mercoledì 23 gennaio 2013

SAGGIO SU PAN


James Hillman, "Saggio su Pan", Adelphi 2011 (il saggio è del 1972), pag. 57.


"Un grido percorse la tarda antichità: “Pan, il grande è morto!” narra Plutarco nel Tramonto degli oracoli; tuttavia il detto è divenuto esso stesso oracolare, fino a significare molte cose per molte persone in molti tempi.
Una cosa fu annunciata: la natura era stata privata della sua voce creativa. Essa non era più una forza indipendente e vivente di generatività. Ciò che aveva avuto anima, la perdette; o andò perduta la connessione psichica con la natura. Morto Pan, anche Eco morì; non potemmo più catturare coscienza riflettendo entro i nostri istinti. Questi avevano perduto la loro luce e caddero facilmente nell’ascetismo, seguendo come un gregge senza ribellione istintuale il loro nuovo pastore, Cristo, con i suoi nuovi mezzi di direzione. La natura cessò di parlarci - oppure non fummo più capaci di udirla. La persona di Pan il mediatore, come un etere che avviluppava invisibile tutte le cose naturali di significato personale, di lucentezza, era scomparsa. Le pietre divennero soltanto pietre - gli alberi, alberi; le cose, i luoghi e gli animali non erano più questo Dio o quello, ma diventarono ‘simboli’ o si disse che ‘appartenevano’ a questo o a quel Dio. Quando Pan è vivo allora anche la natura lo è ed è colma di Dei, talché lo strido della civetta è Atena e il mollusco sulla riva è Afrodite. Questi pezzi di natura non sono semplicemente attributi o proprietà. Sono gli Dei nelle loro forme biologiche. E dove trovare gli Dei meglio che nelle cose, nei luoghi e negli animali che essi abitano, e come partecipare ad essi meglio che attraverso le loro concrete rappresentazioni naturali? Ogni cosa che veniva mangiata, odorata, calpestata o spiata era una presenza sensuale dotata di rilevanza archetipica. Una volta che Pan è morto, la natura può essere controllata dalla volontà del nuovo Dio, l’uomo, modellato a immagine di Prometeo o Ercole, che crea da essa e l’inquina senza alcun turbamento morale.
Quando l’umano perde la connessione personale con la natura personificata e l’istinto personificato, l’immagine di Pan e l’immagine del Diavolo si mescolano. Pan non morì mai, dicono molti commentatori di Plutarco, egli venne rimosso. Perciò, come è stato affermato più indietro, Pan ancora vive, e non soltanto nell’immaginazione letteraria. Egli vive nel rimosso che ritorna, nelle psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti, come indica Roscher, innanzitutto nell’incubo e nelle qualità erotiche, demoniache e paniche ad esso associate.
L’incubo quindi offre veramente la chiave per riavvicinare la natura per noi perduta e morta. Nell’incubo la natura rimossa ritorna, così vicina, così reale che non possiamo non reagire ad essa naturalmente, divenendo cioè interamente fisici, posseduti da Pan, gridando per avere luce, conforto, contatto. La reazione immediata è l’emozione demoniaca. Siamo ricondotti all’istinto dall’istinto."

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