Nel lavoro di Trifirò è innegabile che egli si sia concentrato sulla propria interpretazione, quasi un monologo con il contorno di altri sette attori che andavano e venivano, api operaie al servizio dell'ape regina. Considero, invece, una compagnia di teatro come un organismo in cui non esiste un protagonista (il cuore? il cervello? lo scheletro? il sistema nervoso?), in quanto tutti gli organi svolgono funzioni essenziali alla vita.
La rappresentazione vive se vivono tutti i suoi elementi. Ci vuole quindi, anzitutto, una fusione funzionale di scenografie, costumi, musiche...
Ogni attore respira con la compagnia, la compagnia regola il respiro dell'attore. La compagnia, insomma, costituisce un essere vivente e il pubblico se ne sta seduto ad osservarlo.
Mai osservato un animale? Un insetto? Non ci sono mai pause di vita, non c'è mai niente di disarmonico, niente di inutile, niente che non faccia piacere osservare.
Fluidità, continuità, partitura, arrangiamento degli attori come fossero strumenti, concertazione...
Dove va un attore quando esce di scena? E da dove viene quando rientra? Come riempire quei vuoti d'attore che scompare in chissà quale altra dimensione? Ma ci possono essere altre dimensioni? Il palcoscenico, il dietro le quinte, la platea... No, il teatro dev'essere un tutt'unico. Un unico respiro vitale lo avvolge tutto. Anche il pubblico fa parte della rappresentazione.
Se metto in scena un protagonista onnivoro, che discrepanza con l'apparizione di un personaggio a cui sono state riservate solo due battute! Creo un personaggio per una vita così breve? No, no, ci deve essere equilibrio tra i personaggi, sono tutti organi vitali di un organismo e vanno trattati con rispetto e considerazione.
Basta, mi fermo qui. C'è già abbastanza confusione.
Ce n'era così tanta, a Milano! Ci siamo andati, io e Betti, nel primo promeriggio a caccia di libri e siamo incappati nella baraonda del sabato. Brrr! Libraccio e Mondadori. Ho trovato "I Greci a teatro" di Baldry (mooolto interessante). "Il conte Karlstein" di Pullman. "Gente del Medioevo" di Fossier. "Il macedone" di Guld (mah!). E infine di Boyer "E l'uomo creò gli dei - come spiegare la religione", anche questo mooolto interessante. Anche perché, dopo la trilogia sulla famiglia, sto ipotizzando una trilogia sulla religione: Bibbia, Gesù e Papa. Ma è solo un'idea.
LE FURBERIE DI SCAPINO
di Molière
con Claudio Migliavacca, Giovanni Battaglia , Andrea Brancone, Donato Mazzarella, Sonia Bonacina, Giulia Viana, Roberto Trifirò , Marco Graffeo
scene Isabella Spinelli, costumi Sonia Bonacina
realizzati da Sartoria di Luna – Seregno – dipinti a mano da Elisa Elli
Luci Luca Siola , Suono Fabio Cinicola
Maestro di canto Angelo Rugolotti
Trucco Lorena Smaniotto
Assistente alla regia Alberto Bassi
Assistente alle scene Rosella Colombo
“Dopo aver messo in scena e recitato autori dalle complesse psicologie, fra gli altri Pirandello, Cechov, Beckett, Shakespeare, e aver sperimentato la drammaturgia del 900 con i suoi pessimismi, nevrosi, patologie sempre cercando da un lato di tendere la mano alla grande tradizione a cui sono strettamente legato e dall'altro di reinterpretarla con il respiro necessariamente mutato del mio tempo, è nato in me il forte desiderio di confrontarmi e far vivere una pièce ricca di aneliti e di forza corporea in cui l'azione è divorante e c'è un continuo movimento che tende ad una comicità brutale, una pièce in cui trionfa, grazie al genio di Molière, il meccanismo puro del teatro: Le furberie di Scapino.”
R. Trifirò
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