martedì 9 dicembre 2014

TEATRO ALL'OSSO

Tanto teatro, ma non diventa troppo. Tempo fa non l’avrei sostenuto, mi sarei ingarbugliato nei rovi e sarei inciampato sulle radici affioranti, avrei preso i rami bassi in faccia,  sarei caduto sui sassi. Oggi cammino abbastanza spedito nella foresta delle scene e nell’intrico della recitazione, nonostante che gli interpreti non siano attori in quanto non hanno alcuna preparazione.
Teatro di fortuna, il mio. Nel doppio senso di speranza di incappare in interpreti istintivi, che sentono i ritmi, e sanno come esprimere emozioni, e si rapportano ai partner, e hanno una percezione innata dello spazio; e nel senso di fortunale, tempesta, burrasca che prima o poi finisce e il cielo schiarisce e il sole mostra l’isola del debutto, sulla quale i naufraghi trovano conforto e gioia.

Vediamo un po’. Collaboro alla nuova produzione di Tecneke, Un’altra Eva. Due atti molto comici. Difficile, la comicità, più difficile del dramma. Se non si azzecca la giusta condotta in scena il pubblico si raffredda e si estranea; mentre su una scena tragica male interpretata storce il naso e aspetta di vedere il seguito. Finora, tutto bene.

Il gruppo di Piccole ma donne è una sfida: affidare a bambini dai nove ai dodici anni testi di Euripide, Shakespeare, Goldoni, Lorca… Ho già un rifiuto: non riesco a memorizzare Yerma, è difficile. Lo studio a memoria nella scuola è declassato. Un’attività del passato che non è più giudicata produttiva. Ahi ahi, maestre, ahi ahi. A livello interpretativo, per il momento non emergono difficoltà specifiche. Entusiasmo per Romeo e Giulietta, il che consolida l’opinione che i preadolescenti sono molto interessati all’amore in tutte le sue sfaccettature. Forse ne sentono il bisogno. Abbiamo provato la scena del balcone un paio di volte. Il balcone è il trabattello che sta facendo un ottimo servizio (per Un’altra Eva è il cielo da cui emerge l’angelo; per Eracle il palazzo da cui si affaccia il tiranno Lico…). Giulietta è fresca, il suo innamoramento è spontaneo e sbarazzino, non certo passionale; Romeo si muove tra la folla seduta sul pavimento che ascolta con attenzione il dialogo. In pochi minuti si condensa l’opera di Shakespeare, dalla festa nel palazzo dei Capuleti al finale nella cripta. Un Reader’s Digest drammaturgico? No, di più. La ricerca di una sintesi emotiva che poggia sulla sinergia espressiva di voce, movimento, spazio, musica. Anche Otello ci regala emozioni. Non c’è difficoltà di comprensione, da parte dei ragazzi, che anzi sono affascinati da queste scorrerie nel mondo adulto. I testi sono ridotti e adattati, in modo da semplificare la sintassi e il lessico; e questo consente di entrare meglio in sintonia con i loro ritmi, dato che a undici anni non c’è il tempo lungo del monologo shakespeariano. Parola e azione dai tempi rapidi, variazioni continue, sincronia e sintonia. La scelta testuale consente di affrontare la questione della scenografia, dei costumi e delle musiche. Impensabile uno stile mimetico, e nemmeno di coerenza storica. Si va alla ricerca di suggestioni semplici: un drappo, un colore, un oggetto. E la colonna sonora mescola senza timidezze un minuetto a un brano punk.

Poi c’è Ragazzi coraggiosi. Con una classe quinta. Tre quadri per raccontare le ansie di un bambino Al primo giorno di scuola media: la casa (con i Disastri e i Ladri), la strada (con le Automobili e le Perturbazioni) e la scuola (con la prof.ssa Lastrega e la bidella Licantropa). Anche qui, il ricorso continuo a coreografie, musiche in piena libertà, effetti sonori, sorprese collaudate (palloncini colorati, automobiline elettriche…). Il teatro come un videogioco veloce e divertente.

Segue Rospo. Una prima media. Diversità e bullismo. Tre streghe minacciate di rogo fanno un incantesimo che colpisce uno sprovveduto ragazzino lì per caso. Ne esce con la faccia verde e si ritrova in un altro tempo e in un luogo sconosciuto. Viene preso di mira dai bulli, ma le streghe tornano per aiutarlo. Nell’esplorazione iniziale c’è timidezza, paura di esporsi di fronte a un pubblico. Alla prima prova, quando sentono che la musica è la loro musica, che la gestione del corpo è ludica, che si tratta di un gioco entusiasmante… tutti partecipano con brio e interesse, e si divertono.

Con ben sette lettori e un suonatore di tablas indiane metto in scena una lettura di Eracle di Euripide. Anche in questo caso ho operato aggiustamenti del testo, accorciando e semplificando, in modo che la lettura espressiva sia facilitata e sia più comprensibile. Una semplice coreografia dell’insieme, con piani diversi (il citato trabattello) e spostamenti, attenua la monotonia della lettura, mentre la ritmica dei tamburi e la suggestione della musica registrata appoggia il recitato. Una serata precedente serve a illustrare il quinto secolo in Grecia (storia, pensiero, arte e letteratura) e la struttura della tragedia.
Tra poco Tecneke si prepara alla serata sulla “famiglia fantasma”,  ovvero sulle unioni civili. Letture di brani sull’affettività omosessuale. Anche qui, tornare alla parola antica, che non era solo declamata, ma cantata ed espressa con il corpo in movimento.


In prospettiva, forse la riedizione di Mamma mammazza. E qui davvero scandaglio lo scheletro del teatro. Un teatro quasi senza scenografia, senza un forte supporto tecnico, senza un luogo adeguato in cui provare, senza interpreti con una preparazione sia pur minima, senza possibilità di repliche (teatro dell’effimero, spesso si esaurisce  con il debutto), senza recensioni e senza riconoscimenti. Eppure, nonostante i limiti notevoli, non me la sento di declassarlo ad attività del tempo libero. Si fa teatro con niente come lo si è sempre fatto prima del proliferare degli edifici privati e delle scuole di formazione dell’attore. Un teatro senza la presunzione e la prosopopea intellettuale del divismo, e per fortuna senza il formalismo e l’ipocrisia del foyer. Un teatro, però, che non annoia. Forse perché non pretende di cambiare il mondo, ma solo di raccontare quanto il mondo è vita, e quanto la vita è movimento e suono, ritmo e musica, sinergia e cooperazione.   

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