martedì 25 ottobre 2016

IL DIARIO DI MEDEA (quattro)


Cominciamo con qualche gioco in attesa di chi arriva qualche minuto più tardi. L’esercizio-gioco è molto importante, stimola a considerare anche tutto il resto un gioco, togliendo parte del carico emotivo alla recitazione. Mette in scena un bambino e chiedergli di provare ed esprimere una determinata emozione non è facile, a meno che non abbia una propensione naturale. Ma se l’impresa imbarazzante (davanti agli altri!) si fa gioco, ecco che tutto si semplifica. Non deve dimostrare o competere, solo giocare.

Due seduti uno di fronte all’altro, con un cubo-tavolino in mezzo sul quale pongo un oggetto (una bomboletta spray). Devono reagire ai battiti delle mani: un battito per afferrare la bomboletta, due per battere le mani, tre per esclamare ah! Chi afferra per primo guadagna un punto, chi sbaglia ne perde uno. Al tre si vince. Dopo alcune coppie, una gara a quattro. Obiettivo: concentrazione, coordinamento, prontezze di riflessi. Altro gioco simile, ma camminando. Tre segnali diversi a cui si risponde con: picchiare i piedi sul pavimento, saltellare, esclamare ciao! Spostiamoci nel campo dell’attenzione mirata. Una performance piuttosto complessa. Due righe si fronteggiano. Prima una riga, poi l’altra. Ognuno deve pronunciare in modo chiaro una frase di tre, quattro e infine cinque parole, ma in contemporanea con gli altri. Il dirimpettaio deve afferrare e ripetere la frase. I risultati sono alterni, ma per qualcuno è davvero difficile. Invito i ragazzi, come dopo ogni attività, ad analizzare l’esercizio. Francesco parla di lettura labiale. Infatti osservo che è indispensabile abbinare gli occhi alle orecchie (qualcuno, invece, si distraeva). Aggiungo osservazioni sulla concentrazione per eliminare gli elementi di disturbo e sulla tensione che esprime la volontà di capire le parole.

Invito a trasportare Medea e Giasone ai nostri tempi. Chi potrebbe essere lei? Una casalinga molto particolare. Che però dipende dal marito per vivere e mantenere i figli. E lui, il viaggiatore? Un pilota, dicono, o un musicista (come il papà di Giorgia). Medea è in casa, Giasone le dice che la lascia ecc. Assistiamo a tre improvvisazioni, da parte di Giulio, Raffaele e Francesco D. L’inizio è incerto, ma poi capiscono che cosa devono fare. Giulio risulta piuttosto statico, ma poi adatta la voce e l’atteggiamento al conflitto in corso. Spiego che cos’è un conflitto. Analizziamo i sentimenti che prova Giasone. Non diamo giudizi, vogliamo solo indagare che cosa prova nell’animo. Invito quindi Raffaele, che esordisce con un registro da commedia, a cercare una chiave più drammatica. Giasone è oppresso da un senso di colpa e uno dei modi per liberarsene è farsi aggressivo verso Medea. Raffaele entra nella parte, anche troppo. Il gruppo ammette quasi all’unanimità che la parte era troppo “gridata”. Francesco D. insiste per provare. Ha un approccio tutto suo che prende, e tutti sono attenti e poi concordano nel ritenere l’esibizione la migliore. Chiedo quale elemento nuovo abbia portato, e perché sia risultato convincente. Ci girano intorno, ma non riescono a identificarlo con chiarezza. Faccio allora notare quanto silenzio ci sia stato nella sua prova; le esitazioni, il timore di dire, l’imbarazzo… hanno creato una tensione evidente molto apprezzata.

Luca fa parte del gruppo dei nuovi, catapultati brutalmente in una Medea tragica senza avere avuto esperienze di teatro. Lo invito a leggere la parte di Creonte in cui, spirito tornato dall’aldilà, rievoca la morte sua e della figlia Glauce. Legge con forza, superando in fretta l’emozione; solo una breve esitazione quando deve abbracciare Angelica-Glauce in un balletto di morte. Raffaele prova a suggerire ad Angelica come muoversi mentre il veleno di cui è intrisa la veste donatale da Medea la intossica. Si muove lento, esprimendo una sofferenza atroce con smorfie adeguate. Invito lui e Angelica a prendersi più spazio, con le braccia e con torsioni del busto.


La nutrice. Lucia legge la parte che le ho preparato con i movimenti, il breve monologo che apre l’opera. La voce esprime in modo commovente il dolore per l’uccisione dei due bambini: Mi si spezza il cuore. Ho visto, di là, ho visto. Li chiamo, non rispondono. Mi avvicino, li accarezzo. Balzo indietro, non respiro. Gelidi, e così pallidi… Con il copione in mano non è possibile spostarsi e mimare, ma voglio solo spiegarle la ricerca personale per fare emergere dall’intimo gesti adeguati alle parole, suggeriti dall’istinto. 

Subito dopo i quattro mediatori s’impadroniscono della scena. Brevi note per caratterizzarli: UNO critico e diffidente, DUE incerto se difendere Medea, TRE razionale, QUATTRO empatico. E purtroppo il tempo è finito. Così in fretta! 

Come eravamo d’accordo, i mediatori si fermano per pulire l’aula, ma a loro si uniscono altri, facendo aspettare i genitori. Francesco passa l’aspirapolvere, Matteo lava il pavimento. Altri spostano le sedie, riordinano… e Giulio e Viola puliscono i vetri… e insomma tutti fanno qualcosa. L’aula profumo di pulito.

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