Dovrebbe uscire una comunicazione sul sito del museo http://www.museoborgogna.it/.
L'arpista già contattata non è disponibile, per cui Marta domani mattina proverà con una nuova strumentista. Sarà più che altro una lettura, perché lo spettacolo non è ancora pronto.
Sono comunque sicuro che sarà interessante e piacevole.
Invito quindi chi abita in zona, se è interessato, a venire ad ascoltare che cosa ci racconterà questa straordinaria pittrice di tre secoli fa.
Ho scritto il monologo scegliendo alcune opere come filo conduttore, ogni opera un colore.
Per ammirare i suoi quadri: http://www.artemisia-gentileschi.com/index.shtml
Dal sito http://www.artemisiagentileschi.net/:
Artemisia Gentileschi (Roma 1593 - Napoli 1652/53) è una delle poche protagoniste femminili della Storia dell'arte europea. Ma è anche la protagonista di una torbida vicenda a tinte fosche o, per meglio dire, "caravaggesche", infarcita di elementi sentimentali, erotici, patetici e fantastici, in una brillante fusione romanzesca, insomma Artemisia è la protagonista ideale del romanzo ideale (e infatti svariati romanzi si sono ispirati alla sua vita).
Certamente la carriera artistica (come qualsiasi altra carriera) è sempre stata pressoché impraticabile per le donne, costrette nei limiti che la società imponeva loro, limiti di natura culturale (assenza pressoché totale di una preparazione scolastica) e familiare (nelle famiglie patriarcali la donna era preposta all'accudimento di tutti i suoi numerosi elementi).
Artemisia Gentileschi, che ebbe modo di fare fruttare il suo talento, è stata una delle poche donne "sfuggite" tra le maglie di questo rigidissimo sistema sociale, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice generando molte ambiguità.
Negli anni Settanta la sua popolarità ha raggiunto il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l'avere spostato l'attenzione (ed averle attribuito un particolare successo) sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica, a partire da Roberto Longhi e dal suo pionieristico articolo del 1916 Gentileschi padre e figlia.
A volte questa lettura "a senso unico" della pittrice ha creato giusti malumori: per Camille Paglia, a volte Artemisia è diventata un'etichetta da utilizzare anacronisticamente per avanzare rivendicazioni infarcite di retorica femminista.
Negli anni Settanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono - a Berlino l'albergo "Artemisia" accoglieva esclusivamente la clientela femminile - riconoscendo in essa una figura culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna.
Per la nota polemista e leader del movimento femminista internazionale Germaine Greer Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi, affermazione, di fatto, estremamente riduttiva: un pittore con tanto talento come la Gentileschi non può limitarsi a un messaggio ideologico.
Certamente la carriera artistica (come qualsiasi altra carriera) è sempre stata pressoché impraticabile per le donne, costrette nei limiti che la società imponeva loro, limiti di natura culturale (assenza pressoché totale di una preparazione scolastica) e familiare (nelle famiglie patriarcali la donna era preposta all'accudimento di tutti i suoi numerosi elementi).
Artemisia Gentileschi, che ebbe modo di fare fruttare il suo talento, è stata una delle poche donne "sfuggite" tra le maglie di questo rigidissimo sistema sociale, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice generando molte ambiguità.
Negli anni Settanta la sua popolarità ha raggiunto il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l'avere spostato l'attenzione (ed averle attribuito un particolare successo) sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica, a partire da Roberto Longhi e dal suo pionieristico articolo del 1916 Gentileschi padre e figlia.
A volte questa lettura "a senso unico" della pittrice ha creato giusti malumori: per Camille Paglia, a volte Artemisia è diventata un'etichetta da utilizzare anacronisticamente per avanzare rivendicazioni infarcite di retorica femminista.
Negli anni Settanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono - a Berlino l'albergo "Artemisia" accoglieva esclusivamente la clientela femminile - riconoscendo in essa una figura culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna.
Per la nota polemista e leader del movimento femminista internazionale Germaine Greer Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi, affermazione, di fatto, estremamente riduttiva: un pittore con tanto talento come la Gentileschi non può limitarsi a un messaggio ideologico.
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