QUALCHE SPUNTO PER LA PRESENTAZIONE DI "Un fauno in legnaia" a Librinpiazza di Orta.
Il libro comincia così: “Albino guidava attento verso casa. Voleva mantenersi vigile per evitare guai con i distratti e con gli avventurieri del sorpasso. Lui era un mite, al volante; ma gli altri erano pirati.”
Albino è attento, vigile, mite.
Gli altri sono distratti, avventurieri, pirati.
Il libro è la storia di un’emancipazione. Albino si libera anzitutto di se stesso, dell’immagine fasulla di uomo di successo, agiato, rispettato, scoprendo che i valori in cui crede la maggioranza della gente non sono per niente valori, ma strutture labili che non assicurano serenità e felicità.
Si libera dei rapporti fasulli, quelli con la fidanzata Lucilla e con i suoi amici goderecci e superficiali, perbenisti e ipocriti. Si libera di una fede che sente estranea. Ma tutto questo senza fare battaglie e nemmeno polemiche. Lui non farà altro che stabilire nuove relazioni. Inaccettabili, però.
Albino non si lascia alle spalle la propria storia per sentirsi poi svuotato e annichilito. Anzi, scopre nuovi modi di essere. Entra in sintonia con la natura, attraverso la cura del giardino, e con la storia universale che non si cura di presente/passato/futuro, ma che coagula sempre tutto in un presente eterno. Le antiche dee greche sono vive e attuali e sono magistrae vitae. Grazie a loro, Albino prende le distanze dalle piccole miserie quotidiane dell’ambiente sociale e si apre a dimensioni di più ampio respiro.
Il libro comincia con un malessere che Albino non sa identificare. È riuscito ad andare in pensione, può contare su una certa agiatezza economica, ha conseguito un buon successo professionale, è stimato da tutti, ha una fidanzata che si prende cura di lui, ha perfino l’auto nuova…
Che cosa è successo da farlo stare così male?
È appena morto suo padre. Una fine umiliante. “Albino lo aveva assistito con affetto, e aveva sofferto della sua dignità calpestata, della sua solitudine disperata. E quando era morto aveva pensato con sollievo e strazio: è finita, papà. Era addolorato per l’ingiustizia della vita che aveva ridotto in quel modo un uomo buono e giusto.”
Forse, quindi, la leva che sta operando il ribaltone della sua vita è la morte, che comunque lui non teme e che accetta con rassegnata serenità.
Un giorno, una donna gli si para davanti all’auto mentre sta rientrando da una visita alla madre. “Sono Atena, la dea della chiarezza – disse l’apparizione – Stai per affrontare cambiamenti che possono schiantarti, ma io sono con te.”
Il primo effetto dell’incontro è il ripudio della sua immagine di scrittore per ragazzi. Di colpo, non gli interessa più il successo letterario, non sente più il bisogno di essere qualcuno. La sua identità è altrove.
Per cambiare la propria vita, Albino cambia il giardino. Gli fanno da guida Atena e un’amadriade di nome Filli.
“Nel pomeriggio,
dopo avere scavato la buca per il pino, mise a dimora le piante tra le ginestre, e quando al crepuscolo rientrò e poi dalla serretta contemplò il lavoro fatto provò una sensazione strana, come se il riordino non riguardasse solo un angolo di giardino, ma anche il proprio mondo interiore che sapeva non più così completo e definito come se l’era sempre immaginato.
Anche dentro di lui c’era da potare, trapiantare, eliminare, concimare, annaffiare…
“Con calma,” disse Atena apparsa al suo fianco. “Cedi all’entusiasmo, ma non alla fretta. Hai tempo fino all’estate per rinnovare il paesaggio.”
“E poi?”
“L’autunno, il riposo. E la tempesta. Ti servirà per affrontare l’inverno. Così apprezzerai la solenne potenza della primavera.”
“E tu starai qui fino all’estate?”
“Te l’ho detto. Avrai bisogno di aiuto. Ci saranno battaglie da combattere.”
“Contro chi?”
“Coloro che presumono di essere gli unici giusti.”
Va a pranzo con Lucilla, la fidanzata. Il loro tavolo è occupato da Atena, Filli e Afrodite.
“Simpatiche, no?”
Lucilla tacque per cinque secondi esatti, solo per fare pesare la risposta.
“Di sicuro la gente se n’è fatta un’idea… Sembrano tre… tre donne di quelle.”
“Quali?”
“Ma non hai visto come sono vestite? E come ti guardava quella là, Afrodite? Ma che nomi sono Atena e Filli e Afrodite? Nomi di prostitute, no? Da dove venivano, dalla guerra di Troia?”
Lucilla tirava fuori il peggio di sé, quando era molto irritata.
Albino deglutì. Ogni volta che Lucilla era molto irritata, desiderava essere altrove.
“Non ti sono simpatiche.”
“Albino, qui non si tratta di simpatia. Tutto il paese si sta chiedendo chi frequenti.”
Ecco, Albino ha superato la linea di confine. Frequenta persone che non dovrebbe frequentare. Se frequenta loro, non può più stare con la gente con cui ha sempre vissuto. Nella legnaia vede un ragazzo, ma ha le gambe di capra: è Pan. Lo invita a scrivere, quando invece Albino aveva pensato di non essere più in grado di scrivere niente. Gli incipit. Gli inizi di tante nuove storie.
Lucilla gli manda padre Conservo Maiori, un prete integralista e fanatico, con brutte storie alle spalle. Vorrebbe parlare con Albino, entrare in casa, invitarlo in chiesa… ma nel giardino appare un centauro, scambiato per il diavolo.
Ormai Albino è condannato, si è messo dall’altra parte, dalla parte del male.
“Il prete non smise di sorridere. Albino non si mosse di un centimetro, come se avesse messo radici, e nemmeno mutò l’espressione dura e ostile. Stava per accampare un pretesto banale, quando vide calare un’ombra sul viso dell’uomo che gli stava di fronte. Un’ombra di incredulità e di paura. I suoi occhi ora puntavano al di là della testa di Albino, su qualcosa che era comparso alle sue spalle; e non avevano più il luccichio di arroganza travestita da umiltà, ma erano velati dallo smarrimento. Le labbra si piegarono all’ingiù e poi la bocca si dischiuse in un grido muto, mentre un lieve tremore si impossessava della testa.
Albino si girò.
Un centauro camminava lento verso di loro. Il corpo di cavallo era quello di un sauro varietà ciliegia, a pelame folto e lungo; il torso era di un uomo muscoloso e glabro, un uomo dallo sguardo luminoso e beffardo, i cui lunghi capelli biondi erano intrecciati con steli di issopo e menta.”
“Aveva visto il diavolo.
Il diavolo, aveva visto!
Il diavolo esisteva! E solo quando se l’era ritrovato davanti, possente e gradasso, aveva preso coscienza di non averci mai creduto davvero. Lui credeva in quello che diceva, ma non in quello che significavano davvero le parole. E invece… il diavolo, l’inferno, la dannazione eterna… tutto vero. E ridevano di lui, gli atei!
E invece… era lì, in forma di centauro, uno dei simboli del paganesimo: l’umanità bestiale.
Ma che cosa ci faceva il diavolo in casa dell’amico di Lucilla? Avevano stretto un patto? Non poteva credere che Satana fosse al suo servizio. Conosceva di fama il professor Albino Guidi, benemerito e amato. Non praticante, vero, ma le vie del Signore erano infinite, lo aveva verificato più volte. Lui stesso aveva visto agnostici e anticlericali riaccostarsi ai sacramenti con gli occhi umidi, dopo uno dei numerosi miracoli che avvenivano durante le sante messe. Non poteva credere che Albino si fosse venduta l’anima per… per che cosa? Il successo come scrittore per ragazzi? Ridicolo. Soldi? Non si era mai visto che bramasse il lusso. Immortalità? Ma no, era invecchiato e si vedeva. E nemmeno il sesso, lo si capiva al volo che non ci era portato.
Il diavolo non era lì per Albino, al quale forse non si era nemmeno manifestato. Era lì per lui. Sei un peccatore, Conservo! Così gridò nella propria anima, chiudendo gli occhi e sentendosi mancare il respiro.
Allo stesso tempo, si sentì santo. A chi appariva il diavolo se non ai santi? Se gli era apparso, era perché lo temeva. E quindi… i soldati di Maria, le sue messe prodigiose, gli esorcismi, le profezie… lui era davvero un caposaldo della fede e Satana in persona era venuto per sfidarlo!
Non ne avrebbe fatto parola con nessuno. Avrebbe solo dato a intendere che lui il diavolo lo aveva visto per davvero, e lo avrebbe fatto gridare a tutti: Il diavolo esiste! Io l’ho visto! Ma non avrebbe detto come e dove l’aveva visto. Chi gli avrebbe creduto? I suoi fedeli fanatici sì, ma gli altri… i miscredenti figli di Babele?
Padre Conservo gemette a lungo, ma di piacere.
Tutta la faccenda non era che la prova del favore divino. Dio metteva lui in prima fila, contro il demonio. Dio gli chiedeva di combattere al proprio fianco. E Maria, naturalmente.
Doveva convocare al più presto i suoi soldati. Una messa straordinaria. Ci voleva il sacrificio. Flagelli. Cilici. E miracoli, miracoli eclatanti per contrapporre allo sguardo senz’anima del centauro la fede vittoriosa in Cristo.
Ma quell’Albino Guidi…
Davvero non aveva visto il centauro?
Davvero non aveva niente a che fare con Satana?
Padre Conservo rabbrividì.
Forse c’era una crociata da fare al più presto. Gli brillarono gli occhi. Di eccitazione.”
Quando la processione dei fedeli marcerà sulla casa di Albino, il cielo si aprirà e ne scenderanno…