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ALCUNI PASSI
La gravissima crisi economica globale, e la connessa crisi della zona euro, non si risolveranno attraverso tagli ai salari, alle pensioni, allo Stato sociale, all'istruzione, alla ricerca, alla cultura e ai servizi pubblici essenziali, né attraverso un aumento diretto o indiretto dei carichi fiscali sul lavoro e sulle fasce sociali più deboli.
Piuttosto, si corre il serio pericolo che l'attuazione in Italia e in Europa delle cosiddette "politiche dei sacrifici" accentui ulteriormente il profilo della crisi, determinando una maggior velocità di crescita della disoccupazione, delle insolvenze e della mortalità delle imprese, e possa a un certo punto costringere alcuni Paesi membri a uscire dalla Unione monetaria europea.
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La preferenza per la cosiddetta "austerità" rappresenta anche e soprattutto l'espressione di interessi sociali consolidati. Vi è infatti chi vede nell'attuale crisi una occasione per accelerare i processi di smantellamento dello stato sociale, di frammentazione del lavoro e di ristrutturazione e centralizzazione dei capitali in Europa.
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Occorre comprendere che se si insiste nell'assecondare questi interessi non soltanto si agisce contro i lavoratori, ma si creano anche i presupposti per una incontrollata centralizzazione dei capitali, per una desertificazione produttiva del Mezzogiorno e di intere macroregioni europee, per processi migratori sempre più difficili da gestire, e in ultima istanza per una gigantesca deflazione da debiti, paragonabile a quella degli anni Trenta.
Il Governo italiano ha finora attuato una politica tesa ad agevolare questo pericoloso avvitamento deflazionistico.
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Noi riteniamo dunque che le linee di indirizzo finora poste in essere debbano essere abbandonate, prima che sia troppo tardi.
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Per evitare un aggravamento della crisi e per scongiurare la fine del progetto di unificazione europea è allora necessaria una nuova visione e una svolta negli indirizzi generali di politica economica. Occorre cioè che l'Europa intraprenda un autonomo sentiero di sviluppo delle forze produttive, di crescita del benessere, di salvaguardia dell'ambiente e del territorio, di equità sociale.
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L'esperienza storica insegna che per contrastare efficacemente la deflazione bisogna imporre un pavimento al tracollo del monte salari, tramite un rafforzamento dei contratti nazionali, minimi salariali, vincoli ai licenziamenti e nuove norme generali a tutela del lavoro e dei processi di sindacalizzazione. Soprattutto nella fase attuale, pensare di affidare il processo di distruzione e di creazione dei posti di lavoro alle sole forze del mercato è analiticamente privo di senso, oltre che politicamente irresponsabile
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