James Hillman, "Saggio su Pan", Adelphi 2011 (il saggio è del 1972), pag. 57.
"Un
grido percorse la tarda antichità: “Pan, il grande è morto!” narra Plutarco nel
Tramonto degli oracoli; tuttavia il
detto è divenuto esso stesso oracolare, fino a significare molte cose per molte
persone in molti tempi.
Una
cosa fu annunciata: la natura era stata privata della sua voce creativa. Essa
non era più una forza indipendente e vivente di generatività. Ciò che aveva
avuto anima, la perdette; o andò perduta la connessione psichica con la natura.
Morto Pan, anche Eco morì; non potemmo più catturare coscienza riflettendo
entro i nostri istinti. Questi avevano perduto la loro luce e caddero
facilmente nell’ascetismo, seguendo come un gregge senza ribellione istintuale
il loro nuovo pastore, Cristo, con i suoi nuovi mezzi di direzione. La natura
cessò di parlarci - oppure non fummo più capaci di udirla. La persona di Pan il
mediatore, come un etere che avviluppava invisibile tutte le cose naturali di
significato personale, di lucentezza, era scomparsa. Le pietre divennero
soltanto pietre - gli alberi, alberi; le cose, i luoghi e gli animali non erano
più questo Dio o quello, ma diventarono ‘simboli’ o si disse che ‘appartenevano’
a questo o a quel Dio. Quando Pan è vivo allora anche la natura lo è ed è colma
di Dei, talché lo strido della civetta è Atena e il mollusco sulla riva è
Afrodite. Questi pezzi di natura non sono semplicemente attributi o proprietà.
Sono gli Dei nelle loro forme biologiche. E dove trovare gli Dei meglio che
nelle cose, nei luoghi e negli animali che essi abitano, e come partecipare ad
essi meglio che attraverso le loro concrete rappresentazioni naturali? Ogni
cosa che veniva mangiata, odorata, calpestata o spiata era una presenza
sensuale dotata di rilevanza archetipica. Una volta che Pan è morto, la natura
può essere controllata dalla volontà del nuovo Dio, l’uomo, modellato a
immagine di Prometeo o Ercole, che crea da essa e l’inquina senza alcun
turbamento morale.
Quando
l’umano perde la connessione personale con la natura personificata e l’istinto
personificato, l’immagine di Pan e l’immagine del Diavolo si mescolano. Pan non
morì mai, dicono molti commentatori di Plutarco, egli venne rimosso. Perciò,
come è stato affermato più indietro, Pan ancora vive, e non soltanto
nell’immaginazione letteraria. Egli vive nel rimosso che ritorna, nelle
psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti, come indica Roscher,
innanzitutto nell’incubo e nelle qualità erotiche, demoniache e paniche ad esso
associate.
L’incubo
quindi offre veramente la chiave per riavvicinare la natura per noi perduta e
morta. Nell’incubo la natura rimossa ritorna, così vicina, così reale che non
possiamo non reagire ad essa naturalmente, divenendo cioè interamente fisici,
posseduti da Pan, gridando per avere luce, conforto, contatto. La reazione
immediata è l’emozione demoniaca. Siamo ricondotti all’istinto dall’istinto."
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