La paura primordiale di essere vittima: della malasorte, di un predatore, della giustizia, del più forte, della malattia, della propria irresponsabilità, della miseria… La necessità di scaricare su qualcun altro lo status di vittima. Serve un colpevole per colpe vere o presunte, in base a leggi scritte o ad atteggiamenti aleatori popolari o individuali. Un capro espiatorio che assuma su di sé tutte le colpe. Ecco la vittima. Sopra un rogo purificatore, contro un muro, in una nuvola di gas, massacrati lapidati precipitati squartati strangolati torturati decapitati elettrificati: nemici in tempo di guerra, streghe, omosessuali, ebrei, immigrati, barboni, dementi, donne, bambini, artisti, liberi pensatori, pacifisti… Ed ecco i carnefici: bulli, benpensanti, egotisti, razzisti, guerrafondai, inibiti, quelli che non hanno idea di che siano l’empatia il rispetto la tolleranza, quelli che non vanno al di là della piccolezza della propria vita, quelli che sprofondano in un empireo di fanatismi religiosi e politici.
La storia dell’umanità è fatta più di carnefici che di vittime. Dei carnefici documentiamo e tramandiamo il pensiero, i trionfi militari, la gloria civile. I carnefici scrivono libri e noi li leggiamo. I carnefici spesso sono ricordati con monumenti e si formano gruppi di nostalgici che inneggiano alle loro ideologie. Grandi conquistatori, grandi uomini d’affari, grandi politici, grandi santi…
E le vittime? Chi ricorda le vittime?
“Io soffro! E nessuno si accorge di me!” grida Piero.
L’uomo non vuole identificarsi nelle vittime. È come attirare su di sé un destino simile, senza via d’uscita. L’uomo civile e buono depreca e condanna le terribili conseguenze di conquiste, rivoluzioni e assolutismi. Ma… il dittatore è comunque un uomo di potere, e ognuno desidera il potere nell’illusione che lo renda più forte e più libero, e che gli offra maggiori possibilità d’azione. Ognuno già gestisce un potere personale su altri esseri umani: coniugi, figli, alunni, pazienti, subordinati… Ognuno vorrebbe che costoro si uniformassero alla volontà del più forte. La legge, la regola. Tutti dentro un unico cerchio di volontà dominante.
E chi ne esce?
Chi esce dal cerchio fa un grande favore. Chi detiene il potere dovrebbe essere in grado di ammettere e accettare con serenità i propri errori e le proprie disabilità. Se le cose non vanno bene, dovrebbe dire: non ce l’ho fatta, ora ricomincio da capo, oppure lascio fare a te. Ma spesso chi detiene il potere non vuole essere vittima di se stesso e scarica le responsabilità su un presunto colpevole o su un colpevole marginale o su un innocente reso colpevole inventando ad hoc una nuova norma.
E mentre si svolge il gioco del massacro, il popolo applaude.
Tutto questo solo per spostare l’attenzione dalla madre al figlio. In “Mamma mammazza” non c’è solo una madre che uccide, c’è anche un figlio che muore, un’altra vittima su cui si stende in fretta il sudario dell’oblio.
“Tuo figlio muore, madre. Tu l’hai abbandonato. Crescevo dentro di te e mi hai buttato nella vita. Ma crescere fuori di te no, non me l’hai consentito. E ora mi butti nella morte. Io grido. Grido! E grido dopo grido una catena di violenza avvolge il mondo in un sudario cucito al crepuscolo dalle figlie e dalle madri. Dov’è mio padre? Perché non dà la vita per me? Io grido! Ma chi ascolta i figli della morte? Chi abbatte le porte dei macelli del potere? Se ho sbagliato, tutti abbiamo sbagliato. Ma a voi non interessano le mie azioni, inezie nei grandi progetti di accumulo e conquista. A voi interessa solo la mia condanna. E tu, padre? Mi stai osservando? Indifferente, ti stai già allontanando. Hai cose più importanti a cui pensare.
Tu mi hai fatto, madre. Tu mi hai fatto per distruggermi.
E loro applaudono.”
La storia dell’umanità è fatta più di carnefici che di vittime. Dei carnefici documentiamo e tramandiamo il pensiero, i trionfi militari, la gloria civile. I carnefici scrivono libri e noi li leggiamo. I carnefici spesso sono ricordati con monumenti e si formano gruppi di nostalgici che inneggiano alle loro ideologie. Grandi conquistatori, grandi uomini d’affari, grandi politici, grandi santi…
E le vittime? Chi ricorda le vittime?
“Io soffro! E nessuno si accorge di me!” grida Piero.
L’uomo non vuole identificarsi nelle vittime. È come attirare su di sé un destino simile, senza via d’uscita. L’uomo civile e buono depreca e condanna le terribili conseguenze di conquiste, rivoluzioni e assolutismi. Ma… il dittatore è comunque un uomo di potere, e ognuno desidera il potere nell’illusione che lo renda più forte e più libero, e che gli offra maggiori possibilità d’azione. Ognuno già gestisce un potere personale su altri esseri umani: coniugi, figli, alunni, pazienti, subordinati… Ognuno vorrebbe che costoro si uniformassero alla volontà del più forte. La legge, la regola. Tutti dentro un unico cerchio di volontà dominante.
E chi ne esce?
Chi esce dal cerchio fa un grande favore. Chi detiene il potere dovrebbe essere in grado di ammettere e accettare con serenità i propri errori e le proprie disabilità. Se le cose non vanno bene, dovrebbe dire: non ce l’ho fatta, ora ricomincio da capo, oppure lascio fare a te. Ma spesso chi detiene il potere non vuole essere vittima di se stesso e scarica le responsabilità su un presunto colpevole o su un colpevole marginale o su un innocente reso colpevole inventando ad hoc una nuova norma.
E mentre si svolge il gioco del massacro, il popolo applaude.
Tutto questo solo per spostare l’attenzione dalla madre al figlio. In “Mamma mammazza” non c’è solo una madre che uccide, c’è anche un figlio che muore, un’altra vittima su cui si stende in fretta il sudario dell’oblio.
“Tuo figlio muore, madre. Tu l’hai abbandonato. Crescevo dentro di te e mi hai buttato nella vita. Ma crescere fuori di te no, non me l’hai consentito. E ora mi butti nella morte. Io grido. Grido! E grido dopo grido una catena di violenza avvolge il mondo in un sudario cucito al crepuscolo dalle figlie e dalle madri. Dov’è mio padre? Perché non dà la vita per me? Io grido! Ma chi ascolta i figli della morte? Chi abbatte le porte dei macelli del potere? Se ho sbagliato, tutti abbiamo sbagliato. Ma a voi non interessano le mie azioni, inezie nei grandi progetti di accumulo e conquista. A voi interessa solo la mia condanna. E tu, padre? Mi stai osservando? Indifferente, ti stai già allontanando. Hai cose più importanti a cui pensare.
Tu mi hai fatto, madre. Tu mi hai fatto per distruggermi.
E loro applaudono.”
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