giovedì 31 ottobre 2013

IL TEATRO DEL CONFLITTO

Ogni volta che inizio l’allestimento di un nuovo spettacolo, sia su testo mio sia altrui, mi ritrovo nel conflitto tra espressione verbale e non verbale. Che è come dire fra testo e ambiente. Non fra testo e corpo? Non fra testo e immagine? No, fra testo e ambiente. Se passeggio in una foresta e possiedo sufficienti cognizioni per dare un senso scientifico a tutto ciò che colpisce i miei sensi, mi trovo nel conflitto tra: a) godere in tutta semplicità delle visioni fugaci degli animali e dei rumori misteriosi o dei versi degli uccelli e della tavolozza vegetale e delle forme di fiori e piante e insetti…; b) attribuire i nomi ai singoli elementi, stabilire relazioni tra gli elementi, analizzare l’esperienza sensoriale e raccontarla…
Si direbbe un conflitto tra senso e ragione.


Il teatro sembra nascere come rito di comunicazione mistica tra l’uomo e le forze naturali o le divinità e tra l’uomo e la comunità. Nasce come parola o come danza? Penso che nasca come parola danzata, o perlomeno gestualizzata. Nasce come relazione spontanea tra l’uomo e l’ambiente. Come comunicazione dell’uomo con l’universo. Parole semplici, all’inizio, rafforzate da imitazioni di suoni naturali e magari da glossolalie. Poi la religione e il potere civile hanno sostituito i suoni con i discorsi, i dogmi, le invenzioni, i divieti, gli anatemi, gli inni. Allo stesso tempo, gli oppositori dello strapotere religioso e civile hanno prodotto parole di libertà, individualismo e protesta.
Via via, la parola è diventata sempre più importante rispetto alla musica, alla danza, alla pantomima. Dalla tragedia alla commedia, dal dramma al cabaret, dal teatro civile alla rappresentazione cinematografica della vita contemporanea.
La danza si è messa per conto proprio, così come il canto e il mimo.  
Perché conflitto fra testo e ambiente?
Quando gli attori cominciano a recitare il copione, ho l’impressione di esseri alieni  travestiti da umani sbarcati su un pianeta sconosciuto. Si muovono in una dissociazione corpo/mente, non stabiliscono relazioni sensate con lo spazio, utilizzano con diffidenza gli oggetti di scena, tra loro non c’è comunicazione, la performance risulta priva di valore estetico, sgradevole e inconsulta.
La parola non è ecologica, non rispetta e non entra in sintonia con l’ambiente scenico, avendo invece come obiettivo la simbiosi.
Ciò avviene anzitutto se la parola s’incarna, si fa corpo. Un testo letto non fa teatro, un testo vissuto fisicamente definisce l’entità attoriale che deve inserirsi in modo attivo e congruo nell’ambiente scenico.
La parola incarnata attinge alle risorse del mimo, della danza, del canto. L’ambiente scenico è composto dallo spazio, dalle luci, dagli oggetti e dalle interazioni tra di loro e con gli attori.
Il conflitto è vissuto in psicologia come una situazione instabile che deve essere risolta. Il conflitto porta a una scelta e la scelta deve essere effettuata in modo consapevole, per non rischiare una fuga dalla realtà o l’incidenza negativa del conflitto spostato nell’inconscio.
In teatro, tuttavia, e spesso anche nella vita, il conflitto può essere svelato e accettato in tutta la sua potenza disgregante. Esso diviene il motore di un dinamismo costruttivo, uno stimolo ad accettare una realtà complessa e contraddittoria, che viene conservata tale. Il mantenimento del conflitto ci evita la facile razionalizzazione del reale che porta sì al consenso e all’integrazione, ma anche alla perdita di potenzialità.
Parola e ambiente (inteso come visione, suono e movimento) trovano nel conflitto vivente l’opportunità di non sacrificarsi l’una all’altro. Il conflitto stimola la ricerca di modalità di convivenza espressiva, verso un’ecologia del palcoscenico nella quale ogni elemento trae senso e forza dall’insieme.
La via appare più ostica e complessa che non concentrare gli sforzi sulla recitazione naturalistica, degradando l’ambiente a sfondo con funzione solo estetica; o sulla suggestione di un ambiente complesso nel quale però la parola viene sacrificata, resa quasi incomprensibile.
La parola è spazio, lo spazio si fa parola, il movimento parla, al testo vanno date gambe e ali, la parola recitata vira in canto, il canto esprime il testo, la luce si fonde con le parole, tutto si fa ritmo, un cuore grande e complesso batte sulla scena, vi scorre un sangue-parola che ha senso solo se si fonde in un organismo.    

  

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