chiodati sul legno del cassone, qualche bestemmia, un motore che prima tossisce e poi ruggisce. Una nuvola di polvere. I fascisti se ne vanno.
Qualcuno si avvicina ai tre corpi. Qualcuno dice che occorrerà chiamare il parroco. La Bice in ginocchio, con lo straccio, pulisce il volto di BRESOLIN sporco di terra e sangue."
Mi sono commosso. Ho postato un commento in cui mi presento e chiedo un contatto con Mauro e l'Anpi di Tradate, alla quale voglio spedire il monologo "Il più bello di tutti i fratelli" che racconta appunto dell'eccidio.
E poi leggo che il governo intende equiparare repubblichini e partigiani. Per evitare le divisioni? Ma certe divisioni devono esserci! Come si fa a mistificare sempre la Storia proclamando santi e martiri i criminali, i profittatori, i cinici manipolatori?
Nessun commento:
Posta un commento