Gli esercizi di Passerotti 9.
giovedì 31 gennaio 2013
PASSEROTTI 9
Che cosa abbiamo fatto, oggi? Le movenze da carillon. Gambe incrociate, rotazione sulla punta dei piedi, movimenti del busto in su e giù e delle braccia in alto in in basso, con saluto, espressione sorridente, sguardo fisso. La parte più difficile è come sentirsi sicuri sui piedi a gambe incrociate, e come tenere il movimento di rotazione a ginocchia leggermente flesse senza ingarbugliarsi. Infatti, qualcuno perde la posizione e inciampa. Si cambia musica. Due effetti sonori di passi, dapprima una camminata lenta, poi veloce. Devono effettuarla a braccia piegate discoste dal corpo con mani aperte a dita tese; quando s'incontrano devono ruotare sulle punte e cambiare direzione. Siamo ormai giunti al finale. Si sente un treno. Sistemano le sedie per dare l'idea di una carrozza e suggeriscono gli scossoni con sussulti verticali, salutando dai finestrini. Ma poi scoppiano i fuochi artificiali: in piedi sulle sedie a indicare il cielo con espressioni di meraviglia, gioia, entusiasmo. Un applauso prelude all'ultima musica. Siamo al circo. Do alcuni suggerimenti sulla postura da clown, sulla maschera facciale, sui movimenti da marionetta. Poi li invito a inventarsi delle gag. Bravi, davvero bravi. Intervengo per qualche rifinitura, ma sono loro a inventarsi la scenetta: tira e molla, litigi, risa, pianti, secchiate d'acqua, cadute... un circo davvero vivace.
Giochiamo. Spiego che cos'è un tableau vivant. Non finisco di parlare che già hanno in mente che cosa fare. Ognuno organizza il proprio gruppo, manipolando i compagni per dare loro la posizione e l'espressione voluta, rimproverandoli se scherzano o si muovono, rivelando alla fine il titolo della composizione:
Il sacrificio - L'imboscata delle Amazzoni - Lo studio dello scienziato - L'assalto del ghepardo - Lo squalo attacca - Il dottore - Come faccio fuori un amico.
mercoledì 23 gennaio 2013
SAGGIO SU PAN
James Hillman, "Saggio su Pan", Adelphi 2011 (il saggio è del 1972), pag. 57.
"Un
grido percorse la tarda antichità: “Pan, il grande è morto!” narra Plutarco nel
Tramonto degli oracoli; tuttavia il
detto è divenuto esso stesso oracolare, fino a significare molte cose per molte
persone in molti tempi.
Una
cosa fu annunciata: la natura era stata privata della sua voce creativa. Essa
non era più una forza indipendente e vivente di generatività. Ciò che aveva
avuto anima, la perdette; o andò perduta la connessione psichica con la natura.
Morto Pan, anche Eco morì; non potemmo più catturare coscienza riflettendo
entro i nostri istinti. Questi avevano perduto la loro luce e caddero
facilmente nell’ascetismo, seguendo come un gregge senza ribellione istintuale
il loro nuovo pastore, Cristo, con i suoi nuovi mezzi di direzione. La natura
cessò di parlarci - oppure non fummo più capaci di udirla. La persona di Pan il
mediatore, come un etere che avviluppava invisibile tutte le cose naturali di
significato personale, di lucentezza, era scomparsa. Le pietre divennero
soltanto pietre - gli alberi, alberi; le cose, i luoghi e gli animali non erano
più questo Dio o quello, ma diventarono ‘simboli’ o si disse che ‘appartenevano’
a questo o a quel Dio. Quando Pan è vivo allora anche la natura lo è ed è colma
di Dei, talché lo strido della civetta è Atena e il mollusco sulla riva è
Afrodite. Questi pezzi di natura non sono semplicemente attributi o proprietà.
Sono gli Dei nelle loro forme biologiche. E dove trovare gli Dei meglio che
nelle cose, nei luoghi e negli animali che essi abitano, e come partecipare ad
essi meglio che attraverso le loro concrete rappresentazioni naturali? Ogni
cosa che veniva mangiata, odorata, calpestata o spiata era una presenza
sensuale dotata di rilevanza archetipica. Una volta che Pan è morto, la natura
può essere controllata dalla volontà del nuovo Dio, l’uomo, modellato a
immagine di Prometeo o Ercole, che crea da essa e l’inquina senza alcun
turbamento morale.
Quando
l’umano perde la connessione personale con la natura personificata e l’istinto
personificato, l’immagine di Pan e l’immagine del Diavolo si mescolano. Pan non
morì mai, dicono molti commentatori di Plutarco, egli venne rimosso. Perciò,
come è stato affermato più indietro, Pan ancora vive, e non soltanto
nell’immaginazione letteraria. Egli vive nel rimosso che ritorna, nelle
psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti, come indica Roscher,
innanzitutto nell’incubo e nelle qualità erotiche, demoniache e paniche ad esso
associate.
L’incubo
quindi offre veramente la chiave per riavvicinare la natura per noi perduta e
morta. Nell’incubo la natura rimossa ritorna, così vicina, così reale che non
possiamo non reagire ad essa naturalmente, divenendo cioè interamente fisici,
posseduti da Pan, gridando per avere luce, conforto, contatto. La reazione
immediata è l’emozione demoniaca. Siamo ricondotti all’istinto dall’istinto."
domenica 20 gennaio 2013
TECNEKE in "Death watch"
Il mito narra che l’egiziano Tamuz,
su una nave diretta in Italia, davanti all’isola di Paxos udì il lamento “Thamuz
pan-megas Tethneke”, intendendolo come “Tamuz, il grande Pan è morto”.
L’imperatore Tiberio, quando venne a conoscenza della notizia, ordinò di
indagare e scoprì che si trattava proprio del dio Pan. Anche Plutarco,
sacerdote di Delfi durante la seconda metà del primo secolo a.C., credette a
questa storia e la pubblicò nel “De defectu oraculorum 17”. Tuttavia, quando lo
scrittore e geografo Pausania fece un viaggio in Grecia un secolo dopo, scoprì
che i santuari, gli altari e le grotte sacre di Pan erano ancora molto
frequentati. Soprattutto per alcuni commentatori cristiani, in questa leggenda
è simboleggiata la fine degli dei pagani. Molti poeti, come Elizabeth Browning,
Gabriele D’annunzio ed Ezra Pound, scrissero poesie al riguardo.
“Il grande dio Pan morì quando
Cristo divenne il sovrano assoluto. Leggende teologiche li descrivono in
opposizione inconciliabile, e il conflitto dura tuttora, giacché las figura del
Diavolo non è altro che Pan visto attraverso l’immaginazione cristiana”. (James
Hillman, “Saggio su Pan”)
TETHNEKE, morire. In un
teatro di vita il punto di partenza non può essere che la morte. Solo
dall’accettazione della morte può venire la rinascita e quindi il rinnovamento.
Il teatro non può ignorare le proprie radici, che sono mitiche. Il riferimento
a Pan ci riconduce ai tragici greci e al mito. Ci fa uscire dall’ambito della
cultura cristiano-occidentale, per cercare altrove e anche in altri tempi
modalità di spettacolo diverse. Soprattutto, stimola a evadere dal soffocante
teatro borghese, con le sue storie piccole, la sua gestione noiosa dello spazio
teatrale e della drammaturgia, la sua mancanza di contrapposizione alla società
e alla cultura dominante.
Una ricerca teatrale
deve anche indicare in quali modi vuole conseguire una propria originalità.
Ecco allora che TETH
diventa TEC. La morte viene allontanata, posta sullo sfondo, per dare spazio
all’energia vitale. Perché TEC? Perché fare teatro significa anzitutto
impadronirsi delle tecniche, e non solo; significa scoprire tecniche nuove,
nuovi modi espressivi. Questo teatro mette quindi tutto in discussione. L’idea
di palcoscenico, di ruolo, di personaggio, di declamazione, di interpretazione…
e cerca vie proprie. TEC anche perché la tecnologia non viene vista con
diffidenza, ma utilizzata in tutte le sue potenzialità. TEC perché sul
palcoscenico non ci sono primi attori, protagonisti e comparse. Ci sono tecnici
dell’arte teatrale che chiamiamo “agonisti”. Essi accedono al palcoscenico come
su una pista, per misurarsi in un “agone”, in un gioco-sfida. Teatro, quindi,
come gara e disputa, duello e scontro. I ruoli si scambiano e si confondono:
stessi agonisti per più ruoli, musicisti che recitano, attori che entrano ed
escono dalla parte, metateatro.
TECNEKE è una realtà tutta da scoprire,
tutta da fare. Opera di dilettanti, ma senza presunzioni. Non si butta via
niente del passato, da qualunque forma teatrale si può imparare. Ma lo slancio
è per il cambiamento.
lunedì 14 gennaio 2013
ADDIO, TEATRO DEI PASSERI
Esito a lungo. Nel frattempo, raccolgo foto. Quando si arriva al momento, si è presi da un senso di straniamento. Addio significa basta, per sempre, mai più, finito, sepolto. Per fortuna, ci sono volte in cui addio significa anche porta chiusa/porta aperta, finito/nuovo inizio, addio/benvenuto. Muore il Teatro dei Passeri e nasce Tecneke: è morto il re, viva il re. Sì, per fortuna c’è l’erede.
Il Teatro dei Passeri ha fatto parte della mia vita, giorno per giorno, durante gli ultimi cinque anni; e ha costituito una presenza importante e ricca, un’esperienza che mi ha stimolato a chiarire a me stesso il significato della parola teatro. Mi ha spinto a ricominciare da capo con le domande. Che cos’è il teatro? Perché faccio teatro? Che tipo di teatro voglio fare? Qual è il linguaggio del teatro? Con chi e per chi fare teatro?
Nell’estate del 2008 vengo contattato da alcune signore che mi propongono di fare teatro con un gruppo di ragazzi. Sono Marina Betti, Silvia Camera, Cinzia Colombo, Silvia Rossi, Annamaria Vigarani. Io devo occuparmi del testo e della regia, loro di tutto il resto. Gianna Cannaos si occupa delle scenografie. In un attimo nasce il Teatro dei Passeri. Mettiamo in scena “L’Arlechin fantasimo”, L’Arlechin ladro e ladron”, “L’Arlechin che copa i gati” e “L’angelo dei morti”. Nei quattro anni fanno parte del gruppo: Attinà Martina, Bedostri Lorenzo, Bolamperti Cristiana, Brunelli Francesca, Canovi Elio, Canovi Tommaso, Caprera Miriana, Catania Desirée, Crippa Nicola, De Ruvo Lara, Farioli Sofia, Gerundini Gilberto, Gerundini Giovanni, Massara Alessandro, Melone Matteo, Morello Andrea, Reale Manuel, Reale Robin, Rivolta Giorgio, Rossi Omar, Targani Jacopo, Tornese Veronica, Truzzu Erica.
Si prova da ottobre a maggio e poi ci si esibisce nel teatro civico di Oleggio. Tanto lavoro per una sola rappresentazione. Si va anche a Milano a vedere “L’Arlecchino servitore di due padroni”, con visita agli attori nei camerini e foto ricordo con Enrico Bonavera. Gli attori di Lupusagnus e il regista Stefano De Luca vengono a Oleggio per brevi stage con i ragazzi. Altri stage con Giulia Viana. Un’avventura ricca e significativa, un successo di pubblico costante e caldissimo.
Poi la carica si esaurisce. I ragazzi crescono, sviluppano altri interessi, o si rendono conto che il teatro non fa per loro. Io sento l’esigenza di un gruppo ristretto di veri appassionati. Ci si confronta, si discute in modo anche animato, si prendono decisioni. La mia proposta è di fare un’associazione Arci e di mettere in scena “Death watch. Pane e lacrime”. Del vecchio gruppo di attori rimangono solo Gilberto, Giovanni e Nicola. Anche il gruppo degli adulti si spacca. Alcuni rimangono, altri no.
I processi di morte e rinascita non sono mai privi di dolore.
Fino all’ultimo tento di salvare il nome, ma la maggioranza ritiene giusto dare un segnale: si cambia, si ricomincia, si dà una svolta, si vuole rinnovare.
Raccogliendo le foto, ho rivissuto con emozione tantissimi momenti esaltanti. Mi spiace che nella nuova avventura qualcuno non abbia voluto lanciarsi. La porta, comunque, è sempre aperta a tutte le collaborazioni.
Addio, Teatro dei Passeri. Hai dato vita a una nuova realtà teatrale. Si chiama TECNEKE. Ci sono Colombo Carlo, Crippa Lorenzo, Crippa Nicola, Galbusera Alba, Gerundini Gilberto, Gerundini Giovanni e Monica Ergotti consulente per danza e coreografia. Per il momento. Altri verranno a bussare, ne sono sicuro. Si sta procedendo (atto costitutivo e statuto approvati e firmati) per dare vita a Tecneke come associazione Arci. Perché il nome Tecneke? Da chi è sostenuto il gruppo? In un prossimo post, tutte le informazioni.
(vedi album in Facebook)
sabato 12 gennaio 2013
HORRENDOS POR SIEMPRE
Realizzazione di Enrico V. La musica di Lorenzo/Dean Cassidy.
venerdì 11 gennaio 2013
PASSEROTTI 8
Li faccio sedere a
semicerchio. Parlo dei personaggi e dei costumi di scena. Ho cambiato idea, non
li vedo più con gli indumenti di tutti i giorni. Frugo tra gli scatoloni dell’aula
teatro. Si tuffano sul travestimento, uno dei giochi preferiti dai bambini. Andrea
in giacca e cravatta, Giovanni tutto colorato (e con un naso rosso che ogni
tanto gli compare sul viso), Luca una tunica nera con cappuccio, Lorenzo in
tenuta da calciatore, Armanda dark con trucco vistoso, Giada C. tessuti con brillantini
da star, Giada M. top nero e non so, Michela jeans e giubbetto.
Proviamo fin oltre la
metà, e tutto fila liscio. Ognuno cerca la sintonia con il personaggio.
Consolidiamo la voce (soprattutto per Amanda e Michela), il modo di muoversi (Giada
C.) e la partecipazione è vivace e allargata. La sorpresa arriva quando alcuni
esprimono proposte valide o improvvisano sul testo. Luca, per esempio,
cogliendo anche i suggerimenti altrui, s’inventa di essere stregone quando ha
il cappuccio calato sul viso e bambino quando se lo abbassa, con due voci
diverse e coerenti. L’effetto è esilarante e infatti tutti ridono di gusto.
Le due ore trascorrono
in fretta. In attesa dei genitori, li faccio giocare ai mimi. Pare che non
vogliano più andarsene. Il gruppo è coeso e senza conflitti, disciplinato e
motivato. Una meraviglia.
sabato 5 gennaio 2013
venerdì 4 gennaio 2013
PASSEROTTI 7
La prova con i genitori
prima delle vacanze non è stata un granché. Non solo perché mancavano due
interpreti, sostituiti da volenterosi e straordinari fratellini, ma anche per
la mancanza di concentrazione, la scarsa determinazione, i buchi di memoria. Da
chiedersi quando mai si sarebbero visti apprezzabili progressi. Ebbene, ieri li
ho visti.
Leggiamo la seconda
parte, che ho scritto durante le vacanze. Una lettura diversa da quella di
ottobre, quando più o meno tutti non sapevano bene che cosa fare delle battute.
Le avevano lette senza espressione, come di solito fanno, attenti solo alle
parole difficili, usando la voce con cautela e riservatezza. Ora, invece, ognuno
affronta le parole da recitare con decisione e con passione, attento non alla
scansione in sé, ma alle implicazioni emotive, in modo da rendere l’esposizione
viva e significativa. Riproviamo l’inizio. Concentrazione, memoria, misura,
espressività… tutto funziona. Oh, che sollievo!
Alla battuta di Luca “io
sono un mistero dell’universo”, lo invito a caricare le parole di un
significato magico, levando le braccia al cielo, con voce solenne. Intuisce
subito di che cosa si tratta e si lancia in un’interpretazione da
mago/stregone fantasy, improvvisando espressioni e movenze. Fa ricorso alla sua
cultura letteraria-cinematografica e finalmente lo vedo convinto e divertito.
Ecco, abbiamo creato un personaggio. Non ero sicuro di arrivarci, e non così in
fretta.
Non si tratta solo di
dire al bambino: tu fa’ così, perché questo personaggio fa così. È necessario
(come, d’altronde, per l’adulto) che il bambino abbia in sé dei riferimenti;
deve comprendere il personaggio, averne una visione interiore; e deve
divertirsi a interpretarlo. Al momento abbiamo: Luca il mago/stregone; Andrea l’insicuro
in conflitto familiare (ma è un po’ posticcio); Giada C. la performer di danza
e canto ambiziosa e sognatrice; Giada M. l’intellettuale un poco saccente, una
professoressa so tutto io; Lorenzo l’impulsivo, sempre in movimento (potrebbe
avere le cuffiette); Giovanni il pigro scanzonato; Michela la dura musona; e
infine Amanda dark, maschera neutra.
Dai personaggi
scaturiscono una serie di problemi. Come muoversi. Come parlare. La mimica
facciale. Le reazioni eccetera. Ora occorre che ogni spunto per la creazione
del personaggio diventi motivo di gioco, fino a quando l’espressività si fa spontanea
e motivata. Mi rendo conto con piacere che hanno imparato molto. Soprattutto a
fidarsi di sé stessi, a non temere di esporsi. Le voci sono caricate, non sono
più pigolii timidi. Il grande gioco del “facciamo che io sono e tu sei…” li sta coinvolgendo. Ecco uno
stralcio del testo (in corsivo, gli effetti sonori che sono si solito occasione
di coreografie).
AMANDA Brave, litigate, litigate.
Proprio quello che vogliono nei reality. Che si litighi.
LORENZO Ha ragione. Invece di litigare,
facciamo le boccacce alle telecamere.
boccacce
LUCA Scusate una cosa. Se
vogliono che facciamo spettacolo, facciamolo.
Cowboy
theme
AMANDA Contenti? Siamo stati bravi?
Adesso possiamo tornare a casa, per favore?
Nooooo
AMANDA Siete dei prepotenti. E anche dei
maleducati. E non capite niente. I miei genitori vi denunciano per rapimento.
Così andate tutti in prigione.
LORENZO Intanto, in prigione ci siamo
noi.
Orologio
a pendolo
ANDREA Sapete che cosa dice la mia
mamma quando ne combino una? Ecco, adesso ci manca che si metta a piovere.
Pioggia
e tuoni 33
GIOVANNI Che forte! Piove nella stanza!
MICHELA
E lo trovi divertente? Tu
sei matto.
GIADA
M State calmi. Non
agitatevi. Pensiamo a una soluzione.
GIADA
C Se prendo freddo, mi va
via la voce. E il provino?
LUCA Tranquilla, è pioggia
calda.
LORENZO Ehi, magari la stanza si riempie
d’acqua, così diventa una piscina.
GIOVANNI Forte!
AMANDA Io ho paura dei fulmini.
ANDREA Ma tu non avevi paura di
niente?
AMANDA Certo. Ma i fulmini non sono
niente. Ti arrostiscono vivo.
GIOVANNI Forte!
AMANDA Ma va’ tu a farti arrostire.
GIADA
M Se non sbaglio,
nell’atrio ho visto degli ombrelli.
Ninna
nanna
ANDREA Buonanotte, amici.
GIOVANNI Sogni d’oro.
MICHELA
Sognare che cosa? Tu sei
matto.
GIADA
M Rilassiamoci, facciamo un
sonnellino.
GIADA
C E se mi chiamano e non
li sento?
LUCA Tanto di guadagnato per
tutti.
LORENZO Davvero siamo amici?
AMANDA Sì, ma non illuderti. Guai a te
se mi mandi i messaggini.
TUTTI Ninna nanna ninna oh
questo bimbo
non lo so
forse è buono
o forse no
ninna nanna
ninna oh.
Sveglia
GIOVANNI Signorsì, comandi, signor generale!
AMANDA Piantala, trombettiere, se no ti
ficco in gola la tromba!
GIADA
C Secondo voi, questo è un
segnale?
LORENZO Direi proprio di sì. È l’adunata.
GIADA
C Il segnale del provino!
Dobbiamo metterci in fila. Io per prima, se non vi spiace.
Sports
crowd
ANDREA La mia mamma…
TUTTI Ssst!
Porta
che scricchiola
Sciacquone
di wc
GIADA
M Qualcuno che è andato al
gabinetto.
LUCA Non ci voleva tanto a
capirlo.
mercoledì 2 gennaio 2013
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