Comincio con il far cantare Francesco.
È bravo (anima siciliana; anzi, bizantina, come mi accenna il padre), improvvisa su qualunque base; proviamo una musica “assiro-babilonese” e gli cito Battiato, che comunque non piace a nessuno dei due.
Poi gli affianco Raffaele per le parti in corsivo e vanno che è un incanto.
È bravo (anima siciliana; anzi, bizantina, come mi accenna il padre), improvvisa su qualunque base; proviamo una musica “assiro-babilonese” e gli cito Battiato, che comunque non piace a nessuno dei due.
Poi gli affianco Raffaele per le parti in corsivo e vanno che è un incanto.
Una donna deve rassegnarsi,
quando il
marito prende un’altra moglie.
Questa è la
saggezza antica,
che la donna
è sempre sottoposta all’uomo.
Attenta,
Medea,
non
cercare vendetta.
Tu sei
straniera,
di te
diffidiamo.
Non mandare
doni a Glauce,
non mentire
al re e a Giasone.
Vattene,
Medea,
tu sei la
maledetta,
porti la
peste.
Proviamo una scena complessa. Il testo è questo:
CORO Bruciamo la casa e ammazziamoli tutti! Giasone
re? Mai! Giasone è di Iolco, non di Corinto! Creonte era il nostro re ed è
morto anche per colpa sua!
UNO Sono impazziti. Volano
insulti, pugni, coltellate.
DUE Si uccidono tra di loro. È
una scena terribile e assurda.
TRE Il mondo rallenta allibito. Movimenti,
musica, urla… tutto in un acquario. Le persone nuotano lente, si cercano per
divorarsi, nell’indifferenza dell’onda che porta via i cadaveri.
QUA La morte non ha fretta,
aspetta paziente, ma quando arriva niente la può fermare.
I quattro corinzi del coro sviluppano l’azione in quattro fasi: 1)
danzano su una musica di darbuka che li fa saltellare per tutto lo spazio
disponibile; 2) declamano le frasi della loro battuta a caso, in una sovrapposizione
concitata di voci; 3) ognuno agisce sugli oggetti di scena: sposta i cubi, leva
alta la seggiolina di Giasone, mette in fuga Medea e rovescia la scaletta,
spodesta Creonte e rovescia il trono; 4) ripete l’azione al rallentatore, nuotando
lenti in un acquario. Al quarto punto la musica ricomincia molto rallentata e
fa da sottofondo al monologo di Medea, al leggio con le spalle al pubblico,
quasi contemplando l’assalto al palazzo rivisto alla moviola.
Proviamo poi le parti con i figli e quelle di Creonte e Glauce.
Troviamo la postura e la voce imperiosa di Creonte, che a Luca riesce bene. Dovremo
lavorare ancora con Angelica, alla sua prima esperienza di teatro.
Bene, le musiche sono definite.
Quando arrivano i genitori, proviamo il costume di Medea. Giorgia si
rifiuta di mettersi in testa il turbante, e va bene così, con i capelli lunghi
sciolti: la sua preoccupazione non riguarda certo il personaggio, ma l’effetto
che farà sui compagni che la vedranno sulla scena.
Lavorare con i ragazzi implica anche affrontare la loro dimensione
infantile o adolescenziale e affrontare le dinamiche tipiche dell’età: non voglio
toccare nessuno e nemmeno farmi toccare, non so aumentare l’intensità della
voce, non mi piace guardare negli occhi il partner, non ballo e non canto, non
mi lascio andare alle emozioni o ai movimenti scomposti…
Tutto si migliora, tutto si supera.
Lavorare con i ragazzi consente però di avvicinarsi alla
Supermarionetta di Craig più che con gli adulti. Mi è spesso capitato di non
riuscire a piegare alla mia volontà la professionalità di un attore/attrice che
presume di sapere come interpretare (nel significato e nella performance) il
testo. La sua formazione lo rende meno malleabile di questi ragazzini che si
riesce a modellare senza forzatura, solo con l’esempio. Nonostante le ovvie
difficoltà tecniche e le piccole questioni di disciplina e motivazione, mi
sento più libero nel lavoro con loro che con gli adulti, le cui strutture sono
irrigidite dal percorso attoriale e dalla presunzione. Non mi mancano le belle
voci impostate né le espressività motorie né l’efficacia mimetica degli attori
professionisti. A un ragazzo dico: fa così, e lui lo fa. Con un attore è un
continuo testa a testa snervante e irritante. Non mi sono mai divertito molto
con gli adulti; con i ragazzi sì.
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