"In società, quando non fanno i buffoni, li trovo cortesi, caustici e freddi, un po' esibizionisti, dissipati e dissipatori, interessati, più divertiti dei nostri difetti che colpiti dai nostri mali; sempre imperturbabili di fronte a un caso penoso o al racconto di un triste avvenimento; isolati, vagabondi, agli ordini dei potenti; scarsa moralità, niente amici, quasi nessuno di quei santi e dolci legami che ci accomunano nelle pene e nei piaceri a un altro essere, che a sua volta condivide i nostri. Ho visto spesso un attore ridere fuori di scena, ma non mi ricordo di averne mai visto uno piangere.
Di quella sensibilità che si attribuiscono e che viene loro attribuita, che uso fanno? La lasciano forse sulla scena, quando ne escono, per riprenderla quando vi rientrano? (...)
Si è detto che gli attori non hanno nessun carattere perché, recitandoli tutti, perdono quello specifico che la natura ha dato loro, e diventavano falsi allo stesso modo che il medico, il chirurgo e il macellaio diventavano spietati. Credo che si sia scambiata la causa per l'effetto, e che, se sono in grado di recitare tutti i caratteri, è perché, quanto a loro, ne sono del tutto sprovvisti."
Denis Diderot, Paradosso sull'attore, Editori Riuniti, 2007, pag. 117.
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