giovedì 6 agosto 2009

POESIA TRENTA




Ogni giorno il giorno ci dà luce, serica
al mattino e vellutata a sera, diversa a ogni battito di tempo,
calda al meriggio e arcana al crepuscolo, fioca
e lontana di notte: non c’è buio che non abbia
un occhio a spiarlo.
E c’è un uomo, dietro di lui un esercito, che spegne
tutto ciò che brilla di luce propria (lui è un sole nero).
Paesaggio
desolato e disgustoso, luce sghemba
inginocchiata al vuoto. E al centro, luogo
di delizie e nequizie, l’aureo castello dove lui festina
con i tetri e bugiardi sgherri, suoi cloni.
Chiudi gli occhi, allora: meglio
brancolare nel tuo buio che
vagare umiliato e ferito nell’oscurità del tiranno. Un giorno
senti sulla pelle il tepore del sole: prima abbaglio, poi
le rovine del castello, le ossa grigie dell’arroganza
su cui la luce danza, danza e conta una storia.
Tanto dolore, ed ecco la sua gloria.

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