Io ero piccolo, tu lo eri di più. Tanto bastava. Eri mio. Vivevi sottoterra e la terra aveva il fascino del seme che diventa pianta e il mistero della talpa e l’orrore del verme grasso. Si lasciava in frotta il cortile e si correva nei campi, a volte sul carro distesi su spighe tra papaveri e fiordalisi. Poi guardinghi, minacciosi, pazienti ti davamo la caccia. Grillo. Dentro lo scatolino con i buchi, e via a casa nel serraglio di ragni, lucertole, scarafaggi… Eri nostro prigioniero. Ma sei sempre evaso, o morto. Ora che sono grande ti vendichi nell’incubo. Arringhi la folla, minacci e prometti, illudi e istighi, aizzi e anche tu diffondi la rivelazione di un tuo dio personale. Grillo profeta. Grillo castigatore. Eri piccolo e cantavi, ora sei un terribile colosso e sbraiti. Oh, i pugni pestati sul tavolo, le imprecazioni, le oscenità, le isterie! Padre padrone, il nostro destino è nelle tue mani? Che cosa farai di noi? Ci manderai per città e campagne a impiccare, ghigliottinare, garrotare, fucilare… chi? Chiunque? Grillo colosso e illuminato e santificato, abbi pietà di noi. Vivevi sottoterra eppure cantavi, ora sali sul palco e la tua voce è un urlo feroce. Meno male che quand’ero piccolo non eri ancora così. Sarei scappato piangendo.
Nessun commento:
Posta un commento