lunedì 27 maggio 2013

30 GIUGNO: DEATH WATCH




“Death watch. Pane e lacrime” è un monologo di Aquilino vincitore del Premio Lago Gerundo e pubblicato da Lampi di Stampa. Zaccheo, incarcerato innocente, diventa omicida in carcere per difendere la propria dignità di uomo libero. Condannato a morte.
Un monologo per tre attori (dai 14 ai 18 anni). Anzi, per quattro. Una presenza femminile neutra, che osserva e ripete parole: la madre evocata da Zaccheo e lo specchio del pubblico. Anche i due musicisti fanno parte del dramma. Tutti sono Zaccheo, il protagonista.
Tre voci presentano l’ambiente, un loculo sotterraneo nel quale si convive e si sopravvive tra guardie, guerrieri di cella e insetti. Tre voci raccontano  le relazioni difficili e sofferte con i vicini di cella, con il sistema carcerario e con sé stessi. La psicosi è in agguato, l’obesità anche, e pure la perdita della pietà.
Zaccheo, però, è un “uomo da poco”. Non si sa difendere dai violenti, ma si sa opporre, con la propria umanità, alla spersonalizzazione del carcere. Viene incaricato di cucinare i pasti per i condannati a morte. Egli non solo li prepara con cura, ma ci versa le proprie lacrime.
Quando gli propongono l’ergastolo come alternativa, egli rifiuta. Non può trascorrere tutta la vita sul Pianeta Vendetta, come chiama il sistema della giustizia. Sceglie di morire, ma a una condizione. Che gli lascino cuocere il pane. Un pane senza lacrime: non ne ha più. Lo spezza, lo offre a chi è venuto ad assistere all’esecuzione.

La regia divide in due parti il monologo. Nella prima il ritmo è sincopato, i movimenti più convulsi, la recitazione si muove tra registri diversi. Nella seconda parte, quasi un preludio alla serenità d’animo di Zaccheo che sta per affrontare il silenzio della morte, il respiro più ampio e pacato manifesta l’accettazione dignitosa di un destino ingiusto. Zaccheo non si sente solo. Lo sguardo interiore prende coscienza di quanta ingiustizia c’è al mondo. Non esprime odio, rancore e ribellione. Le sue parole sono un atto d’accusa consapevole e composto, ma implacabile.
Tre interpreti per un solo personaggio, tre celle appena accennate su un tappeto di pvc nero. Alle sue estremità i musicisti e un leggio. Dietro, una sedia che a metà rappresentazione ospita la madre. Il suo sguardo impassibile e nitido sottolinea la ferocia del trattamento subito dal figlio.
I tre interpreti non hanno come referente il pubblico, al quale volgono anche le spalle come se non esistesse. Essi dialogano tra di loro. Vivono in un luogo chiuso da barriere architettoniche, psicologiche e morali.  Non recitano una parte, la vivono per conto proprio, consci che l’aiuto, più che dall’esterno, può venire da loro stessi.
Luce bianca, senza effetti particolari.
Corpi in tuta arancione, musiche al computer contrapposte o armonizzate con la chitarra, voci di adolescenti e nient’altro.


INTERPRETI: Nicola Crippa, Gilberto Gerundini, Giovanni Gerundini (Zaccheo); Lorenzo Crippa e Carlo Fanchini (musica); Alba Galbusera (madre); ottimizzazione movimenti di Monica Ergotti.
SCENOGRAFIA: tappeto di pvc 420X210.
MUSICA: computer, chitarra classica, bongo.
LUCI: due piantane con due fari da 500 watt o luce bianca in sito.
PALCO: uno spazio di almeno 5 metri per 3.
DURATA: circa un’ora.
TECNEKE: ass. culturale Arci, Via Repubblica 50, 28047 Oleggio (NO).
Tel. 0321992140 (Aquilino) - 3470422513 (Alba) - 3461873758 (Marina).  C.F. 94069750035.

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