L’osservazione riguarda
solo un piccolo gruppo, otto bambini, quindi non è generalizzabile, ma mi è di
stimolo per la didattica. Dopo una fase iniziale di disorientamento comune
di fronte alla strutturazione dello spazio in volumi, settori e percorsi, affiancata
all’utilizzo del corpo in modalità non quotidiane e già sperimentate, si è
assistito a una diversa assimilazione da parte di maschi e femmine.
Le consegne non erano
complesse, ma richiedevano una riformulazione mentale del corpo nello spazio,
diversa da quella appresa nel gioco e nello sport. Si doveva, per esempio,
operare spostamenti in una griglia, seguendo percorsi stabiliti la cui
memorizzazione non era difficile, solo inusuale.
Ho visto le femmine
adeguarsi infine alle richieste e occupare lo spazio scenico con la sicurezza acquisita
dalla ripetizione e dalla coordinazione movimento-parola. I maschi manifestano
ancora adesso qualche insicurezza, soprattutto di fronte alla segmentazione di movimento-parola. Prendiamo in considerazione questo esercizio: dirigersi verso
un partner, rivolgersi a lui con determinati gesti e con una frase; spostarsi
di due passi in direzione del pubblico ed esprimere un a parte con cambiamento di tono e di gestualità; tornare dal
partner e completare la battuta; lasciare il partner e riprendere la postazione
iniziale con un altro breve a parte verso il pubblico, implicante una sosta.
Non è facile. Bisogna viaggiare
su due binari paralleli, utilizzando ora l’uno ora l’altro, con fluidità e
repentini cambiamenti espressivi. Ebbene, i maschi vanno in confusione più
facilmente. Essi prediligono una comunicazione scorrevole e ininterrotta, monotona
e lineare. Tendono a risolvere ogni prestazione con la sintesi e la velocità. Amano
il gesto di forza, la corsa, l’impeto, la confusione. Quando si trovano a
dovere operare un controllo stretto sui movimenti, sui gesti e sulla voce si
sentono a disagio, manifestano una forma di pigrizia mentale che li spinge
verso la superficialità e l’approssimazione. Molti di loro, in virtù di questa
ritrosia a rientrare in uno schema, prediligono l’improvvisazione e la
variazione spontanea, che spesso però si riducono a intervento a sproposito.
Anche le ragazze sono dotate
di inventiva, ma la manifestano quando viene richiesta, non nei momenti di
applicazione degli schemi. Se devono seguire delle istruzioni, le seguono assecondando
la consegna. Se, invece, viene loro richiesto di inventare e immaginare, allora
liberano l’immaginazione. Insomma, da una parte una struttura più anarchica,
dall’altra più statalista.
Ecco che il teatro
obbliga i maschi a porre un freno all’esuberanza e al disordine mentale e comportamentale,
e stimola le femmine ad attingere alle proprie risorse creative, spingendole
anche verso la divergenza e la rottura di abitudini e pressioni sociali. Un
invito, in ambedue i casi, a uscire dai ruoli codificati per esplorare nuove
modalità di stabilire relazioni.
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