giovedì 31 dicembre 2009
SCRITTURA
venerdì 25 dicembre 2009
IL PENSIERO PRECOTTO
mercoledì 23 dicembre 2009
domenica 20 dicembre 2009
lunedì 14 dicembre 2009
VINCE CANAGLIA
Ieri pomeriggio è stato assegnato il Premio Cento, un premio storico che ha visto Gianni Rodari premiare Roberto Piumini. In un teatro affollatissimo di ragazzi e adulti è salito sul palco lo scrittore italiano Aquilino. Il suo libro Ti salverò canaglia, edito da Giunti, nella collana “Le Gru”, si è aggiudicato il primo premio nella terzina dedicata alla scuola primaria. Aquilino è autore prolifico, i suoi libri sono pubblicati da diversi editori. Per bibliografia e notizie vedere il suo sito. È molto amico di Nicola Cinquetti con il quale ha scritto alcuni romanzi.
Centinaia di giovanissimi entusiasti hanno fatto da cornice alla cerimonia – spettacolo finale della manifestazione che quest’anno ha consentito a 12.505 mini-giurati di leggere i libri finalisti e poi di votare. Le classi coinvolte erano 659, tra cui cinque di nazioni estere. (...) Sul palco, a presentare, il bravissimo Federico Taddia, conduttore di trasmissioni radiofoniche nonché autore di testi per Fiorello. Con lui l’attrice Chiara Buratti, il pianista Denis Biancucci e un coinvolgente Mister Lui che ha duettato con la piccola Alice Risolino vincitrice dello Zecchino d’oro dell’anno scorso. (...) Fra gli ospiti figuravano una delegazione di ragazzi di Dignano d’Istria, l’esperto di letteratura giovanile Livio Sossi e la responsabile di Lucca Junior Sarah Genovese che ha prestato a Cento la splendida mostra di Galileo che sarà inaugurata domani.
sabato 12 dicembre 2009
PREMIO CENTO
Domenica 13 dicembre gran finale.
sabato 5 dicembre 2009
NO-B day
venerdì 4 dicembre 2009
L'ARLECHIN prove
La traccia di contatti-relazioni-atteggiamenti ci sta guidando per ora in modo meccanico. La scena appare però già più arricchita e la visualizzazione delle relazioni anticipa e commenta, illustra e vivacizza l'ambientazione. Non si tratta solo di mostrare la contemporaneità delle azioni, ma di sondare gli atteggiamenti dei personaggi e di renderli visibili. Il tempo è limitato (martedì prossimo vacanza) e l'impresa è ardua, ma sono sicuro che ce la faremo come sempre. Annamaria ha portato alcuni costumi per le prime prove e ha preparato una scheda di lavoro. Sono molti tredici costumi per una compagnia che per sede ha un'aula di scuola media (di cui siamo grati al dirigente e al consiglio di'istituto) e in magazzino non ha che fantasia e buona volontà (e un gruppo agguerrito e competente di mamme). E intanto bisogna anche tenere a bada la naturale vivacità dei passeri e farla tornare a vantaggio della messa in scena. Comunque, meglio passeri che tordi.
IL POTERE DIVINO
In nome di fantomatici valori che ambedue calpestano senza vergogna e in nome di un dio spietato e vendicativo, l’ingiustizia e la violenza diventano il pane quotidiano di cui si deve nutrire il popolo. Rispetto, tolleranza, pietà, libertà di pensiero, progresso, armonia, pace, amore, verità… tutto ciò viene stritolato dal potere divino.
Esso non si basa sul consenso, ma sulla coercizione e necessita quindi di un braccio armato. Mafia e camorra, gruppi estremisti delle forze dell’ordine, congreghe di fanatici e megalomani, psicopatici e sadici, frustrati e bigotti, schizofrenici e mitomani… un esercito folle che imperversa incontrollato. Il potere divino inventato dai due poteri umani si diffonde come un gas euforizzante e ognuno lo inala godendo della sconfinata libertà di fare il male che gli viene offerta.
Il sangue è santificato. Un’umanità da offrire in sacrificio alla retorica del niente.
mercoledì 2 dicembre 2009
DONNE ASSASSINE E UOMINI DANNATI
lunedì 30 novembre 2009
GLI OCCHI DEL DRAGO
IL TEATRO DEI PASSERI: CONTATTI, RELAZIONI, ATTEGGIAMENTI
Il copione, a ben vedere, presenta la vicenda drammatica inscatolata in scene e dialoghi e anche se alla lettura tutto scorre liscio, comprensibile ed emozionante, tuttavia non si può negare che la realtà viene frammentata e irrigidita, come conseguenza della necessaria scelta operata dall’autore tra le infine possibilità espressive che gli si presentano. Ogni volta che egli dà la parola a un personaggio, la toglie a tutti gli altri; ogni volta che porta un personaggio sotto la luce dei riflettori, mette in ombra tutti gli altri. È una logica di alternanza di protagonismo: ora tocca a me, poi tocca a lui, e dopo a lei… e così via. Tuttavia, mentre un personaggio si esprime, gli altri sono ancora partecipi dell’azione drammatica, solo che non hanno la parola e sono stati mandati altrove, lontano dagli sguardi del pubblico.
Ma, in concreto, che cosa fa un personaggio se si ripresenta sul palcoscenico fuori tempo, nell’intervallo oscuro durante il quale non ha battute, quindi nel suo periodo di ombra; anzi, di non esistenza. Egli non ha il diritto di interferire con l’azione in corso: non ha nulla da dire, non ha nulla da fare assieme agli altri personaggi.
In effetti, egli è sullo sfondo. Utilizza lo spazio che gli è familiare perché è stato costruito anche per lui; addirittura, ha il potere di dilatarlo e quella che era una via diventa una città. Si muove in questa città che è la sua città e incontra spettri che fanno comunque parte del dramma, perché fanno parte della sua vita; oppure ripensa al recente passato e si prepara all’imminente futuro; e spia, spia quello che gli altri personaggi combinano, se lo sviluppo della vicenda glielo consente.
C’è poi bisogno di ripensare alle relazioni tra i personaggi, che non sono più legate solo al qui e ora, ma si dilatano come lo spazio, perché chi non ha la battuta è comunque presente altrove e pensa a sé e agli altri e a quanto è successo, succede e succederà.
Uno sguardo può rendersi indispensabile, oppure può essere di troppo e rendere falsa una relazione costruita con tanta cura dal regista.
Ecco il lavoro che intende fare Il “Teatro dei passeri” con “L’Arlechin ladro e ladron”.
Il punto di partenza è il testo.
La rete di battute sono i CONTATTI verbali, visivi e fisici tra i personaggi in scena. Le battute comprendono anche i silenzi, che suggeriscono o stimolano a prendere in considerazione. Esse offrono lo spunto al regista per la mimica e i movimenti, ai quali fa da supporto la colonna sonora.
Che cosa rende significative le relazioni? Gli ATTEGGIAMENTI (Con il termine atteggiamento si indica la disposizione di ogni persona di produrre risposte, determinate dall'ambiente familiare o sociale, riguardo a situazioni, gruppi o oggetti – Wikipedia).
Ogni personaggio è quindi definito, più che da un’indagine psicologica individuale, dalla rete di relazioni in cui è coinvolto e dalle reazioni personali nei riguardi di persone e fatti.
Se invece il personaggio fuori scena ridiventa attore, che cosa succede? Penso che la metamorfosi da attore a personaggio debba mantenersi fluida, in modo che la persona possa viaggiare nei due sensi (attore-personaggio) senza mai staccarsi definitivamente dall’uno o dall’altro, sviluppando la capacità di spostarsi rapidamente per porte lasciate aperte, con disinvoltura e senza stacchi.
Ma questo fa parte della nostra sperimentazione.
Tutto ciò nasce dall’esigenza di definire il ruolo del personaggio fuori scena e anche di fornire ai ragazzi una via d’interpretazione che non sia psicologica. Essi devono interpretare personaggi adulti delle cui dinamiche interiori non hanno alcuna esperienza. Che cosa ne sa un ragazzo della meschinità di un Pantalone, avaro e adultero?
Il ragazzo si muove meglio nelle relazioni, poiché la sua è l’età dei rapporti sempre più allargati e importanti; l’età dell’amicizia e del gruppo; l’età dei contatti; l’età in cui si formano gli atteggiamenti che ne definiranno la personalità.
sabato 28 novembre 2009
CONTRO LA MAFIA
venerdì 27 novembre 2009
L'UGUAGLIANZA DEI CITTADINI
mercoledì 25 novembre 2009
martedì 24 novembre 2009
RADICOFANI
venerdì 20 novembre 2009
VERGINELLA: altra recensione
Nel teatro può esserci tutto (anche drammaticamente niente, capita spesso). E quando c'è il nostro tempo, come sempre più spesso accade nei luoghi che accettano le sfide delle nuove drammaturgie, capita di trovarsi davanti a dilemmi tragici, a violenze, a conflitti fra valori e disvalori, all'inversione degli stessi. L'esistente violento che somma microcosmo relazionale e macrocosmo planetario si specchiano come fossero congiunti astralmente nel tema natale dell'uomo. La scena contemporanea ripropone questi dilemmi. E' il caso di alcuni spettacoli a Milano in questi giorni.
Partiamo dal Teatro Filodrammatici dove è andato in scena Verginella, secondo atto, per così dire, di una trilogia sulla famiglia (che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani), su testo di Aquilino, e affidato all'interpretazione della compagnia Lupusagnus diretta da Stefano De Luca, regista di scuola Strehler. Il sodalizio artistico fra tutti mira ad approfondire tematiche legate alla violenza e all'emarginazione, in particolar modo a quelle spesso meno visibili, quelle che hanno luogo fra le mura domestiche. Ecco quindi che il rapporto genitori figli in Mamma Mammazza fotografava quelle morbosità che segnano per molti le esistenze. Con Verginella il tema diventa ancora più duro e diretto. Lei è una bambina di undici anni, in fuga dall'istituto a cui è stata affidata in custodia, si rifugia in una chiesa. Gli adulti che si occupavano di lei, la madre e lo zio, sono stati arrestati con l'accusa di molestie sessuali ai suoi danni. Ognuno dei protagonisti racconta la sua versione dei fatti. Intanto si dipana in scena la storia, e i drammi relazionali che legano vittima e carnefice, dove vittima è la bambina, il sistema sano di relazioni fra individuo e società. Entro una scena semplice ma interessante, fatta di semplici panche di legno che diventano chiesa, cella, tribunale, camera da letto, la drammaturgia e la messa in scena reggono, poche le debolezze di un testo che riesce a tessere il delicato complesso della devastazione che la violenza provoca nel devastato mondo affettivo della bambina, ma anche i suoi dubbi e i suoi sensi di colpa, e il paradossale amore per i carnefici, tutte cose queste che chi ha affrontato a fondo questi temi conosce benissimo, mentre sono molte le letture superficiali che non arrivano al profondo. Verginella è un lavoro appuntito e doloroso che, a parte qualche semplificazione drammaturgica nel finale, mantiene una potente forza comunicativa per tutto il tempo. Intense e da segnalare le prove di Marta Comerio, la bambina e Tommaso Banfi, lo zio. Un po' urlata e sopra le righe sia l'interpretazione che la sfumatura drammaturgica della figura materna. Nel complesso, comunque, un altro potente lavoro di gruppo, che lascia il segno, e conferma una realtà di grande interesse.
mercoledì 18 novembre 2009
LEGGERE E' VOLARE
lunedì 16 novembre 2009
ADDIO, VERGINELLA
ci sta un uomo o ci sta un lupo?
non è un luogo ma un dirupo
Verginella un grido muto.
giovedì 12 novembre 2009
VERGINELLA recensioni
TEATRIMILANO.IT - http://www.teatrimilano.it/317-verginella-filodrammatici-lupusagnus.htm
Valeria Colizzi - 13.11.2009
"C'era una volta il lupo e l'agnello, il lupo vuol mangiar l'agnello in virtù della sua forza ma l'agnello non capisce le sue colpe e sta lì, così il lupo....". E' emozionante, travolgente ed allo stesso tempo scomoda la messa in scena di "Verginella" al Teatro Filodrammatici.La giovane compagnia Lupusagnus ci propone il secondo capitolo della "Trilogia della famiglia" iniziata con " Mamma mammazza" e che si concluderà nel 2010 con l'antimusical Canicani.L'opera, dal testo alla sua rappresentazione è frutto del lavoro della compagnia formata da tre giovani e talentuosi attori, il regista Stefano De Luca e l'autore Aquilino Salvadore, giornalista, psicoterapeuta ed insegnante.Il metodo di lavoro è di continuo arricchito da incontri con il pubblico, dibattiti, laboratori che costituiscono per la compagnia un'opportunità di ricerca e studio delle innumerevoli sfaccettature che può avere un testo e la sua rappresentazione, soprattutto quando l'argomento trattato è la violenza in tutte le sue forme, l'odioso ululato del forte che schiaccia il più debole.Verginella è la storia di un'abuso, della violazione dell'innocenza inconsapevole, è la storia di mille bambini che incontrano l'uomo nero e a cui la protagonista magnificamente da voce.Una chiesa fatta di due panche ed un altare scarno ed una silente statua di Gesù accolgono lo straziante racconto di un'infanzia più volte dominata, violata, umiliata.Mai la piccola Verginella racconterà gli orribili avvenimenti, sarà sempre al limite tra il buio e la candida luce della sua giovane età, tra l'amore per coloro che la feriscono, la paura e la rabbia. Al contrario, come mostri nella sua testa, a svelarci l'inascoltabile sono la madre e lo zio, che carnefici e lupi, si aggirano come ombre spaventose nell'animo della bambina.La regia è curata ed innovativa, la scenografia è semplice ma efficacissima , 4 panche di legno che diventano alternativamente l'altare,il confessionale, la tomba della madre e dello zio, gli scivoli di una bambina al parco. Tutto quanto è in scena vive. Il lavoro degli attori diretti dal bravo Stefano de Luca è credibile e fortemente evocativo, durante un'ora e mezza di spettacolo non c'è un attimo in cui le immagini non travolgano lo spettatore e lo portino altrove, laddove le parole prendono vita e diventano dense, tangibili. Gli interpreti della raccapricciante storia hanno la capacità di provocare emozioni intense al limite della commozione senza aggiungere nulla ad una recitazione vera, pulsante e travolgente.L'atmosfera inquietante e molesta è sempre sostenuta da un giusto ritmo, da musiche improvvise e spiazzanti accompagnate da strani balli e movimenti dei protagonisti che forniscono immagini quasi cinematografiche con l'intensità e la magia del teatro. Quando il teatro riesce a parlarci di argomenti su cui ci sembra di sapere tutto, o di aver già sentito abbastanza con forza espressiva ed immagini nuove senza dover dire troppo, o fare troppo o arricchire troppo la scena, allora siamo di fronte al teatro che ci fa emozionare anche a sipario chiuso, nella strada verso casa, il giorno successivo appena svegli. Allora abbiamo visto, forse, il teatro così come dovrebbe essere.
La violazione dell'innocenza è rappresentata urlando la drammaticità e la violenza subita in attimi di silenzio senza fine, che vengono interrotti dall'ululato penetrante e distruttivo del lupus; ululato che squarcia i silenzi provocando ferite che non potranno rimarginarsi mai.
Ma il lupus non è cattivo solo quando ulula, il lupus deve essere punito anche quando sta zitto, quando non urla al mondo gli orrori che vede, ma non subisce, diventando in questo modo complice di una barbarie.
E l'agnello rimarrà per sempre la vittima sacrificale, il condannato chiamato a subire all'infinito, in una coazione a ripetere che pretende una drastica interruzione.
LA "VERGINELLA" IMPAURITA di Livia Grossi.
Corriere della sera, 10 novembre 2009.
H a soli dieci anni e ha già subito una delle violenze più devastanti, lo zio ha abusato di lei, con la complicità della sua stessa madre. Il Teatro Filodrammatici debutta stasera in prima nazionale con «Verginella» di Aquilino; secondo titolo del focus dedicato alla famiglia della compagnia LupusAgnus. «Testo che parla di paura e di emarginazione», spiega il regista Stefano De Luca, «dove la famiglia diventa specchio di un aberrante circuito di potere dai confini più ampi di quelli di una casa». Protagonisti lo zio (Tommaso Banfi) sotto processo in tribunale, la madre (Annamaria Rossano) durante l' interrogatorio in questura, e sua figlia Verginella (Marta Comerio), che si rifugia in chiesa dopo essere fuggita dall' istituto cui è stata affidata. Una bimba senza nome, in bilico tra amore e terrore.
mercoledì 11 novembre 2009
VERGINELLA
LE PROVE DEI PASSERI
martedì 10 novembre 2009
VERGINELLA
(in cartellone dal 10-11-2009 al 15-11-2009)
durata 80 minuti circa
di Aquilino
con T. Banfi, M. Comerio, A. Rossano
regia di Stefano De Luca
domenica 8 novembre 2009
VERGINELLA IN LIBRERIA 2
mercoledì 4 novembre 2009
LAICITA'
martedì 3 novembre 2009
SCRITTURA
E poi c’è il giardino; finora mi ha tenuto molto occupato, quante piante nuove! E però è il mio luogo dell’armonia e della pace e non ci rinuncio.
Insomma, il tempo della scrittura sembra assottigliarsi, farsi un esile sospiro nel fracasso delle attività. Tuttavia, mi basta.
La scrittura non è mettersi alla tastiera e digitare parole e parole per un tempo predeterminato, come se fosse un impiego. Ci sono scrittori che dedicano quattro ore mattutine alla scrittura, tutte le mattine. Altri che le riservano un mese estivo. La mia scrittura non si fa mettere in scatola così facilmente. Essa prende forma di caratteri sullo schermo bianco quando già è stata scritta dentro di me, durante le ore di insonnia, durante i sogni, durante i viaggi in auto, le camminate, perfino durante la cottura del cibo, la lettura di un libro o la visione di un film. La scrittura è attività permanente, quella che permea di sé tutte le altre attività minori e le assoggetta ai propri umori.
Non penso a che cosa scriverò, lascio che la scrittura si formi dentro di me con impressioni, intuizioni, suggestioni, cronache incompiute, confessioni di personaggi, spiate e ascolti pazienti.
Un rimuginare continuo e incessante, che poi diventa racconto.
Tutto ciò che scrivo, insomma, non nasce perché lo “invento”, ma perché lo vivo.
Ora, per di più, sto scrivendo il secondo libro su Albino Guidi, il protagonista de “Un fauno in legnaia” che uscirà a maggio. Si intitola “D’Armonia, di sangue”. Ad Albino viene affidata la regia di una commedia che sarà rappresentata dalla filodrammatica di paese. Tra le attrici si ritrova una titanide, Mnemosine, che si presenta con il nome di Armonia. E Ares, indispettito perché non è riuscito a possederla. In paese imperversano squadracce… e insomma violenza e violenza contro l’arte.
È la prima volta che mi capita di scrivere prendendo spunto da un’esperienza contemporanea alla scrittura. Il mio gruppo di teatranti di paese mi fornisce personaggi e cronache da rielaborare con l’innocente maschera del sogno per trasformarli in un romanzo. E così vivo due volte una vicenda simile, una nella realtà l’altra nell’immaginazione e dall’incontro delle due nasce un’opera letteraria.
Ecco dunque perché non mi pento di avere preso troppi impegni. Se mi chiudessi in casa a scrivere e basta… di che cosa potrei scrivere? Di cose da letterati. Ma io non voglio fare il letterato. Voglio fare lo scrittore. Ed è allora indispensabile vivere, altrimenti la parola non avrebbe l’odore forte della realtà. Profumerebbe di salotto. Io detesto i salotti.