Ogni volta che inizio l’allestimento di un nuovo
spettacolo, sia su testo mio sia altrui, mi ritrovo nel conflitto tra espressione
verbale e non verbale. Che è come dire fra testo e ambiente. Non fra testo e
corpo? Non fra testo e immagine? No, fra testo e ambiente. Se passeggio in una
foresta e possiedo sufficienti cognizioni per dare un senso scientifico a tutto
ciò che colpisce i miei sensi, mi trovo nel conflitto tra: a) godere in tutta
semplicità delle visioni fugaci degli animali e dei rumori misteriosi o dei
versi degli uccelli e della tavolozza vegetale e delle forme di fiori e piante
e insetti…; b) attribuire i nomi ai singoli elementi, stabilire relazioni tra
gli elementi, analizzare l’esperienza sensoriale e raccontarla…
Si direbbe un conflitto tra senso e ragione.
Il teatro sembra nascere come rito di comunicazione
mistica tra l’uomo e le forze naturali o le divinità e tra l’uomo e la
comunità. Nasce come parola o come danza? Penso che nasca come parola danzata,
o perlomeno gestualizzata. Nasce come relazione spontanea tra l’uomo e l’ambiente.
Come comunicazione dell’uomo con l’universo. Parole semplici, all’inizio, rafforzate
da imitazioni di suoni naturali e magari da glossolalie. Poi la religione e il
potere civile hanno sostituito i suoni con i discorsi, i dogmi, le invenzioni,
i divieti, gli anatemi, gli inni. Allo stesso tempo, gli oppositori dello
strapotere religioso e civile hanno prodotto parole di libertà, individualismo
e protesta.
Via via, la parola è diventata sempre più importante rispetto
alla musica, alla danza, alla pantomima. Dalla tragedia alla commedia, dal
dramma al cabaret, dal teatro civile alla rappresentazione cinematografica
della vita contemporanea.
La danza si è messa per conto proprio, così come il
canto e il mimo.
Perché conflitto fra testo e ambiente?
Quando gli attori cominciano a recitare il copione,
ho l’impressione di esseri alieni travestiti da umani sbarcati su un pianeta
sconosciuto. Si muovono in una dissociazione corpo/mente, non stabiliscono relazioni
sensate con lo spazio, utilizzano con diffidenza gli oggetti di scena, tra loro
non c’è comunicazione, la performance risulta priva di valore estetico, sgradevole
e inconsulta.
La parola non è ecologica, non rispetta e non entra
in sintonia con l’ambiente scenico, avendo invece come obiettivo la simbiosi.
Ciò avviene anzitutto se la parola s’incarna, si fa
corpo. Un testo letto non fa teatro, un testo vissuto fisicamente definisce l’entità
attoriale che deve inserirsi in modo attivo e congruo nell’ambiente scenico.
La parola incarnata attinge alle risorse del mimo,
della danza, del canto. L’ambiente scenico è composto dallo spazio, dalle luci,
dagli oggetti e dalle interazioni tra di loro e con gli attori.
Il conflitto è vissuto in psicologia come una
situazione instabile che deve essere risolta. Il conflitto porta a una scelta e
la scelta deve essere effettuata in modo consapevole, per non rischiare una
fuga dalla realtà o l’incidenza negativa del conflitto spostato nell’inconscio.
In teatro, tuttavia, e spesso anche nella vita, il
conflitto può essere svelato e accettato in tutta la sua potenza disgregante.
Esso diviene il motore di un dinamismo costruttivo, uno stimolo ad accettare una
realtà complessa e contraddittoria, che viene conservata tale. Il mantenimento
del conflitto ci evita la facile razionalizzazione del reale che porta sì al
consenso e all’integrazione, ma anche alla perdita di potenzialità.
Parola e ambiente (inteso come visione, suono e movimento)
trovano nel conflitto vivente l’opportunità di non sacrificarsi l’una all’altro.
Il conflitto stimola la ricerca di modalità di convivenza espressiva, verso un’ecologia
del palcoscenico nella quale ogni elemento trae senso e forza dall’insieme.
La via appare più ostica e complessa che non
concentrare gli sforzi sulla recitazione naturalistica, degradando l’ambiente a
sfondo con funzione solo estetica; o sulla suggestione di un ambiente complesso
nel quale però la parola viene sacrificata, resa quasi incomprensibile.
La parola è spazio, lo spazio si fa parola, il
movimento parla, al testo vanno date gambe e ali, la parola recitata vira in
canto, il canto esprime il testo, la luce si fonde con le parole, tutto si fa
ritmo, un cuore grande e complesso batte sulla scena, vi scorre un
sangue-parola che ha senso solo se si fonde in un organismo.