domenica 7 novembre 2010

UNA FABBRICA DI TEATRO


Il Teatro dei Passeri ritorna segnando un buon ritmo iniziale e qualche difficoltà organizzativa. Ci sono ragazzi sia delle medie sia delle superiori e trovare un orario comune è impossibile. Le prove si svolgeranno al martedì e al sabato alternati in due diversi luoghi, la scuola media e un locale di Villa Negri concesso dall'Amministrazione. Conseguenze? Allestire una commedia di un'ora e mezzo senza usufruire di una scenografia fissa (ho già pensato di rinunciare alle consuete pedane e di sostituirle con tre panche di un metro e ottanta circa, stile "Verginella" di Stefano De Luca, che abbiamo visto usare anche nella "Locandiera") e cambiando anche spazio (sala grande, sala piccola). Ahi ahi. Ma come sarà "L'Arlechin che copa i gati"? Come saranno i passeri 2o11?

L'esperienza acquisita in questi due anni ha il suo peso. I passeri non sono attori, ma sostengono la scena con efficacia rispetto agli obiettivi che ci proponiamo. Sono più sicuri di sé, più pronti alle improvvisazioni, più acuti nell'intuire le esigenze registiche. Anche più disciplinati, per quanto siano sempre ragazzi con voglia di chiacchierare e ridere. Per fortuna.

Da domani sperimento una specie di "fabbrica del teatro" che ancora non so con chiarezza dove mi porterà. Detesto gli attori che vanno e vengono dallo spazio palcoscenico allo spazio misterioso dietro le quinte. Salvo eccezioni giustificate dal testo o dalla situazione o dalla resa espressiva ed estetica, tengo i personaggi (non gli attori, i personaggi) sullo sfondo, dal quale si staccano per invadere lo spazio scena pur senza avere battute, contribuendo alla definizione dello spazio virtuale, alla dinamica delle relazioni e ai cambiamenti di scena.
Un teatro non di attori, ma di compagnia. Di personaggi che una volta portati in scena devono rimanere sé stessi fino alla fine dello spettacolo e non subire l'altalena attore-personaggio che riporta non alla finzione immaginifica ma a quella di convenzione: si fa finta che... facendola crollare a ogni uscita di scena. Il gioco va tenuto anche nelle pause, perché il bambino che gioca continua a crederci anche quando qualcuno tenta di interromperlo e di riportarlo alla realtà.

E' una sfida, dato che reggere non solo la propria parte, ma anche tutta quanta la propria "non-parte" è impresa da professionisti. Noi non siamo che dilettanti che vogliono divertirsi in modo "alto", e ci perdoniamo le inevitabili presunzioni.

All'inizio sarà il caos, ma non dicono tutti che l'universo è nato dal caos? A noi basterà far nascere un piccolo pianeta per le emozioni di una sera.

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