Da
"Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi / manoscritto in francese di un lombardo voltato in italiano da un francese" di Cristina Trivulzi Belgioioso.
Parigi, 1847 .
http://www.liberliber.it/
Ma pure, se la Lombardia procedeva allora da cieca, non era essa tuttavia immobile; se tristi affetti bollivano nei cuori, non vi si annidava almeno la stupida indifferenza; se i membri dell'aristocrazia si lusingavano con la speranza vana di troppo splendidi destini, sentivano almeno la voce dell'ambizione; se lo spirito nazionale pareva affetto da demenza, il male derivava tuttavia da soverchio, anzichè da difetto di vitalità.
Ora, per quale politico processo avvenne egli mai che quel soverchio di vitalità, quei sensi ambiziosi, quelle triste e terribili passioni, quello spirito di vertigine e di turbolenza si sieno spenti così pienamente, che il popolo è oramai non meno straniero ed indifferente ad ogni pensiero di progresso, ad ogni diviso di mutazione, di quello ch'ei sarebbe se fosse vissuto rinchiuso, dal principio dei secoli, in un'isola ignota al rimanente del mondo?
Questa trasformazione sì rapida, poichè operossi nello spazio di trent'anni, questo trapasso dalla vita alla morte è opera della polizia austriaca, è effetto de' suoi provvedimenti, intesi a convincere i Lombardi: 1.° che il più segreto pensiero di ognuno di essi le è conto bentosto; 2.° che il menomo pensiero liberale, il menomo desiderio di libertà, e qualsivoglia giudizio emesso intorno agli atti del governo o dei membri di quello, costituisce un reato, alla pena del quale dee soggiacere tosto o tardi il colpevole; 3.° che ogni sentimento che non vada a versi del direttore della polizia, è parimenti un reato; 4.° che non v'è cosa al mondo che possa smuovere il governo austriaco, né indurlo a concedere ai suoi sudditi riforme, ordini novelli, ecc.
Trattisi un uomo virtuoso come si tratta un malfattore; gli si dimostri disprezzo, avversione, commiserazione all'uopo; sia egli esortato a pentirsi; non gli si lasci udire giammai la verità; sia un tale supplizio per un lungo tempo prolungato, e vedrassi che costui finirà per dubitare di sè stesso.
… lo scopo a cui tendono i suoi sforzi, il bene onde vorrebbe arricchire i suoi sudditi, si è la mediocrità. Mediocrità d'ingegno e di dottrina, non curanza di carattere, insensitività di cuore, attutamento delle passioni, scarsità di coraggio e di volontà; ecco quel che vi vuole per l'imperatore d'Austria. Un popolo formato giusta un tale modello non si ribella mai; ubbidisce, paga, ammira il suo padrone, e, se natura il concedesse, lo amerebbe.
Le scuole primarie sono pertanto protette in Austria, perocchè fanno entrar nelle menti del popolo quel primo e fievol barlume del sapere, che trionfa degl'istinti barbarici, e che, signoreggiando il selvaggio, lo guida sino al primo grado della civiltà, all'obbedienza.
Il Consiglio nelle cui mani sono posti i destini dei candidati alla laurea viene a deliberazione intorno a questi tre punti: Il candidato è egli istrutto? È egli stato diligente? Ha egli buoni costumi? Se lo studente ha imparato molto senza essere stato diligentissimo, non si tien conto della sua dottrina, e gli s'ingiunge di ricominciare gli studi dell'anno trascorso. Che se non è stato diligente per nulla egli è scacciato dall'Università, quand'anche egli fosse un Galileo redivivo. Evvi altronde la diligenza così propriamente chiamata, ed evvi la reverenza delle usanze e dei regolamenti universitarii, ch'entra a far parte della diligenza richiesta. Basta, per così dire, che uno studente annodi il collare altrimenti che i suoi condiscepoli, per infrangere le usanze universitarie e tirarsi addosso lo sfratto dall'Università. Passiamo ora a dire del giudizio sui buoni costumi. Questa materia soggiace alla direzione speciale della polizia centrale, che è come il riepilogo di tutte le polizie aizzate sugli studenti; perocchè essi sono invigilati dalla polizia dell'Università stessa, da quella del vescovado, da quella del delegato della provincia, da quella particolare della città, da quella del corpo municipale, e da non so quante altre polizie. Se uno studente ha omesso in un dato giorno festivo di andare ad ascoltare la messa, se ha mangiato carni in un giorno di magro, se ha fischiato od applaudito in teatro, se ha altercato con qualsiasi agente del governo, se gli è uscita di bocca una qualche parola un cotal poco leggermente detta contro i pubblici ufficiali o i loro atti, se ha un libro condannato, se ha contratto una qualche relazione disonesta con alcuno, ed uno di questi mancamenti gli viene apposto da alcuna delle dette polizie, tutta la dottrina di un Cuvier o d'un Humboldt, accoppiata con un'applicazione da Benedittino, non varrà a preservarlo da un avvilitivo sfratto. Ora sono queste le cose che i professori dell'Università hanno dritto di esigere dai giovani confidati alle loro cure? L'Università è essa un convitto di putti? I giovani in procinto di diventare uomini devono essi venir trattati come fanciulli? Sì, certamente, in Austria, ove l'intento così del legislatore, come dell'esecutore delle leggi, o altrimenti l'idea sulla quale è fondato il sistema della pubblica amministrazione, è appunto l'attutamento dell'energia umana, la trasformazione degli uomini in ragazzi, di creature ragionevoli, imputabili e dotate di volontà in creature passive, obbedienti ciecamente, che non presumano di giudicare nè di volere.
Chi compra cavalli e carrozze, chi rinnovella ogni anno la mobiglia, chi mantiene concubine con grave spesa è ben veduto dal Governo. Ma chi impegni il nome e i capitali in qualsiasi intrapresa, chi si faccia a proteggere le arti e il commercio, chi apra istituti di beneficenza; chi inventi od introduca macchine, chi proponga miglioríe in qualsivoglia ramo della pubblica amministrazione, chi si dia a scientifiche investigazioni, diventa ben presto sospetto.
Dirò, per compendiare il fin qui detto, che il perno del Governo austriaco è la Polizia; che questa gode di un'autorità sconfinata; che non la trattiene riguardo di giustizia o di lealtà; ch'essa fa anzi pompa della sua ingiustizia e della sua slealtà; che non è sottoposta a verun sindacato, nè ad alcuna responsabilità, tranne quella delle idee liberali che potrebbero diffondersi, o delle mosse che potrebbero tentarsi; che nulla accade in Austria senza che essa abbiavi parte; che non è conferita una carica, sia nei tribunali, sia negl'istituti della pubblica istruzione, sia nelle finanze, sia nella Chiesa, nella Corte o nell'esercito, non è concesso favore alcuno, nè inflitto gastigo, nè fondato un istituto, nè dato, infine, qualsivoglia provvedimento senza che la Polizia potentemente abbiavi cooperato.
Veggono gli uomini generosi ridotti alla impotenza di procurare il bene, perseguitati ed angustiati
persino nelle loro cose domestiche; e scorgono, dall'altro canto, i vili ed imbecilli servitori che hanno posto a frutto i funesti ammaestramenti della loro infanzia, insigniti dei segni esteriori della pubblica considerazione, conseguire l'intento di tutte le loro intraprese, passeggiare fastosi per le vie della città, col sorriso sulle labbra, la cera d'uomo contento, grassi e ben pasciuti. Chi meraviglierà che il più gran numero di questi giovani esposti senza schermo ad una serie di seduzioni, ch'ebbe principio, per così dire, fin dalla loro nascita, si lasci trascinare dalla corrente, cada in un certo quale torpore e si persuada da senno che la sua resistenza non avrebbe buon esito?
Il governo austriaco ha trionfato della vigoria lombarda; l'ha intorpidita, se non l'ha distrutta. Ma egli stesso sconta ora il fio della sua lunga ipocrisia, dell'intollerabile soggezione impostaci. Col continuo trattarci da fanciulli, si è privato egli pure d'ogni virilità; col continuo fingere e dissimulare, ha contratto il vezzo che contraggono per lo più i menzogneri, ha perduto cioè la coscienza della sua esistenza, o la sua identità. Egli ha conservato l'apparenza della vita che ha logorata contro di noi, ma la vita se n'è da lui sfuggita come dal cadavere sottoposto all'azione galvanica.
Vorrei che i Lombardi conoscessero la vera condizione dell'Austria, ripigliassero animo, non si tenessero per chiusi in eterno dentro una tomba, facesser pruova delle loro forze in una progressiva e lenta tenzone con l'Austria, e si proponessero, per esempio, fermamente, di ubbidir solo alle leggi e di resistere legalmente alla potestà arbitraria. Vorrei che facessero questo tentativo; perocchè il fragile impalcato sul quale s'appoggia la potenza austriaca, fieramente scosso, s'agiterebbe un istante per isprofondarsi e scomparire per sempre.
"Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi / manoscritto in francese di un lombardo voltato in italiano da un francese" di Cristina Trivulzi Belgioioso.
Parigi, 1847 .
http://www.liberliber.it/
Ma pure, se la Lombardia procedeva allora da cieca, non era essa tuttavia immobile; se tristi affetti bollivano nei cuori, non vi si annidava almeno la stupida indifferenza; se i membri dell'aristocrazia si lusingavano con la speranza vana di troppo splendidi destini, sentivano almeno la voce dell'ambizione; se lo spirito nazionale pareva affetto da demenza, il male derivava tuttavia da soverchio, anzichè da difetto di vitalità.
Ora, per quale politico processo avvenne egli mai che quel soverchio di vitalità, quei sensi ambiziosi, quelle triste e terribili passioni, quello spirito di vertigine e di turbolenza si sieno spenti così pienamente, che il popolo è oramai non meno straniero ed indifferente ad ogni pensiero di progresso, ad ogni diviso di mutazione, di quello ch'ei sarebbe se fosse vissuto rinchiuso, dal principio dei secoli, in un'isola ignota al rimanente del mondo?
Questa trasformazione sì rapida, poichè operossi nello spazio di trent'anni, questo trapasso dalla vita alla morte è opera della polizia austriaca, è effetto de' suoi provvedimenti, intesi a convincere i Lombardi: 1.° che il più segreto pensiero di ognuno di essi le è conto bentosto; 2.° che il menomo pensiero liberale, il menomo desiderio di libertà, e qualsivoglia giudizio emesso intorno agli atti del governo o dei membri di quello, costituisce un reato, alla pena del quale dee soggiacere tosto o tardi il colpevole; 3.° che ogni sentimento che non vada a versi del direttore della polizia, è parimenti un reato; 4.° che non v'è cosa al mondo che possa smuovere il governo austriaco, né indurlo a concedere ai suoi sudditi riforme, ordini novelli, ecc.
Trattisi un uomo virtuoso come si tratta un malfattore; gli si dimostri disprezzo, avversione, commiserazione all'uopo; sia egli esortato a pentirsi; non gli si lasci udire giammai la verità; sia un tale supplizio per un lungo tempo prolungato, e vedrassi che costui finirà per dubitare di sè stesso.
… lo scopo a cui tendono i suoi sforzi, il bene onde vorrebbe arricchire i suoi sudditi, si è la mediocrità. Mediocrità d'ingegno e di dottrina, non curanza di carattere, insensitività di cuore, attutamento delle passioni, scarsità di coraggio e di volontà; ecco quel che vi vuole per l'imperatore d'Austria. Un popolo formato giusta un tale modello non si ribella mai; ubbidisce, paga, ammira il suo padrone, e, se natura il concedesse, lo amerebbe.
Le scuole primarie sono pertanto protette in Austria, perocchè fanno entrar nelle menti del popolo quel primo e fievol barlume del sapere, che trionfa degl'istinti barbarici, e che, signoreggiando il selvaggio, lo guida sino al primo grado della civiltà, all'obbedienza.
Il Consiglio nelle cui mani sono posti i destini dei candidati alla laurea viene a deliberazione intorno a questi tre punti: Il candidato è egli istrutto? È egli stato diligente? Ha egli buoni costumi? Se lo studente ha imparato molto senza essere stato diligentissimo, non si tien conto della sua dottrina, e gli s'ingiunge di ricominciare gli studi dell'anno trascorso. Che se non è stato diligente per nulla egli è scacciato dall'Università, quand'anche egli fosse un Galileo redivivo. Evvi altronde la diligenza così propriamente chiamata, ed evvi la reverenza delle usanze e dei regolamenti universitarii, ch'entra a far parte della diligenza richiesta. Basta, per così dire, che uno studente annodi il collare altrimenti che i suoi condiscepoli, per infrangere le usanze universitarie e tirarsi addosso lo sfratto dall'Università. Passiamo ora a dire del giudizio sui buoni costumi. Questa materia soggiace alla direzione speciale della polizia centrale, che è come il riepilogo di tutte le polizie aizzate sugli studenti; perocchè essi sono invigilati dalla polizia dell'Università stessa, da quella del vescovado, da quella del delegato della provincia, da quella particolare della città, da quella del corpo municipale, e da non so quante altre polizie. Se uno studente ha omesso in un dato giorno festivo di andare ad ascoltare la messa, se ha mangiato carni in un giorno di magro, se ha fischiato od applaudito in teatro, se ha altercato con qualsiasi agente del governo, se gli è uscita di bocca una qualche parola un cotal poco leggermente detta contro i pubblici ufficiali o i loro atti, se ha un libro condannato, se ha contratto una qualche relazione disonesta con alcuno, ed uno di questi mancamenti gli viene apposto da alcuna delle dette polizie, tutta la dottrina di un Cuvier o d'un Humboldt, accoppiata con un'applicazione da Benedittino, non varrà a preservarlo da un avvilitivo sfratto. Ora sono queste le cose che i professori dell'Università hanno dritto di esigere dai giovani confidati alle loro cure? L'Università è essa un convitto di putti? I giovani in procinto di diventare uomini devono essi venir trattati come fanciulli? Sì, certamente, in Austria, ove l'intento così del legislatore, come dell'esecutore delle leggi, o altrimenti l'idea sulla quale è fondato il sistema della pubblica amministrazione, è appunto l'attutamento dell'energia umana, la trasformazione degli uomini in ragazzi, di creature ragionevoli, imputabili e dotate di volontà in creature passive, obbedienti ciecamente, che non presumano di giudicare nè di volere.
Chi compra cavalli e carrozze, chi rinnovella ogni anno la mobiglia, chi mantiene concubine con grave spesa è ben veduto dal Governo. Ma chi impegni il nome e i capitali in qualsiasi intrapresa, chi si faccia a proteggere le arti e il commercio, chi apra istituti di beneficenza; chi inventi od introduca macchine, chi proponga miglioríe in qualsivoglia ramo della pubblica amministrazione, chi si dia a scientifiche investigazioni, diventa ben presto sospetto.
Dirò, per compendiare il fin qui detto, che il perno del Governo austriaco è la Polizia; che questa gode di un'autorità sconfinata; che non la trattiene riguardo di giustizia o di lealtà; ch'essa fa anzi pompa della sua ingiustizia e della sua slealtà; che non è sottoposta a verun sindacato, nè ad alcuna responsabilità, tranne quella delle idee liberali che potrebbero diffondersi, o delle mosse che potrebbero tentarsi; che nulla accade in Austria senza che essa abbiavi parte; che non è conferita una carica, sia nei tribunali, sia negl'istituti della pubblica istruzione, sia nelle finanze, sia nella Chiesa, nella Corte o nell'esercito, non è concesso favore alcuno, nè inflitto gastigo, nè fondato un istituto, nè dato, infine, qualsivoglia provvedimento senza che la Polizia potentemente abbiavi cooperato.
Veggono gli uomini generosi ridotti alla impotenza di procurare il bene, perseguitati ed angustiati
persino nelle loro cose domestiche; e scorgono, dall'altro canto, i vili ed imbecilli servitori che hanno posto a frutto i funesti ammaestramenti della loro infanzia, insigniti dei segni esteriori della pubblica considerazione, conseguire l'intento di tutte le loro intraprese, passeggiare fastosi per le vie della città, col sorriso sulle labbra, la cera d'uomo contento, grassi e ben pasciuti. Chi meraviglierà che il più gran numero di questi giovani esposti senza schermo ad una serie di seduzioni, ch'ebbe principio, per così dire, fin dalla loro nascita, si lasci trascinare dalla corrente, cada in un certo quale torpore e si persuada da senno che la sua resistenza non avrebbe buon esito?
Il governo austriaco ha trionfato della vigoria lombarda; l'ha intorpidita, se non l'ha distrutta. Ma egli stesso sconta ora il fio della sua lunga ipocrisia, dell'intollerabile soggezione impostaci. Col continuo trattarci da fanciulli, si è privato egli pure d'ogni virilità; col continuo fingere e dissimulare, ha contratto il vezzo che contraggono per lo più i menzogneri, ha perduto cioè la coscienza della sua esistenza, o la sua identità. Egli ha conservato l'apparenza della vita che ha logorata contro di noi, ma la vita se n'è da lui sfuggita come dal cadavere sottoposto all'azione galvanica.
Vorrei che i Lombardi conoscessero la vera condizione dell'Austria, ripigliassero animo, non si tenessero per chiusi in eterno dentro una tomba, facesser pruova delle loro forze in una progressiva e lenta tenzone con l'Austria, e si proponessero, per esempio, fermamente, di ubbidir solo alle leggi e di resistere legalmente alla potestà arbitraria. Vorrei che facessero questo tentativo; perocchè il fragile impalcato sul quale s'appoggia la potenza austriaca, fieramente scosso, s'agiterebbe un istante per isprofondarsi e scomparire per sempre.
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