Ho visto “Carnage”, film del 2011 diretto da Polański,
basato sull’opera teatrale “Il dio del massacro” di Yasmina Reza. La
drammaturga è francese, ex attrice, ora anche romanziera e sceneggiatrice. I
suoi testi hanno riscosso ovunque un successo straordinario. La produzione di Broadway ha chiuso il 6
giugno 2010 dopo 24 anteprime e 452 repliche regolari. Tutte le critiche
trasudano entusiasmo, comprese quelle italiane.
Ho visto il
film a colpi di telecomando, in accelerata. Da Repubblica: “Quel salotto diventato un campo di battaglia
del vivere pacifico benestante e civile, ne ha svelato la miseria, infelicità e
solitudine”.
A me,
della miseria, dell’infelicità e della solitudine della borghesia non importa
proprio niente. Il benestante borghese ha risorse per consolarsi e può sempre
cambiare vita. C’è gente che non solo non trova consolazioni (a parte le
illusioni religiose), ma non ha possibilità di cambiare nulla della propria
esistenza.
Ho visto
il film in velocità perché tutto mi sembrava scontato e soprattutto costruito
con abilità a tavolino. Basta con questo teatro intelligente che piace tanto
soprattutto a chi fa uso di un’intelligenza addomesticata o in parte assopita!
Testi di
analisi, messa a fuoco, studio dettagliato, scomposizione e ricomposizione,
tutti concentrati sul dettaglio, sul singolo caso, sul salotto e sull’individuo.
Noia. Come ascoltare i pettegolezzi, gli sfoghi, le malignità, le accuse e i
piagnistei, le invettive e le maledizioni della gente di piazza, che trascorre
la vita a parlare e sparlare, senza vivere.
Il teatro
intelligente è pur sempre catartico. Sono cose che capitano agli altri. Il
pubblico gode. Esercita la propria intelligenza da manuale e applaude convinto
la rovina altrui e la propria integrità.
Il teatro
intelligente è piccolo. Quanto il salotto. Le due coppie di Polanski arrivano
all’ascensore e non vanno oltre, chiuse come sono in una scatola di luoghi
comuni, atteggiamenti massificati, prevenzioni banali… tutto, però, espresso
con intelligenza. Infatti, sono persone acculturate. Persone superiori. Che si
meritano quello che hanno: un teatro intelligente quanto loro.
Ah, che
voglia di spazi aperti ti mette uno spettacolo così! Di verità più ariose! Di
visuali più profonde e più ampie!
Noia e
fastidio. Detesto veder litigare le persone in modo “civile”. Non ha senso. O
si cercano modi per sviluppare un dialogo o si va ognuno per la propria strada
o si fa un macello. Invece, nel teatro intelligente, si riversano secchiate di
parole in faccia allo spettatore. Da affogarlo. Parole tanto importanti che lo
spettacolo lo si può seguire con il tasto avanti del telecomando sempre
premuto.
Grandi
prove di recitazione? Ma sì. Comunque, di attori bravi in giro ce n’è una
caterva.
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