sabato 1 dicembre 2012

PASSEROTTI 5


Delimito lo spazio utilizzabile: quattro metri per tre. Lo chiamiamo palcoscenico. Se uno oltrepassa la linea, facile che un compagno dica: sei caduto giù dal palcoscenico. Tracciare sul pavimento il rettangolo è come dare una casa agli attori. Dà sicurezza. Non più confini indefiniti. Ora se uno deve spostarsi in avanti sa che può farlo fino a un certo punto, e lo stesso sui lati. Camminiamo lungo il perimetro, attenti agli angoli e alla diagonale quando si passa davanti alla porta: strusciamento di punta e via, si cambia direzione. Qualche prima osservazione sulla postura e sulla deambulazione: c’è chi è sempre scomposto, chi strascica i piedi, chi s’irrigidisce, chi vive braccia gambe corpo come elementi estranei, fuori controllo.
Ora ci  si sposta lungo un perimetro o una diagonale o tagliando per il largo o per il lungo. Strade invisibili, che danno un senso all’andare in giro per il palcoscenico. Può apparire rigido, ma serve per impedire che il bambino si muova in modo insensato, ora avanti ora indietro, senza mai sapere quanto andare e dove fermarsi. D’altronde, la zona di recitazione è spiazzante, un’area con pochi punti di riferimento, con l’impiccio del pubblico di fronte al quale non devo girare le spalle, e gli altri impicci dei compagni sparsi qua e là. Una griglia dà senso allo spazio vuoto.
Anche le sedie devono essere disposte secondo un a geometria sensata: a semicerchio, in modo che tutti siano visibili, con un corridoio dietro per uscire o prendere i compagni alle spalle.
Ecco, lo spazio è strutturato.
Ora qualche esercizio di vocalizzazione. Scansione e massimo utilizzo dell’aria inspirata. L’attenzione va ai movimenti di inspirazione ed espirazione. Le voci dei bambini sono di tonalità alta, perfino stridula; di intensità insufficiente, a volte solo un soffio; di velocità incontrollata, per cui le parole vengono sparate senza pausa e senza intonazione. Esercizi per ascoltarsi per ascoltare.
Esercizi per guardarsi in faccia. La tentazione è forte, di dire le battute al vuoto; non al pubblico o al compagno, perché sia il pubblico sia il compagno sono fonti di emozioni. Consapevolezza dello spazio, dello sguardo, della relazione instaurata.
Proviamo la prima parte dello spettacolo, più volte. Ogni prova ha due obiettivi: consolidare quanto acquisito e perfezionare con piccole aggiunte e approfondimenti. Di volta in volta, aumentano le competenze. Per fortuna, il bambino ama la ripetizione. Purché, naturalmente, la situazione sia coinvolgente. Procediamo con buon ritmo. Qualche rimprovero perché, nei momenti di attesa fuori dell’aula, scatta il gioco. Difficile, per loro, comprendere il significato e l’importanza di “concentrazione”. L’intendono come silenzio e disciplina, più che come preparazione mentale e fisica alla performance. E, per fortuna, questo teatro li diverte e li appassiona. Quando toccano la porta e si sentono i versi spaventosi del tirannosauro… l’emozione si rinnova, il gioco è sempre bello. Arrivano i genitori: tutti a casa. Raccomandazione: studiare tutto a memoria!

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