martedì 1 aprile 2008

TORNARE A SCRIVERE


Le ultime vicende legate ai miei genitori mi hanno impedito di affrontare una scrittura di ampio respiro. Se scrivere aiuta a controllare l'ansia, quando l'ansia è troppo forte la testimonianza delle parole perde di significato: perché? per chi? per che cosa? Ma stare senza scrivere è malessere. Mi sono riempito i ritagli di tempo con cose meno ambiziose del romanzo. Ho sistemato alcune opere di teatro, ho completato una raccolta di cinquanta poesie intitolata "Ed è davvero fine", ho scritto "In saecula" per il concorso teatro da mangiare di teatroteatro.it di Roma (un cavaliere crociato non viene fatto entrare in un monastero data l'ora tarda e deve vedersela con la fame dei poveracci e con i lebbrosi).

Ora l'emergenza sembra passata (ma che angoscia sapere mio padre in istituto!) e riprendo la storia di Stefano di Cloyes e delle crociate dei fanciulli. Ho trovato il taglio che mi soddisfa e procedo con agilità e passione. il titolo? Per ora: LE CROCIATE DEI SANTI INNOCENTI. Ne volete un assaggio? Queste righe le ho scritte pochi minuti fa. Stefano, scortato dal monaco Leone che gli è affezionato, va a Chartres a chiedere consiglio ai monaci sapienti. L'abate non vuole essere troppo coinvolto e lo invita ad andare comunque dal re, convinto che dal re non ci arriverà mai. Al mattino, però...


L’abate lo fissava esterrefatto. Non era mai capitato, prima, che un puer gli parlasse in quel modo, contraddicendolo. Non era mai capitato che un suo ordine venisse disatteso.
Molti operai scuotevano il capo: erano tutti impazziti, i piccoli portatori di pietre? Avevano preso un colpo di sole? Come osavano mettersi contro l’abate? Eppure ce n’erano altri che mormoravano tra di loro, scambiandosi informazioni sull’oblato scortato dal monaco… che aveva avuto una visione di guerrieri cristiani contro i saraceni… che aveva ricevuto la lettera da Gesù in persona… che aveva già fatto un miracolo guarendo Ruffino dalla zoppia… che avrebbe comandato l’esercito del re e lo avrebbe portato a Gerusalemme…
“Non sappiamo se è stato davvero Gesù a dettargli la lettera!” esclamò l’abate fuori di sé.
“E allora perché ha fatto il miracolo?” gridò Ruffino facendosi avanti saltellando. “Io cammino! Non zoppico più! È stato lui a guarirmi! Gli sono andato addosso e lui invece di arrabbiarsi mi ha guarito! È un santo! Se non ha visto Gesù, come fa a fare i miracoli?”
Invano Oberto tentò di acciuffarlo per portarselo via nella cattedrale. Ruffino guizzava via come un leprotto e dalla folla qualcuno gridò:
“Lasciatelo parlare!”
L’abate fermò Oberto con un gesto.
“Gesù vuole che noi andiamo con lui!” gridò ancora Ruffino. “Gesù lo vuole!”
E allora un grido salì dalla folla. Un grido infantile, ma che aveva in sé una potenza minacciosa.
“Gesù lo vuole!”
Gesù lo vuole! continuarono a gridare tutti come impazziti.

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