lunedì 30 novembre 2009

GLI OCCHI DEL DRAGO


E' un teatro o un film? Nelle intenzioni, si vorrebbe fare un teatro che richiamasse il cinema. La vicenda fantasy si presta: Bilco e Rayan, due fratelli svegliati da un incubo, trascinati in un mondo di elfi e nani dove il re degli orchi Morieris rapisce la principessa Silia; Bilco si offre di salvarla, ma gli occorre l'aiuto del drago; in cambio vorrà i suoi occhi; in seguito il drago pretenderà anche la vita del re degli elefi... battaglie (con i fantocci), regine guerriere, forgiature di spade magiche... Nel nostro piccolo, facciamo il possibile per utilizzare il linguaggio cinematografico: scene di massa, primi piani, suggestioni musicali... I ragazzi (classe quinta elementare) s'imbattono in numerose difficoltà: registro epico, coordinazione, coreografie, sincronia, tempismo... Ma è un teatro che li entusiasma e si procede con grande passione. Il nome della compagnia? "La compagnia del drago". Musiche metal, soprattutto Rhapsody, ma anche Haggard, Tristania, Dark Sanctuary... Se tutto fila liscio, sul palco a maggio avremo anche Lia a cantare dal vivo.
Anche questo testo lo trovate nel mio sito (http://www.aquilino.biz/), sezione treatro.


IL TEATRO DEI PASSERI: CONTATTI, RELAZIONI, ATTEGGIAMENTI


Il “Teatro dei passeri” apre ogni spettacolo con la parata degli attori. Essi accedono al palcoscenico dal fondo della sala, quasi fossero ancora i girovaghi del carro di Tespi. L’entrata è gioiosa e ognuno presenta il proprio personaggio con frizzi e lazzi, ma soprattutto accennando alle interrelazioni ancora confuse e non significative. Perché è proprio dalle relazioni tra di loro che nasce l’azione scenica. Ma in che modo?


Il copione, a ben vedere, presenta la vicenda drammatica inscatolata in scene e dialoghi e anche se alla lettura tutto scorre liscio, comprensibile ed emozionante, tuttavia non si può negare che la realtà viene frammentata e irrigidita, come conseguenza della necessaria scelta operata dall’autore tra le infine possibilità espressive che gli si presentano. Ogni volta che egli dà la parola a un personaggio, la toglie a tutti gli altri; ogni volta che porta un personaggio sotto la luce dei riflettori, mette in ombra tutti gli altri. È una logica di alternanza di protagonismo: ora tocca a me, poi tocca a lui, e dopo a lei… e così via. Tuttavia, mentre un personaggio si esprime, gli altri sono ancora partecipi dell’azione drammatica, solo che non hanno la parola e sono stati mandati altrove, lontano dagli sguardi del pubblico.


Quando sono fuori scena, che cosa fanno i personaggi? Rimangono tali o ridiventano attori per briciole di tempo che impiegano per concentrarsi sulla parte o per rilassarsi o per bere un sorso d’acqua o mandare un sms?


Se rimangono personaggi, devono sentirsi spaesati, dietro i fondali, in un mondo che non è più quello del dramma, ma quello tecnico che ne sostiene la rappresentazione, nel quale il personaggio non ha più senso, né diritto di esistere. Egli non può fare che una cosa: ritornare sulla scena anche se non è il proprio turno e cercare un senso alla propria assenza temporanea trasformandola in presenza discreta e sensata. In fondo, quello è il suo spazio, quello è il suo tempo, quelle sono le persone con le quali ha relazioni che conosce. Un tecnico per lui non è altro che un alieno.


Ma, in concreto, che cosa fa un personaggio se si ripresenta sul palcoscenico fuori tempo, nell’intervallo oscuro durante il quale non ha battute, quindi nel suo periodo di ombra; anzi, di non esistenza. Egli non ha il diritto di interferire con l’azione in corso: non ha nulla da dire, non ha nulla da fare assieme agli altri personaggi.


In effetti, egli è sullo sfondo. Utilizza lo spazio che gli è familiare perché è stato costruito anche per lui; addirittura, ha il potere di dilatarlo e quella che era una via diventa una città. Si muove in questa città che è la sua città e incontra spettri che fanno comunque parte del dramma, perché fanno parte della sua vita; oppure ripensa al recente passato e si prepara all’imminente futuro; e spia, spia quello che gli altri personaggi combinano, se lo sviluppo della vicenda glielo consente.

Per procedere su questa strada di personaggi che si rendono autonomi dal testo e continuano a vivere al di là delle battute a loro riservate, c’è anzitutto bisogno di uno spazio che si dilati all’infinito: una stanza è la casa, una via la città, una città il mondo.
C’è poi bisogno di ripensare alle relazioni tra i personaggi, che non sono più legate solo al qui e ora, ma si dilatano come lo spazio, perché chi non ha la battuta è comunque presente altrove e pensa a sé e agli altri e a quanto è successo, succede e succederà.
Uno sguardo può rendersi indispensabile, oppure può essere di troppo e rendere falsa una relazione costruita con tanta cura dal regista.


Ecco il lavoro che intende fare Il “Teatro dei passeri” con “L’Arlechin ladro e ladron”.
Il punto di partenza è il testo.


La rete di battute sono i CONTATTI verbali, visivi e fisici tra i personaggi in scena. Le battute comprendono anche i silenzi, che suggeriscono o stimolano a prendere in considerazione. Esse offrono lo spunto al regista per la mimica e i movimenti, ai quali fa da supporto la colonna sonora.

Questi contatti nascono dalle RELAZIONI che preesistono o che si stabiliscono tra i personaggi in base allo sviluppo della trama. Essi sono anche fonte di nuovo relazioni, in un processo di legami che si fa sempre più complesso e instabile fino allo scioglimento finale dove essi si definiscono e si rinsaldano.


Che cosa rende significative le relazioni? Gli ATTEGGIAMENTI (Con il termine atteggiamento si indica la disposizione di ogni persona di produrre risposte, determinate dall'ambiente familiare o sociale, riguardo a situazioni, gruppi o oggetti – Wikipedia).
Ogni personaggio è quindi definito, più che da un’indagine psicologica individuale, dalla rete di relazioni in cui è coinvolto e dalle reazioni personali nei riguardi di persone e fatti.


Se invece il personaggio fuori scena ridiventa attore, che cosa succede? Penso che la metamorfosi da attore a personaggio debba mantenersi fluida, in modo che la persona possa viaggiare nei due sensi (attore-personaggio) senza mai staccarsi definitivamente dall’uno o dall’altro, sviluppando la capacità di spostarsi rapidamente per porte lasciate aperte, con disinvoltura e senza stacchi.
Ma questo fa parte della nostra sperimentazione.


Tutto ciò nasce dall’esigenza di definire il ruolo del personaggio fuori scena e anche di fornire ai ragazzi una via d’interpretazione che non sia psicologica. Essi devono interpretare personaggi adulti delle cui dinamiche interiori non hanno alcuna esperienza. Che cosa ne sa un ragazzo della meschinità di un Pantalone, avaro e adultero?
Il ragazzo si muove meglio nelle relazioni, poiché la sua è l’età dei rapporti sempre più allargati e importanti; l’età dell’amicizia e del gruppo; l’età dei contatti; l’età in cui si formano gli atteggiamenti che ne definiranno la personalità.

sabato 28 novembre 2009

CONTRO LA MAFIA


Firma l'appello: Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra.


Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra".

Don Luigi Ciottipresidente di Libera e Gruppo Abele.




venerdì 27 novembre 2009

L'UGUAGLIANZA DEI CITTADINI


Non l'hai ancora fatto? Firma l'appello di Saviano "PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO."
"Signor Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. È una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia."
ROBERTO SAVIANO

martedì 24 novembre 2009

RADICOFANI







Partenza sabato mattina alle ore quattro. Alle dieci e mezzo siamo a Bomarzo. Per circa un'ora siamo solo io e Betti e poche altre persone e la camminata tra i mostri è davvero magica perché con noi camminano il silenzio e i colori di un autunno splendido. Poi arrivano i turisti: strilli, chiachiere e ancora strilli. Nel pomeriggio sosta a Orvieto, che non rivediamo da tanti anni. La visita più straordinaria è quella agli affreschi del Signorelli nella cappella di San Brizio. Nudità e pose cortigiane fanno del giudizio universale una glorificazione non della resurrezione della carne, ma della carne in sé, carne come intelligenza ed estetica: un inno al Rinascimento. La sera siamo a Radicofani, accolti con gentilezza e cordialità tutte toscane dall'assessore Fausto. Breve passeggiata nel piccolo suggestivo paese e a letto presto. Il giorno dopo, al mattino saliamo alla rocca, il castello di Ghino di Tacco, ammiriamo i Della Robbia nelle due chiese, poi ci addentriamo nel magico bosco di Isabella e infine scendiamo con Fausto alla villa medicea. Qui tutti si conoscono, qui tutti parlano con tutti e nei frammenti di conversazione che si colgono lungo le vie si riflette uno stile di vita non ancora mercificato, lontano dai deleteri modelli televisivi. Il pomeriggio ci vede errabondi in un paesaggio che incanta a ogni curva: una festa agreste a Chiusure, l'architettura rinascimentale di Pienza, e poi Buonconvento, Città della Pieve...

Il lunedì incontro i bambini della scuola elementare. Incontro felice, nell'ambito di "Leggere è volare" della provincia di Siena. Parliamo di libri e anche del futuro, di rapporti sociali e familiari... discorsi importanti, sostenuti con una maturità e una schiettezza che tanti adulti non hanno mai avuto. Grazie a tutti per l'accoglienza.

venerdì 20 novembre 2009

VERGINELLA: altra recensione


Il lupo e l'agnello: violenza e brutalità nelle nuove drammaturgie.

di Renzo Francabandera, 19 novembre 2009 in APRILE, quotidiano per la Sinistra.


A Milano alcuni spettacoli interrogano il pubblico sulla violenza endemica nel sistema di relazioni del nostro tempo. La nuova drammaturgia di Aquilino, portata in scena da Lupus Agnus e il lavoro dell'Accademia degli Artefatti con Mark Ravenhill svelano i retroscena dell'ambivalenza coesistente della dicotomia dei sentimenti
Nel teatro può esserci tutto (anche drammaticamente niente, capita spesso). E quando c'è il nostro tempo, come sempre più spesso accade nei luoghi che accettano le sfide delle nuove drammaturgie, capita di trovarsi davanti a dilemmi tragici, a violenze, a conflitti fra valori e disvalori, all'inversione degli stessi. L'esistente violento che somma microcosmo relazionale e macrocosmo planetario si specchiano come fossero congiunti astralmente nel tema natale dell'uomo. La scena contemporanea ripropone questi dilemmi. E' il caso di alcuni spettacoli a Milano in questi giorni.
Partiamo dal Teatro Filodrammatici dove è andato in scena Verginella, secondo atto, per così dire, di una trilogia sulla famiglia (che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani), su testo di Aquilino, e affidato all'interpretazione della compagnia Lupusagnus diretta da Stefano De Luca, regista di scuola Strehler. Il sodalizio artistico fra tutti mira ad approfondire tematiche legate alla violenza e all'emarginazione, in particolar modo a quelle spesso meno visibili, quelle che hanno luogo fra le mura domestiche. Ecco quindi che il rapporto genitori figli in Mamma Mammazza fotografava quelle morbosità che segnano per molti le esistenze. Con Verginella il tema diventa ancora più duro e diretto. Lei è una bambina di undici anni, in fuga dall'istituto a cui è stata affidata in custodia, si rifugia in una chiesa. Gli adulti che si occupavano di lei, la madre e lo zio, sono stati arrestati con l'accusa di molestie sessuali ai suoi danni. Ognuno dei protagonisti racconta la sua versione dei fatti. Intanto si dipana in scena la storia, e i drammi relazionali che legano vittima e carnefice, dove vittima è la bambina, il sistema sano di relazioni fra individuo e società. Entro una scena semplice ma interessante, fatta di semplici panche di legno che diventano chiesa, cella, tribunale, camera da letto, la drammaturgia e la messa in scena reggono, poche le debolezze di un testo che riesce a tessere il delicato complesso della devastazione che la violenza provoca nel devastato mondo affettivo della bambina, ma anche i suoi dubbi e i suoi sensi di colpa, e il paradossale amore per i carnefici, tutte cose queste che chi ha affrontato a fondo questi temi conosce benissimo, mentre sono molte le letture superficiali che non arrivano al profondo. Verginella è un lavoro appuntito e doloroso che, a parte qualche semplificazione drammaturgica nel finale, mantiene una potente forza comunicativa per tutto il tempo. Intense e da segnalare le prove di Marta Comerio, la bambina e Tommaso Banfi, lo zio. Un po' urlata e sopra le righe sia l'interpretazione che la sfumatura drammaturgica della figura materna. Nel complesso, comunque, un altro potente lavoro di gruppo, che lascia il segno, e conferma una realtà di grande interesse.

mercoledì 18 novembre 2009

LEGGERE E' VOLARE


Sabato mattina all'alba parto per Radicofani, a sud di Siena. Lunedì devo incontrare gli alunni della scuola elementare nell'ambito di "Leggere è volare". Occasione per una breve vacanza: il bosco magico di Bomarzo, Orvieto... e la bellissima cittadina con la rocca di messere Ghino di Tacco, il Robin Hood italiano.




lunedì 16 novembre 2009

ADDIO, VERGINELLA

Lui la chiama verginella
urla t’amo dalla cella
mentre l’ama l’accoltella
scappa via la pecorella
il rifugio è un luogo cupo
ci sta un uomo o ci sta un lupo?
non è un luogo ma un dirupo
Verginella un grido muto.
Arrivederci, Verginella. Ci hai dato cinque serate straordinarie, di emozioni intensissime. Ieri sera hai voluto concludere trionfante. Il pubblico (platea piena) entusiasta, il dibattito dopo lo spettacolo un incontro caloroso di persone intelligenti e sensibili. Noi di Lupusagnus siamo stati subissati di complimenti sinceri. C'è un pubblico che ci segue e che aspetta già con ansia "Canicani", il musical dell'anno prossimo. Io ringrazio ancora Stefano, Tommaso, Marta e Annamaria. Sono eccezionali. Ma non solo. Ringrazio gli universitari che hanno dato una mano preziosa all'organizzazione, il Piccolo per il supporto, e tutti quelli che mi hanno scritto.
Grazie a Marta Osti per la segnalazione. "Io sono il vento", la canzone che identifica lo zio di Verginella.

giovedì 12 novembre 2009

VERGINELLA recensioni


TEATRIMILANO.IT - http://www.teatrimilano.it/317-verginella-filodrammatici-lupusagnus.htm
La scena prende vita e commuove con LupusAgnus
Valeria Colizzi - 13.11.2009
"C'era una volta il lupo e l'agnello, il lupo vuol mangiar l'agnello in virtù della sua forza ma l'agnello non capisce le sue colpe e sta lì, così il lupo....". E' emozionante, travolgente ed allo stesso tempo scomoda la messa in scena di "Verginella" al Teatro Filodrammatici.La giovane compagnia Lupusagnus ci propone il secondo capitolo della "Trilogia della famiglia" iniziata con " Mamma mammazza" e che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani.L'opera, dal testo alla sua rappresentazione è frutto del lavoro della compagnia formata da tre giovani e talentuosi attori, il regista Stefano De Luca e l'autore Aquilino Salvadore, giornalista, psicoterapeuta ed insegnante.Il metodo di lavoro è di continuo arricchito da incontri con il pubblico, dibattiti, laboratori che costituiscono per la compagnia un'opportunità di ricerca e studio delle innumerevoli sfaccettature che può avere un testo e la sua rappresentazione, soprattutto quando l'argomento trattato è la violenza in tutte le sue forme, l'odioso ululato del forte che schiaccia il più debole.Verginella è la storia di un'abuso, della violazione dell'innocenza inconsapevole, è la storia di mille bambini che incontrano l'uomo nero e a cui la protagonista magnificamente da voce.Una chiesa fatta di due panche ed un altare scarno ed una silente statua di Gesù accolgono lo straziante racconto di un'infanzia più volte dominata, violata, umiliata.Mai la piccola Verginella racconterà gli orribili avvenimenti, sarà sempre al limite tra il buio e la candida luce della sua giovane età, tra l'amore per coloro che la feriscono, la paura e la rabbia. Al contrario, come mostri nella sua testa, a svelarci l'inascoltabile sono la madre e lo zio, che carnefici e lupi, si aggirano come ombre spaventose nell'animo della bambina.La regia è curata ed innovativa, la scenografia è semplice ma efficacissima , 4 panche di legno che diventano alternativamente l'altare,il confessionale, la tomba della madre e dello zio, gli scivoli di una bambina al parco. Tutto quanto è in scena vive. Il lavoro degli attori diretti dal bravo Stefano de Luca è credibile e fortemente evocativo, durante un'ora e mezza di spettacolo non c'è un attimo in cui le immagini non travolgano lo spettatore e lo portino altrove, laddove le parole prendono vita e diventano dense, tangibili. Gli interpreti della raccapricciante storia hanno la capacità di provocare emozioni intense al limite della commozione senza aggiungere nulla ad una recitazione vera, pulsante e travolgente.L'atmosfera inquietante e molesta è sempre sostenuta da un giusto ritmo, da musiche improvvise e spiazzanti accompagnate da strani balli e movimenti dei protagonisti che forniscono immagini quasi cinematografiche con l'intensità e la magia del teatro. Quando il teatro riesce a parlarci di argomenti su cui ci sembra di sapere tutto, o di aver già sentito abbastanza con forza espressiva ed immagini nuove senza dover dire troppo, o fare troppo o arricchire troppo la scena, allora siamo di fronte al teatro che ci fa emozionare anche a sipario chiuso, nella strada verso casa, il giorno successivo appena svegli. Allora abbiamo visto, forse, il teatro così come dovrebbe essere.
VIRTUALMILANO.COM -
Arriva il secondo capitolo, dopo il successo di Mamma mammazza, della giovane compagnia Lupusagnus – regista e attori formati alla scuola di Giorgio Strehler – che mette in scena in prima nazionale, al Teatro dei Filodrammatici di Milano, un nuovo scottante testo di Aquilino, Verginella.Verginella è il secondo tassello di una trilogia sulla famiglia che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani. La poetica di Lupusagnus affronta e si sforza di approfondire tematiche legate alla violenza e all'emarginazione. Alla ricerca di una riflessione che superi la semplice reazione emotiva davanti al mostro di turno e riesca, invece, a indagare sulle complesse dinamiche di potere e di sopraffazione che si annidano nelle relazioni umane e sociali, anche e soprattutto all'interno della famiglia. La protagonista – una ragazzina di undici anni – in fuga dall'istituto a cui è stata affidata in custodia, si rifugia in una chiesa. Gli adulti che si occupavano di lei, la madre e lo zio, sono stati arrestati dalle forze dell'ordine con la terribile accusa di molestie sessuali. In chiesa, di fronte ad una silenziosa statua di Gesù, Verginella racconta la sua storia, descritta attraverso la percezione distorta e drammaticamente contraddittoria del suo devastato mondo affettivo. Allo stesso tempo, in un serrato montaggio drammaturgico, assistiamo alle reazioni dei due adulti sotto accusa. Tematiche di una certa entità non dovrebbero essere affidate soltanto all’informazione spettacolarizzata né semplicemente all'aspetto giudiziario delle vicende di pedofilia, per questo il lavoro della compagnia Lupusagnus opera nella convinzione che il teatro possa e debba offrire il suo contributo allo sviluppo di una società matura. Un ulteriore spazio di elaborazione e di coinvolgimento è infatti previsto per gli spettatori, grazie a momenti di discussione a seguito della visione dello spettacolo. Incontri che si configurano come parte integrante del lavoro teatrale e costituiscono un elemento distintivo del modo di intendere il teatro e la relazione con il pubblico.Un nuovo approccio al teatro che ognuno dovrebbe provare, assistendo a uno spettacolo capace di intrattenere e, allo stesso tempo, comunicare e informare su temi troppo spesso ignorati.
IL GIORNALE, giovedì 12 novembre 2009.
Al Filodrammatici, «Verginella» contro le violenze ai minori.
Dopo il successo di Mamma mammazza, la giovane compagnia Lupusagnus – regista e attori formati alla scuola di Giorgio Strehler – ci riprova al Teatro dei Filodrammatici (fino a domenica, info: 02-36595671) con un nuovo scottante testo di Aquilino, Verginella. L’opera costituisce il secondo tassello di una trilogia sulla famiglia che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani. La storia: Verginella, dieci anni, in fuga dall'istituto a cui è stata affidata in custodia, si rifugia in una chiesa. Gli adulti che si occupavano di lei, la madre e lo zio, sono stati arrestati con l'accusa di molestie sessuali. La bambina non può confidare a nessun altro il suo dramma, se non a un'immagine sacra che rappresenta Gesù. E lo farà con le parole - poetiche e devastanti - di una bambina sospesa tra amore e terrore per l'adulto abusante, tra negazione e disperata ricerca di soccorso. Verginella, il secondo spettacolo di Lupusagnus, affronta tematiche legate alla violenza e all'emarginazione. Tematiche che, evidentemente, non possono essere affidate soltanto alla informazione spettacolarizzata né semplicemente all'aspetto giudiziario delle vicende di pedofilia. Ulteriore spazio di elaborazione e di coinvolgimento è infatti previsto per gli spettatori, grazie a momenti di discussione dopo lo spettacolo. Incontri che sono parte integrante del lavoro della compagnia e ne costituiscono un elemento distintivo. Lupusagnus nasce da un’idea del regista Stefano de Luca, assieme a Tommaso Banfi, Marta Comerio, Sergio Leone, Annamaria Rossano, Giorgia Senesi, e al drammaturgo Aquilino, con l’obiettivo di recuperare l’antico e fondamentale rapporto tra autore ed esecutori del testo: «Crediamo che la prova del palcoscenico sia l’unica esperienza capace di formare e affinare un autore di teatro - afferma Aquilino -. Ci nutriamo dunque gli uni degli altri, in un rapporto simbiotico.
CIAO MILANO.IT
.:. teatro / mostri di turno. Verginella, bambina in fuga dagli abusi famigliari, in un convento trova conforto in un’immagine di Gesù a cui confiderà, con terribile semplicità, la sua travagliata storia di emarginazione e violenza: uno spettacolo duro ma toccante, per riflettere senza metafore sulle tragedie domestiche ad opera della compagnia LupusAgnus. Tratto da Aquilino, regia di Stefano de Luca, prima nazionale.
LE VETTE CERCANO GLI ABISSI - blog di Daimon.
Domenica 15 novembre.
Solo una compagnia che ha un nome che porta in sè le contraddizioni drammatiche dell'eterno paradosso del rapporto tra bene e male, lupusagnus, poteva portare in scena la purezza di una fanciullagnus, corrotta e massacrata dalla violenza corrosiva degli adultupi.
La violazione dell'innocenza è rappresentata urlando la drammaticità e la violenza subita in attimi di silenzio senza fine, che vengono interrotti dall'ululato penetrante e distruttivo del lupus; ululato che squarcia i silenzi provocando ferite che non potranno rimarginarsi mai.
Ma il lupus non è cattivo solo quando ulula, il lupus deve essere punito anche quando sta zitto, quando non urla al mondo gli orrori che vede, ma non subisce, diventando in questo modo complice di una barbarie.
E l'agnello rimarrà per sempre la vittima sacrificale, il condannato chiamato a subire all'infinito, in una coazione a ripetere che pretende una drastica interruzione.
TEATROTEATRO.IT - di Alessandro Mauri, 15 novembre
Storia a tinte fosche fin troppo realistica.Aquilino imbastisce un intreccio che ci vuol poco a immaginarsi cronaca: i personaggi oscuri, perversi e imperdonabili che tratteggia nei testi sono anime da poco prezzo, scarti di produzione nella società del business, del successo, del superamento.La loro disumanità si dà per scontata, al punto che neppure si rimane male nel sentire i dettagli delle loro brutture. Perché sono ineludibili verità, e per di più verità se non proprio accettate, almeno assimilate alla quotidianità di questo primo scorcio di secolo, come la Mafia, la sporcizia in Campania o la parzialità dei giornalisti.Su una base così rudemente concreta, la regia di De Luca innesta una scena minimale ma evocativa, con quattro panche che ricordano un altare, porta gli attori a recitare sopra le righe, fingendo una volgarità che è vera nei loro personaggi, e giustappone musiche e coreografie d'impatto.Il risultato è un flusso ininterrotto di menzogne via via più sincere, che forse con un po' di anticipo, rispetto alla composizione scenica, arriva all'unica verità innegabile: una follia di sensualità insipide, trasmessa dai genitori alla figlia, che prima di esaltare spaventa, ma prima di spaventare cancella la possibilità di conoscere un vero sentimento.E in questa ostentazione dell'amore, della carne e dell'anima, l'unica cosa che proprio non riesce a passare è proprio l'Amore.
LA "VERGINELLA" IMPAURITA di Livia Grossi.
Corriere della sera, 10 novembre 2009.
H a soli dieci anni e ha già subito una delle violenze più devastanti, lo zio ha abusato di lei, con la complicità della sua stessa madre. Il Teatro Filodrammatici debutta stasera in prima nazionale con «Verginella» di Aquilino; secondo titolo del focus dedicato alla famiglia della compagnia LupusAgnus. «Testo che parla di paura e di emarginazione», spiega il regista Stefano De Luca, «dove la famiglia diventa specchio di un aberrante circuito di potere dai confini più ampi di quelli di una casa». Protagonisti lo zio (Tommaso Banfi) sotto processo in tribunale, la madre (Annamaria Rossano) durante l' interrogatorio in questura, e sua figlia Verginella (Marta Comerio), che si rifugia in chiesa dopo essere fuggita dall' istituto cui è stata affidata. Una bimba senza nome, in bilico tra amore e terrore.

mercoledì 11 novembre 2009

VERGINELLA





Arriviamo a Milano verso le diciotto e trenta. Parcheggiamo a Lampugnano, prendiamo la metro, scendiamo a Cairoli, ci fermiamo nel Remainder's e io compro un dizionario etimologico, un dizionario dei nomi e un dizionario dell'antica grecia (il mese prossimo comincerò a scrivere "Dei miti"); rimetto giù altri libri per non avere un peso eccessivo, rimando l'acquisto ai prossimi giorni, perché immagino che dovrò tornare per altre repliche. Andiamo al Filodrammatici a salutare gli amici. Ci sono anche Marta e sua madre e giovani universitari che danno una mano. Stanno provando. Due parole con Stefano e torniamo alla caccia di libri, alla Rizzoli in galleria. Poi torniamo in teatro e prendiamo posto. La platea si riempie. Saluto Alessandro di Teatroteatro, Lanfranco del Piccolo... Le luci si spengono. Arrivano Verginella, la madre e lo zio. Sulla scena due panche accostate fanno una croce... sembra una sacra reappresentazione. Per un'ora e venti il pubblico assiste in un silenzio spesso teso, perché ciò che si racconta colpisce forte e lascia il segno. Gli applausi, alla fine, sono lunghi, poderosi, liberatori. Tutti si fermano per un incontro con Lupusagnus, tutti hanno voglia di liberarsi del fantasma di una bambina abusata e vogliono parlare e parlare... Conosco il prof. Paolo Bosisio che insegna storia del teatro alla statale, è entusiasta. Congratulazioni, abbracci, strette di mano... ma si è fatto tardi, la metropolitana chiude, noi dobbiamo tornare a Lampugnano. L'aria si è fatta più tiepida, la notte è tranquilla, si ritorna commentando la serata. Tommaso, Marta e Annamaria sono stati... sono stati davvero grandi attori, davvero grandi. E Stefano ha curato una regia di una sensibilità straordinaria, che regala emozioni su emozioni.

Grazie a tutti.
L'intervista a Stefano su Radio Popolare.

LE PROVE DEI PASSERI




Siamo ancora nella fase iniziale di "L'arlechin ladro e ladron", alla ricerca delle modalità espressive che siano accessibili per noi dilettanti. Il gioco tende a essere il più possibile coinvolgente, in modo che il regista non sia solo capobranco, ma soprattutto elemento di stimolo e di coordinamento. In cerchio, si prende una battuta qualsiasi di un personaggio. Ognuno la interpreta a modo proprio, cercando originalità di voce e di movimento, senza porsi questioni di coerenza psicologica con un "tipo" umano. Escono così suggerimenti per chi ha quel determinato ruolo. E' il gioco della scoperta casuale, dell'aprirsi a materiali diversi tra cui scegliere. Oggi cominciamo a provare anche con le pedane, che ci offrono subito un forte sostegno ai movimenti di scena. Esse consentono l'elevazione, il percorso a scala, il nascondimento quando sono poste in verticale. Il secondo gioco consiste nell'affidare la regia a due di loro: lì ci sono due compagni, devono sostenere un dialogo, come si muovono?
Siamo all'inizio, ma si sono già fatte tante scoperte e i passeri sviluppano sempre più sicurezza in se stessi e comprensione della macchina teatrale.

martedì 10 novembre 2009

VERGINELLA


Teatro Filodrammatici - LupusAgnus presenta

Verginella
(in cartellone dal 10-11-2009 al 15-11-2009)
durata 80 minuti circa
di Aquilino
con T. Banfi, M. Comerio, A. Rossano
regia di Stefano De Luca

martedì 10 novembre ore 21.00
mercoledì ore 19.30
giovedì/sabato ore 21.00
domenica ore 16.00
PREZZI: under 18, euro 6,00 - mart merc gio euro 10,00 - ven sab dom euro 15,00 / ridotto euro 10,00
PRENOTAZIONE: 02 36595671

domenica 8 novembre 2009

VERGINELLA IN LIBRERIA 2


Abbiamo approfittato dell'occasione, io e Betti, per andare a vedere "Bruno" di e con Sacha Baron Cohen, spettacolo delle ore 16.15, in sala una ventina di spettatori, tutti divertiti come noi, addirittura entusiasti, un film da consigliare a tutte le persone aperte e intelligenti. Le altre continuino a guardare i reality. Dall'Odeon siamo andati a piedi al Piccolo, dove siamo incappati in Marta, anche lei alla ricerca di Lupiusagnus. Ci informano che i nostri amici sono alla festa di compleanno di Soleri. Marta li raggiunge, io e Betti preferiamo fare una passeggiata per corso Garibaldi. Un salotto chic. Decaffeinato e torta al cioccolato. Raggiungiamo con calma la libreria del Mondo Offeso al numero 50, cortile interno. I Lupusagnus sono lì che ci aspettano. Qualche minuto per dare un'occhiata alla straordinaria libreria che tratta davvero il libro come frutto e fonte di pensiero e sensibilità. Grazie a Laura. Poi l'incontro, con un pubblico di una cinquantina di fan. Parliamo di VERGINELLA e del futuro della compagnia, del terzo spettacolo della trilogia sulla violenza e sulla famiglia, CANICANI, che dovrebbe andare in scena alla fine del 2010. Purtroppo, ho lasciato a casa la macchina fotografica. Martedì la prima. Cinque repliche. Ci auguriamo che ogni sera ci siano tanti e tanti spettatori. Siamo fiduciosi.

mercoledì 4 novembre 2009

LAICITA'


Dal sito dell'UAAR:

"La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha detto «no» ai crocifissi in classe, pronunciandosi sul ricorso di una cittadina italiana, socia Uaar. L’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti ha infatti promosso, sostenuto e curato tecnicamente tutto l’iter giuridico, che era già passato da Tar del Veneto, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato. Quest’ultimo aveva stabilito la legittimità della presenza del crocifisso in classe, adottando per di più la formula del «crocifisso quale simbolo della laicità dello Stato»: una linea chiaramente sconfessata da Strasburgo.«È un grande giorno per la laicità italiana. - sostiene Raffaele Carcano, segretario nazionale dell’Uaar - Siamo dovuti ricorrere all’Europa per avere ragione, ma finalmente la laicità dello Stato italiano, affermata da tutti a parole, trova conferma in un provvedimento epocale».«Gli alunni potranno finalmente studiare in una classe priva di simboli religiosi.- prosegue Carcano – Perché la scuola è laica, cioè di tutti: credenti e non credenti. Ed è assurdo che bambini anche di pochi anni siano costretti a subire l’inevitabile condizionamento indotto dalla presenza del simbolo di una sola confessione religiosa».

martedì 3 novembre 2009

SCRITTURA


Volevo fare uno spettacolo solo, e invece sono tre i gruppi che seguo: i ragazzi del Teatro dei Passeri, una classe quinta elementare, il gruppo misto (dai nove agli ottant’anni) di Cacao. Sono tre appuntamenti settimanali che si portano dietro incontri per le scenografie e i costumi, scelta delle musiche, progetti di regia… Amo il teatro. Amo questo teatro di dilettanti perché ogni volta è una sfida: come manipolare il materiale grezzo per ricavarne un successo? L’inizio è solo ansia: gli attori non sono in grado di interpretare, i personaggi non escono, come fare scenografie senza soldi, il tempo non basta, chi realizza i costumi… E poi le prime schiarite. Si scorgono sentieri nella nebbia, si seguono con il cuore in gola, squarci di un paesaggio affascinante, come arrampicarsi su una montagna alla cieca e poi invece cominciare a scorgere il mondo di sotto, e non vederne la fine, e sollecitare la fantasia per dargli un ordine… Tutto per una serata e una replica al mattino per le scuole. Teatro di consumo. Un fiammifero acceso che dura niente, ma l’attimo di luce nelle tenebre è un’emozione che fa dimenticare gli orrori del mondo.
E poi c’è il giardino; finora mi ha tenuto molto occupato, quante piante nuove! E però è il mio luogo dell’armonia e della pace e non ci rinuncio.
Insomma, il tempo della scrittura sembra assottigliarsi, farsi un esile sospiro nel fracasso delle attività. Tuttavia, mi basta.
La scrittura non è mettersi alla tastiera e digitare parole e parole per un tempo predeterminato, come se fosse un impiego. Ci sono scrittori che dedicano quattro ore mattutine alla scrittura, tutte le mattine. Altri che le riservano un mese estivo. La mia scrittura non si fa mettere in scatola così facilmente. Essa prende forma di caratteri sullo schermo bianco quando già è stata scritta dentro di me, durante le ore di insonnia, durante i sogni, durante i viaggi in auto, le camminate, perfino durante la cottura del cibo, la lettura di un libro o la visione di un film. La scrittura è attività permanente, quella che permea di sé tutte le altre attività minori e le assoggetta ai propri umori.
Non penso a che cosa scriverò, lascio che la scrittura si formi dentro di me con impressioni, intuizioni, suggestioni, cronache incompiute, confessioni di personaggi, spiate e ascolti pazienti.
Un rimuginare continuo e incessante, che poi diventa racconto.
Tutto ciò che scrivo, insomma, non nasce perché lo “invento”, ma perché lo vivo.
Ora, per di più, sto scrivendo il secondo libro su Albino Guidi, il protagonista de “Un fauno in legnaia” che uscirà a maggio. Si intitola “D’Armonia, di sangue”. Ad Albino viene affidata la regia di una commedia che sarà rappresentata dalla filodrammatica di paese. Tra le attrici si ritrova una titanide, Mnemosine, che si presenta con il nome di Armonia. E Ares, indispettito perché non è riuscito a possederla. In paese imperversano squadracce… e insomma violenza e violenza contro l’arte.
È la prima volta che mi capita di scrivere prendendo spunto da un’esperienza contemporanea alla scrittura. Il mio gruppo di teatranti di paese mi fornisce personaggi e cronache da rielaborare con l’innocente maschera del sogno per trasformarli in un romanzo. E così vivo due volte una vicenda simile, una nella realtà l’altra nell’immaginazione e dall’incontro delle due nasce un’opera letteraria.
Ecco dunque perché non mi pento di avere preso troppi impegni. Se mi chiudessi in casa a scrivere e basta… di che cosa potrei scrivere? Di cose da letterati. Ma io non voglio fare il letterato. Voglio fare lo scrittore. Ed è allora indispensabile vivere, altrimenti la parola non avrebbe l’odore forte della realtà. Profumerebbe di salotto. Io detesto i salotti.

VERGINELLA NEL MONDO OFFESO


In occasione della prima nazionale dello spettacolo Verginella al Teatro Filodrammatici di Milano dal 10 al 15 Novembre,la compagnia LUPUSAGNUS incontra il pubblico venerdì 6 Novembre alle ore 19.30 presso la Libreria del Mondo Offeso in Corso G. Garibaldi 50 a Milano. La compagnia teatrale LUPUSAGNUS - regista e attori formati alla scuola di Giorgio Strehler - si caratterizza per la proposta di testi con tematiche di forte impatto sociale. Per il suo percorso di indagine sulla violenza, in tutte le sue forme: sulle donne, sui bambini, in famiglia e nella società.Lupusagnus sceglie come filosofia di lavoro l’utilizzo di requisiti tecnici minimi cercando nella semplicità della messinscena un nuovo e fresco potenziale creativo. Sceglie inoltre di mettere al centro del suo lavoro l’approfondimento del rapporto con il pubblico, realizzato attraverso laboratori, incontri e dibattiti.

Per maggiori informazioni, visita i seguenti link: http://www.lupusagnus.com/. Oppure scrivi a: info@lupusagnus.com. L'evento è stato organizzato con l'aiuto dell'Associazione Algo Mas.