lunedì 15 febbraio 2010

LA PAROLA ALLA SCENOGRAFA


Il contributo di Gianna Cannaos sulle sue scenografie di "Allegri, gente... che disgrazia!"

Giocare con l’arte.

Con l’arte ci gioco da sempre, ed è “per gioco” che negli ultimi due anni ho voluto rendermi disponibile a realizzare la scenografia di alcuni spettacoli che Aquilino ha messo in scena con i gruppi teatrali del nostro paese.

Senza dubbio cercavo uno spazio di riflessione fra me e me, un tempo che mi servisse per sperimentare alcune fra le tante suggestioni raccolte sull’arte negli ultimi due o tre anni, ma che nel contempo generasse qualcosa che potesse servire a qualcuno; insomma, un prodotto che uscisse dal mio mondo interiore e che potesse interagire con la realtà.

Vi presento le scenografie di “Allegri, gente… che disgrazia!”

La scelta è stata quella di realizzare semplicemente degli sfondi alle vicende narrate, senza alcun riferimento figurativo. Da subito si è pensato di utilizzare materiali che evocassero alcuni ambienti della vicenda: la casa del Pirin, la piazza, l’antro della Masca e la prigione.
Quali materiali? Quali suggestioni compositive?

Abbiamo optato per materiali moderni, che facessero contrasto con l’ambientazione “antica”della narrazione messa in scena, affinché il contrasto generasse quel leggero straniamento, quella nota dissonante che già tiene all’erta lo spettatore sulla visione dello spettacolo.
Ci sarebbe piaciuto utilizzare la discarica come principale risorsa, ma ci siamo fatti scoraggiare dai comprensibili ostacoli di tipo organizzativo e burocratico.

Da questo punto di partenza, abbiamo proceduto per libere associazioni artistiche e materiche.
La povertà della casa del popolano ha evocato i sacchi di iuta delle cascine della nostra zona: abbiamo avuto fortuna, ormai i vecchi sacchi di una volta sono stati sostituiti quasi completamente dalle plastiche riciclabili e dalle rafie sintetiche, ma un premuroso agricoltore oleggese si è ricordato di un piccolo avanzo ed il giorno dopo i sacchi erano miei. Quei sacchi mi hanno ricordato quelli più famosi di Burri , così ho giocato a intagliare, a sporcare e a lustrare la iuta, ad applicare strati di carta da pacco spiegazzata e strappata e toppe, senza troppo pensarci su!

Il cielo evocava leggerezza, trasparenza e sospensione: ci è sembrato che i teli di plastica di diverso peso sarebbero potuti essere un ottimo veicolo per trasmettere quelle sensazioni. Ho cercato di enfatizzare le caratteristiche del materiale arrotolando e pinzando agglomerati di cellophan in finte nuvole…

Per la prigione lo spunto principale viene dalle prigioni di Palazzo Reale a Genova, da poco riaperte al pubblico. Se vi capita, fareste bene a farci una visitina. Vi si vedono i graffiti dei prigionieri, molti dei quali denotano un vero talento; e si leggono inquietanti pensieri che esprimono con efficacia i sentimenti e le condizioni di sopravvivenza.


Nel cercare un linguaggio per esprimere quest’intenzione, il mio pensiero è corso a Basquiat e alle sue opere, così ne ho preso ispirazione per la prigione del Pirin.

L’antro della Masca mi ha costretto a cambiare idea molte volte. Infine, con un attrezzo che non conoscevo e che consente di scaldare superfici ad alta temperatura, ho sciolto plastica su plastica per disegnare moderne ragnatele. Mi è sembrato sufficiente, in quanto a forza espressiva.

Approfitto dell’occasione per ringraziare Mariuccia Zanaboni, Doriana Massarotto, Elena Bottiani e Silvia Valentini per il loro preziosissimo aiuto.

GIANNA CANNAOS




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